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Sanremo, non sono solo canzonette

Il videomessaggio di Zelensky e il falso problema dell’opportunità. Il presidente dell’Ucraina apparirà con un breve intervento nella serata finale. L’esercito di contrari si sta gonfiano ma le argomentazioni sono poco convincenti e tradiscono molti pregiudizi

Non ci sono solo quelli che ti aspetti e che averli dall’altra parte quasi ti conforta – i vari Conte e Salvini, Dibba e Grillo, Vauro e Freccero e tanti altri – no, ci sono anche politici che non avresti pensato come Calenda e tanti giornalisti e commentatori che magari semplicemente non vogliono fare la fatica di pensarci su e uscire dal coro un po’ banale che sono solo canzonette. La presenza con un breve videomessaggio di Zelensky al Festival di Sanremo, nella serata finale, ha già messo insieme un esercito di avversari. Il fronte del no fornisce un’occasione d’oro anche a chi meno se la sente di insinuare dubbi sulla resistenza ucraina o di attaccarla esplicitamente. Si scivola facilmente sulla poca opportunità di una presenza, sull’uomo di spettacolo che esagera con il presenzialismo, che sfrutta ogni occasione per farsi pubblicità e via elencando. Insomma, come usa dire, si sposta il problema.

Ma certo che il presidente ucraino sfrutta l’occasione e cos’altro dovrebbe fare? Vergogna gli urlano con la bava alla bocca quelli che un po’ di schifo non se lo sono mai fatto venire per le bombe a grappolo sulle abitazioni private e su ospedali, scuole e teatri, sui civili uccisi per strada senza alcun motivo, sugli stupri e le deportazioni. Quanto conta quello che sta accadendo da un anno in Ucraina per mano di un criminale di guerra e dei suoi tanti (troppi) aguzzini al seguito? Non si cerchi di usare la fandonia che il Festival è solo uno spettacolo musicale. E quando mai? A Sanremo solo nelle ultime edizioni della gestione Amadeus, si è parlato di femminicidi, razzismo, intolleranza, parità di genere e via enumerando (l’anno scorso sul palco dell’Ariston Roberto Saviano raccontò la strage di Capaci…) e non sarebbe opportuno parlare del primo conflitto scatenato dall’aggressione armata di un Paese ai danni di un altro nel cuore dell’Europa dai tempi della Seconda guerra mondiale? Come scrive Alberto Mattioli sul Foglio “avere Zelensky a Sanremo fa bene innanzitutto a Sanremo, visto che le sue precedenti ospitate spettacolari, in tutti i sensi, si erano verificate ai Golden Globe, a Cannes e a Venezia”, il che “certifica che il festivalone è meno irrilevante di quanto siamo abituati a pensare”.

Non so quanto la breve apparizione di Zelensky all’Ariston serva alla causa di quel presidente e del suo popolo. So che se lo crede necessario e utile deve farlo e noi dobbiamo permetterglielo. La guerra sta stancando chi la osserva da lontano e dal divano di casa mentre chi subisce morte, sofferenze e distruzioni vorrebbe vivere tranquillo nella propria abitazione ma sa che per farlo un domani oggi non ha altra scelta che resistere e sopportare il peggio. Forse se li sosteniamo ce la potranno pure fare. Certo non dipenderà dal passaggio sanremese, che potrebbe pure nuocere al presidente ucraino. Perché se in passato l’ecumenismo sanremese ha più o meno sempre trionfato, potrebbe non accadere stavolta. Per Zelensky potrebbe non finire con un avvolgente abbraccio di tutto il pubblico e un interminabile, caloroso applauso finale. Il rischio c’è e Zelensky lo correrà. Dovrebbe averne paura?

Paolo Vannini
Da SoloRiformisti.it

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