Principale Economia & Finanza Energia, 10 anni per rendere l’Ue meno dipendente dalla Russia

Energia, 10 anni per rendere l’Ue meno dipendente dalla Russia

Bruxelles punta decisa verso l'abbandono del fossile per conquistare in fretta una maggiore indipendenza energetica dalle forniture di Mosca

A gettare benzina sul fuoco che riscalda il vertice tra Biden e Putin a Ginevra ci pensa l’Unione europea.

Bruxelles, molto impegnata ultimamente sul tema della lotta ai cambiamenti climatici targata Green Deal, avrebbe anche fatto un po’ i conti in tasca alla Russia e deciso di “prendere posizione” non alimentandone ulteriormente il portafoglio ma ponendosi un limite decennale per ridurre quel 26% di petrolio e quel 40% di gas importati da Mosca: “La Russia vedrà le sue esportazioni di prodotti energetici verso l’Ue ridursi in modo significativo entro i prossimi 10-20 anni, il che avrà inevitabilmente un impatto interno”, avrebbero dichiarato convintamente in Commissione europea.

“Quando finisce un amore”: respingere, contenere ed impegnarsi

Edificio di Berlaymont, sede della Commissione europea a Bruxelles (Belgio) – Foto di repertorio.

Quell’equilibrio stabilitosi negli anni grazie ad un’interdipendenza tra le due comunità – la Russia è attualmente il primo fornitore di energia dell’Ue che è, a sua volta, la prima destinazione di esportazione energetica della Federazione russa – potrebbe quindi presto spezzarsi: “Muovendosi con decisione verso la decarbonizzazione, la nostra indipendenza crescerà ulteriormente e la dipendenza dalle forniture russe diminuirà complessivamente”, scrivono fiduciosi a Bruxelles.

Questa vision programmata non parrebbe nemmeno tanto dover sortire contraccolpi economici per il mercato degli approvvigionamenti in Europa. Come riportato infatti in un documento1 adottato pochi giorni fa da Palazzo Berlaymont, sarebbero i russi a dipendere “chiaramente dai mercati energetici ‘spessi’, stabili e redditizi dell’Ue: quasi due terzi delle esportazioni di petrolio dalla Russia, due terzi delle sue esportazioni di gas e circa la metà delle sue esportazioni di carbone vanno verso l’Ue, mentre solo il 27% delle sue esportazioni di petrolio e il 2% dell’export di gas va in Cina”, cita il documento.

Oltre il triangolo con la Cina

Cremlino di Mosca, sede del governo di Stato russo – Foto di repertorio.

Ad ogni modo, la Commissione europea fa sentire “la propria voce”, in questo momento delicato, mandando un messaggio chiaro al Cremlino: la “leva energetica” può essere tirata da ambo le parti e, se in Russia potrebbe essere utilizzata come strumento ricattatorio – puntando sulla sudditanza europea per materie prime da Mosca – in Europa potrebbe tornare utile nel momento in cui si bloccassero le importazioni delle stesse fonti primarie russe sul suolo comunitario, visto che “le esportazioni energetiche sono fondamentali per il modello di business della Russia, rappresentando il 60% delle sue esportazioni totali, il 40% delle sue entrate di bilancio e il 25% del suo Pil”.

Bruxelles, insomma, sembra decisa a voler porre un argine all’influenza russa sul Vecchio Continente con un’autonomia strategica comunitaria ben programmata nel tempo. Una mossa che, a ben vedere, pare però ignorare l’esistenza di altri possibili mercati orientali e mediorientali con cui i russi potrebbero rimpiazzare l’Europa…

Fonte Agi, Agenzia Italia

Antonio Quarta

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Il Corriere Nazionale

Note di riferimento:

  1. Relazioni Ue-Russia: Respingere, contenere ed impegnarsi.

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