L’autore l’abbiamo già incontrato il 9 aprile scorso, con il libro Hermann Hesse ” Siddharta” e quindi abbiamo conosciuto la sua spiritualità
In questo libro, altrettanto noto anche se non molto amato da certa critica, c’è una ricerca sulle inquietudini del genere umano, soprattutto in questa modernità.
Siamo in un medioevo leggendario, lasciatevi stupire dagli scrittori. Non c’è sempre un tempo storico preciso, pensate a quel villaggio, Macondo di Cent’anni di solitudine, senza tempo eppure così magicamente reale.
In questo medioevo del cattolicesimo monastico si svolge l’amicizia tra un dotto e quasi ascetico Narciso, un brillante religioso, che appare molto appartato rispetto al mondo e alla storia, ed un suo allievo, Boccadoro.
Il Narciso entra in scena come un giovane prelato nel convento di Mariabronn, maestro temuto e rispettato persino dai suoi superiori per via delle sue conoscenze.
Il prelato ha poi quella capacità di leggere con straordinaria precisione l’animo delle persone, che è tipica degli psicologhi, attitudine che riversa su Boccadoro, un giovane e talentuoso scolaro inviato al monastero dall’arido padre al fine di espiare la congenita anima peccaminosa ereditata dalla madre.
La madre è per il giovane allievo una figura sfocata, persino ignota e delineata per lo più dai racconti del padre. Insomma mancante.
Narciso, accortosi di tale vuoto nel cuore dell’amico, rievoca i suoi ricordi e gli rivela la sua profonda convinzione secondo la quale egli non sarebbe mai potuto diventare un erudito od un uomo religioso, insomma il convento non corrisponde alla sua natura. A questo punto il giovane, fortemente scosso dalle parole dell’amico, incontra una donna di nome Lisa, si congeda e lascia il monastero.
Qui comincia una sorta di vagabondaggio, che tuttavia insegna al giovane ad amare, a soffrire, a gioire, a cercare: in poche parole gli insegna a vivere. Dopo alcuni anni di disperata ricerca Boccadoro scopre la sua natura di artista, così brillantemente intuita dall’amico Narciso.
Diventa allievo del celebre maestro Nicola per poter raffigurare le immagini createsi dentro di lui dall’esperienza sensibile del mondo.
Appresa l’arte e ottenuto prematuramente il diploma di maestro rifiuta l’eredità della bottega del maestro Nicola e la mano della bella figlia Elisabetta.
Preferisce riprendere così la sua vita errante nel corso della quale incontra gli orrori del mondo, ma conosce anche l’amore ed ama molte donne attirate dal suo fascino di artista erudito: la zingara Lisa, Lidia, la figlia del cavaliere al quale faceva lezioni di latino ed anche Giulia, sua sorella; Lena, la fanciulla morta di peste che lo amò più sinceramente di qualsiasi altra donna, Agnese, la bella e glaciale amante del conte.
Ma c’è una sola figura che l’accompagna per tutta la vita dal momento dell’addio al monastero: la Madre eterna, quell’immagine vaga, sfuocata, eternamente in mutazione, che alla fine risulta essere l’immagine di sua madre.
Una immagine che trova in vecchiaia, durante il suo ultimo pellegrinaggio, in cui spezzatosi il cuore per il mancato amore impossibile della cinica Agnese, dopo un caduta da cavallo e reso infermo, coglie con chiarezza l’immagine materna, ma una volta colta, il piacere che gli procura, la pace interiore che ne consegue fa scemare in Boccadoro il desiderio di rappresentarla.
Ora può morire sereno, poiché ha ritrovato sua madre, e ha scoperto l’amore, perché senza madre non si può amare.
In tutto questo viaggio Narciso è presente, anche come testimonial e come amico negli ultimi istanti, come se ci fosse lo stesso autore così sensibile e attendo ai moti dell’animo.
Trovo in rete una splendida canzone dei Timoria “Boccadoro” tratta dall’album “2020 Speedball”.
Quale omaggio allo scrittore
LA Rete
audio libro
