Principale Attualità & Cronaca La farina va a ruba e il prezzo sale del 7%

La farina va a ruba e il prezzo sale del 7%

Il confinamento forzato ha fatto riscoprire agli italiani la tradizione della pasta fatta a mano, della pizza e del pane

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 Farina

Il prezzo delle farine è aumentato del 7% a marzo rispetto al mese precedente. Secondo la rilevazione dei prezzi all’ingrosso effettuata dalle Camere di Commercio ed elaborata da Unioncamere e Borsa merci, si è registrato un aumento delle vendite nei supermercati, in particolare +2,4% per la semola, ingrediente prezioso soprattutto per la pasta fatta in casa. Dati indicativi della tendenza degli italiani a riscoprire in questo periodo di restrizioni forzate la tradizione della pasta fatta a mano, della pizza o del pane. Così anche le uova sono aumentate del 4,2% rispetto a febbraio, (+17,7% su base annua).

 

L’innalzamento della domanda di farine e sfarinati per uso domestico è stata tale da compensare la pesante riduzione delle vendite destinate al sistema della ristorazione e dell’ospitalità. I prezzi di marzo di questi prodotti sono i più elevati anche rispetto allo scorso anno, con un +5,8% per la farina e un +17,8% per la semola. Già dalle prime rilevazioni di aprile, comunque l’impennata sembra rientrata, in parallelo, probabilmente, con le dispense ormai sature di tanti italiani.      

​La riscoperta del piacere di cucinare da parte degli italiani è andata comunque in parallelo alla crescente attenzione al costo della spesa. A dimostrarlo è il forte aumento dei prezzi all’ingrosso delle carni di pollo. Nonostante la chiusura del canale della ristorazione, la crescita delle vendite nella Grande distribuzione, a cui soprattutto nelle prime settimane dell’emergenza sanitaria si è contrapposta un’offerta ridotta nel circuito del macellato, ha determinato un aumento dei prezzi di oltre il 30% rispetto a febbraio (+ 20% rispetto a un anno fa).

Meno accentuata la crescita per la carne di tacchino (+2,6% su base mensile), e per quelle suine (+5,7%) e di vitellone (+2,1% rispetto a febbraio).  Gli effetti del lockdown nel settore della ristorazione e dell’ospitalità, con la conseguente forte contrazione della domanda di prodotti freschi, emergono con evidenza invece dal calo dei prezzi del latte spot nazionale (quello sfuso, -14% su base mensile), e di quello dei prezzi all’ingrosso dei formaggi a lunga stagionatura (-3,6%, -17,1% rispetto a un anno fa), che hanno risentito negativamente anche delle incertezze sul fronte dell’export, solo in parte compensate dalle vendite nella GDO.     

Poche, invece, le variazioni per i prezzi dell’olio di oliva, mentre in ribasso sono i prezzi del burro (-4,1% su base mensile). Scenario improntato alla stabilità per i vini (-0,2% rispetto a febbraio), che, soprattutto nel segmento di maggior pregio, stanno risentendo negativamente della chiusura del settore della ristorazione, solo in parte compensata dalle vendite nella Gdo.

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