Principale Cultura & Società Musica, Eventi & Spettacoli Intervista a Francesco Flora, giovane cantautore e musical performer barese

Intervista a Francesco Flora, giovane cantautore e musical performer barese

Francesco Flora è un giovane barese di 30 anni, precisamente originario di Adelfia (BA), che di giorno – grazie alla sua laurea in Informatica – lavora come analista funzionale all’interno di una software house, mentre di sera si dedica alla sua vena artistica come cantautore e musical performer. In occasione dell’uscita del suo ultimo singolo “Chicco”, disponibile da oggi su tutte le piattaforme digitali, ho deciso di intervistarlo per conoscere la sua seconda anima.

Come nasce la tua passione per la musica?

Fin da bambino mi affascinava suonare lo strumento della chitarra, perciò ho iniziato da autodidatta ad imparare per tutta la mia adolescenza, senza approcciarmi mai seriamente e senza mai cantare soprattutto. Era più che altro un momento mio personalissimo, da solo chiuso in camera, spinto dal puro desiderio di suonare.

Quando e perché hai poi deciso di dare realmente sfogo alla faccia artistica della tua medaglia?

Ad un certo punto della mia vita, cinque anni fa, si è verificato un evento che mi ha particolarmente segnato e mi ha dato modo di riflettere, di mettermi in discussione in un certo senso e di capire cosa volessi davvero fare da grande. A quel punto ho realizzato di voler coltivare questo mio lato artistico, fino ad allora mai curato, e quindi mi sono iscritto ad un corso di chitarra per imparare a suonare lo strumento con tecnica e cognizione e in un secondo momento ho poi deciso di cimentarmi anche in un corso di canto. Successivamente mentre studiavo teoria musicale, melodie e vivevo certe situazioni, rimuginando anche su cose passate e di vita quotidiana, sono cominciate a nascere le mie prime canzoni.

Ti definisci più un cantastorie che un cantautore. Come mai?

Mi definisco così più che altro per una questione di rispetto nei confronti di chi lo fa a livello professionale come lavoro, di chi magari ha studiato anche più di me, in quanto io ho iniziato davvero da pochissimo ad approcciarmi alla musica con serietà. Di conseguenza, ritengo che le mie canzoni siano ovviamente acerbe, dei primi esperimenti insomma. Hanno un linguaggio semplice e conciso quindi lontane dai capolavori dei grandi cantautori quali Lucio Dalla, De André, De Gregori, miei riferimenti da sempre. Perciò mi vedo più che altro come un cantastorie.

Quanti singoli hai all’attivo? Come sono nati?

Attualmente all’attivo ho cinque singoli pubblicati, il sesto esce oggi. Io mi occupo di scrivere sia melodia che testo, mentre collaboro per l’arrangiamento con il mio produttore, Giuseppe Giocondo in arte “Tempoxso”. A me le canzoni arrivano all’improvviso, ho provato a scriverle a tavolino, però non ci riesco. Mi capita, che so, di andare a lavoro e mentre passeggio di sentire nella testa una linea melodica o una frase, oppure ad esempio a fine lezione mentre mi prendo del tempo per sperimentare col suono, esce spontaneamente una ritmica particolare che mi piace e allora poi da lì creo una canzone. È tutto un po’ così estemporaneo. Sono comunque canzoni più o meno frutto delle mie esperienze di vita: parto da un’emozione, scatenata in me da un determinato evento, o da un ricordo. A quel punto io, che viaggio parecchio con la mente, inizio a fantasticare e butto giù le parole. Per esempio, “Demodè” è un brano inventato che parte però da un’emozione realmente provata, ovvero quella di rimanere soli a Natale, intorno alla quale ci ho cucito una storia risultato del mio estro creativo.

“Chicco” esce oggi in tutte le piattaforme digitali. Mi sembra un brano d’amore molto nostalgico…

Sì, a me piace definirlo malinconicamente dolce. Un po’ come tutti i miei pezzi, in realtà. Qui racconto ciò che rimane quando una storia d’amore finisce, quello che accade dopo sostanzialmente. Tra le emozioni e i ricordi rimangono anche gli oggetti come appunto Chicco che è un peluche. Il sound rispecchia ciò che al momento voglio esprimere con la musica, ossia la mia spontaneità: così come una canzone mi arriva, più o meno la pubblico. Ho intenzione sicuramente nel prossimo futuro di sperimentare altri registri, ma per ora sento di dover continuare a studiare, provare e riprovare e poi mi dirigerò verso altre melodie quando sarò sufficientemente pronto.

Puoi ascoltare “Chicco” qui:

https://open.spotify.com/intl-it/track/0zlNsTDgHgbfTW7SREh0yD?si=e7cc920c16904c30

Come sei arrivato ad diventare anche un musical performer?

Beh è stata un po’ una sorta di terapia d’urto perché io ero – o forse un po’ lo sono ancora – una persona timida, però questo è un lato del mio carattere che non mi è mai piaciuto. Di conseguenza, ho pensato a cosa avrebbe potuto aiutarmi e buttarmi su un palcoscenico con 300 spettatori paganti mi è sembrata la soluzione giusta per me. Non solo perché mi è sempre piaciuto cantare ma anche, e soprattutto direi, per il fatto che io adoro leggere e quando leggo dei romanzi, di qualsiasi genere siano, mi entusiasma immedesimarmi nei panni dei personaggi. Quindi, ho deciso di iniziare anche un corso di musical performer che sto continuando e che mi sta dando grandi soddisfazioni, oltre che la possibilità di essere per una volta io il protagonista di una storia, non soltanto nella mia fantasia.

Hai interpretato Spugna e il Cantastorie nel musical “Peter Pan” per il quale con la compagnia di cui fai parte avete ricevuto una targa da “the way magazine”. Che significa per te?

Sono molto contento perché io facendo questo come hobby, il fatto di essere riuscito – con il poco tempo che ho a disposizione per studiare i pezzi, i copioni, tutto quello che è il lato artistico – ad emozionare delle persone che sono venute a teatro a vederci e che hanno affidato a noi il loro tempo, è sicuramente una grandissima riconoscenza per me e per tutto il cast. Che poi è anche il motivo per cui tendenzialmente scrivo canzoni, cioè spero che magari chi le ascolta in quei due o tre minuti riesca a cogliere e far propria un po’ dell’emozione malinconicamente dolce che ho provato quando l’ho scritta.

Il prossimo 22 giugno debutterai al Teatro Abeliano di Bari in “Romeo e Giulietta” da protagonista. Un ruolo così importante da rinunciare a tutto?

Beh sì, assolutamente sì. Quest’anno ho inviato il pezzo “La fine del mondo” al contest “Una voce per San Marino” che ha ricevuto responso positivo da parte della commissione, ma ho scelto di non partecipare, per poter preparare il musical di Romeo e Giulietta. So che quella è una grande vetrina però è anche vero che posso tranquillamente riprovarci il prossimo anno. Interpretare Romeo Montecchi in musical, invece, è qualcosa che ho sempre sognato di poter fare e, inoltre, per indole personale ho sentito parecchio la responsabilità nei confronti dei miei colleghi con cui stavamo già lavorando allo spettacolo. Il mio è un ruolo importante, ho quattordici brani da imparare oltre che il copione e ovviamente ho pensato che se fossi venuto meno non avrei rovinato lo spettacolo soltanto a chi guarda, ma anche e soprattutto a miei colleghi e questo non me lo sarei perdonato.

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