Principale Estero Afghanistan, quella ritirata dopo un nulla di fatto

Afghanistan, quella ritirata dopo un nulla di fatto

A pochi giorni dall'abbandono statunitense di Kabul facciamo il punto sulle ragioni dell'offensiva, del ritiro e su quali scenari potrebbero aprirsi ora

Democrazia

Il 31 agosto scorso è stato completato il ritiro delle truppe statunitensi dall’aeroporto di Kabul, il luogo più rappresentativo degli ultimi giorni dell’Occidente in Afghanistan (visti gli attentati del 26 agosto rivendicati dallo Stato Islamico). Il ritorno del “Talebanesimo” nella capitale afghana segna, probabilmente, uno dei punti più bassi toccati dalla NATO, la cui missione ventennale si chiude con un bilancio enorme di costi umani ed economici, soprattutto per gli Stati Uniti d’America.

La stanchezza derivante dalle “guerre senza fine” potrebbe aver portato all’abbandono occidentale della complessità che i conflitti in Afghanistan (e in Iraq) hanno assunto nel tempo. Gli USA hanno deciso di chiudere le porte, rimpatriare le truppe e permettere ai paesi interessati di affrontare le proprie sfide interne. Fondamentalmente, hanno rinunciato all’idea che il modello americano di democrazia liberale potesse essere esportato e/o imposto.

In ogni caso, l’era dell’interventismo ad ogni costo sembra essere giunta a conclusione definitiva.

Da Trump a Biden, il filo diretto

Se Donald Trump avesse vinto le elezioni dello scorso novembre è probabile che avrebbe ritirato le truppe statunitensi molto prima. Tuttavia, Joe Biden ha mantenuto lo stesso impegno, rispettando una promessa che però era stata fatta dal “tycoon”.

Da un punto di vista politico il pragmatismo avrebbe voluto che si fosse continuata a finanziare la presenza dell’esercito americano (e partner) in Afghanistan per un altro anno, e magari ancora per il successivo. La pressione interna per una ritirata, tutto sommato, non pare essere stata mai troppo schiacciante, considerando che alti funzionari della Difesa, l’establishment della politica estera e molti alleati americani all’estero hanno sempre ritenuto che qualsiasi cambiamento rispetto allo status quo in Afghanistan sarebbe stato molto rischioso.

Tuttavia, sembra che il nuovo presidente Biden abbia posto a sé stesso una domanda cruciale: “Se non ora, quando?”. Nonostante in passato avesse consigliato a Barack Obama di non inviare ulteriori truppe in Oriente, Biden ha preso una decisione diversa questa volta: ritirare ogni uomo dall’Afghanistan. E questa, nel bene o nel male, potrebbe rivelarsi la scelta più importante del suo mandato presidenziale.

Oggi allora ci chiediamo ancora il motivo per cui gli Stati Uniti, il Regno Unito e altri Paesi sono intervenuti in Afghanistan a partire dall’ottobre del 2001. I talebani erano diventati un terreno fertile per gli islamisti che desideravano condurre la Jihad contro l’Occidente? Vero. Coloro che aspiravano a far parte di Al Qaeda si recavano in quel paese per addestrarsi alla guerra santa? Vero. È stato proprio in quei luoghi che i terroristi dell’11 settembre 2001 hanno affinato le loro abilità e pianificato gli attentati? Sempre vero.
L’eliminazione dei talebani e la lotta contro Al Qaeda erano diventati, in pratica, elementi cruciali per la sicurezza globale nel corso del tempo.

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Ma allora… 20 anni sprecati?

Dopo vent’anni di impegno e miliardi di dollari spesi (con un alto costo in vite umane) cosa è stato raggiunto? Quali sono stati i risultati ottenuti? Cosa possiamo dire alle famiglie dei soldati caduti per mano dei talebani, di fronte alla resa degli Stati Uniti? Cosa impedirà ai gruppi estremisti di ristabilire i loro campi di addestramento per la Jihad?

Durante un’udienza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 13 agosto scorso è emerso come circa venti diversi gruppi fanatici sovversivi, con migliaia di combattenti stranieri al seguito, stiano già collaborando con le forze talebane. Stiamo assistendo a una seconda guerra in Afghanistan? È ormai scontato affermare che molte famiglie civili afghane saranno costrette a fuggire per timore delle conseguenze di una “restaurazione“, magari dirigendosi verso il nord della Francia e poi nel Regno Unito? Le scuole per ragazze torneranno ad essere usate come arsenali?

Le ferite dell’11 settembre sanguinano ancora: migliaia di militari americani sono tornati con protesi e con gravi disturbi mentali, i tassi di suicidio sono aumentati e alcune famiglie hanno perso i propri cari. Per le strade degli Stati Uniti ci troppi uomini, con occhiali da sole in faccia, che mostrano cartelli con su scritto “Veterano dell’Iraq”, o dell’Afghanistan.
Forse Joe Biden sperava che la sua decisione avrebbe portato a titoli come “La guerra in Afghanistan è finita” o “La guerra più lunga d’America è terminata”. E chissà se avrà pensato frasi del tipo “Cosa potrebbe andare storto?”.

Dopo vent’anni e con il ripristino del controllo territoriale da parte dei talebani, gli storici potrebbero affermare in futuro che il ventesimo anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle segnò l’inizio di una seconda guerra in Afghanistan?
O non solo?

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Antonio Quarta

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Il Corriere Nazionale

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