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Fausta Cialente – Cortile a Cleopatra

E’ sorprendente questa attività estiva di pulizia della soffitta dei libri; per parlare del
libro di oggi vi faccio leggere quello che scrive in un articolo sull’Unità,
Maria Serena Palieri, che già dal titolo fa della nostra autrice un “caso”, per mostrare
l’oblio della rete su alcuni autori.

Che poi è l’animus della nostra soffitta di libri o ex libris

Autori lasciati sulle bancarelle,su eBay et similia, senza dire nulla del tesoro che ogni
libro contiene

Fausta Cialente, anche se nasce a Cagliari nel 1898, si è ritenuta triestina di adozione, che è la città di sua madre, mentre il padre, ufficiale abruzzese, girava per servizio l’Italia.

E’ già scrittrice da bambina, una passione coltivata dunque, insieme al fratello Renato che diventa un bravo attore e, purtroppo, vedrà la sua brillante carriera teatrale spezzata a soli 46 anni nel 1943, quando viene travolto da un automezzo tedesco.

La svolta per Fausta arriva nel 1921, quando si sposa e col marito si trasferisce ad Alessandria d’Egitto, soggiorno pieno di fascino e mistero che diventa il filo conduttore anche del libro di oggi e di altri.

Fausta Cialente va ricordata per il suo primo romanzo “Natalia” (terminato nel 1927 ma
stampato solo nel 1930), col quale vince il Premio dei Dieci, presieduto da Massimo
Bontempelli e per “Marianna” (1931), pubblicata sulle pagine della Fiera Letteraria,
fondata e diretta a quell’epoca da Umberto Fracchia, col quale vinse nel 1932 il Premio
Galante, così chiamato in quanto conferito esclusivamente alle donne.

Libri censurati dal regime fascista e pubblicati dopo

Una sensibilità femminile sofferta che la vede impegnata, alla fine degli anni trenta, alle
trasmissioni di Radio Cairo, conducendo un programma di propaganda antifascista.

Con tale esperienza ha modo di entrare in contatto con numerosi fuorusciti italiani, anche con Palmiro Togliatti.

Nel 1943, fonda e dirige il giornale, per i prigionieri italiani, “Fronte Unito”, che verrà stampato fino al 1945.

Dopo la lotta di liberazione collabora come redattrice a Rinascita, Italia nuova, Noi donne, Il Contemporaneo e, saltuariamente, anche al quotidiano comunista L’Unità, e ad alcune sceneggiature per il cinema insieme a Sergio Amidei.

Nel 1976 il Premio Strega la consacra nel panorama della lettura del novecento italiano, con il libro “Un inverno freddissimo” (1966), vicenda ambientata in una Milano invernale con  tutti i problemi del difficile periodo postbellico.

Trama dalla quale prenderà spunto lo sceneggiato televisivo Camilla, interpretato dalla indimenticabile Giulietta Masina.

Come riporta Wikipedia: ” All’alba di un nebbioso giorno di marzo 1994 in un sobborgo di
Londra, a Pangbourne, muore l’antesignana del femminismo moderno”.

Questa è l’autrice ed abbiamo reso omaggio anche all’articolo dell’Unità che ricordava una
sua giornalista.

La nostra autrice in una immagine giovanile

 

Ma veniamo al libro. Cleopatra era, all’epoca del libro, anni venti del secolo scorso, un quartiere periferico di Alessandria D’Egitto; attualmente è il nome dato al tunnel boring machine della metropolitana del Cairo, oltre ad diversi alberghi a cinque stelle dell’interobEgitto, come Cleopatra si chiama anche l’industria ceramica egiziana, dove turbolenti trattative sindacali hanno determinato il sequestro di otto consulenti italiani per mano dagli operai dell’azienda, poi liberati – cronaca di qualche anno fa.

Il cortile è all’interno di case basse, fatiscenti, imposte sgangherate, dove vive gente umile e disperata.

I protagonisti sono Marco, un mezzosangue italiano ed alcune donne

La narrazione comincia con una scena quasi teatrale. L’autrice sistema i personaggi sulla
scena in modo di poterli vedere insieme, nei loro caratteri,

il sipario s’alza e vedete Marco che dorme sotto un fico e la scimmietta che gioca dispettosa, schiacciando fra le mani dei fichi lattiginosi sulla testa del giovane, una armena fa un battibecco con Marco sul suo far nulla, un anziano vicino di casa sta male ed un altra donna porta una camomilla, e poi una servetta fa mangiare Marco.

Dopo si presenta Marco. Riporto una parte della vicenda del giovane che perde in Italia il
padre a diciannove anni e torna in Egitto dalla madre.

Nel modo di riavvolgere la storia al passato ecco come il ragazzo ricorda la sua infanzia con il padre.

“…..ma poi c’erano quegli altri ricordi, lontanissimi, ed egli vi s’attaccava
angosciosamente, ora come nei giorni della morte del padre, quando aveva sentito che il
vivo dolore li respingeva e li sbandava, poi che urgevano soltanto lo sfogo del dolore
presente e il problema dei giorni a venire. Ma già allora aveva deciso di non perderli, e nel
cuore pieno di lacrime che la solitudine gli faceva ingoiare, erano rifioriti a stento: il
sillabario, la tosse canina, un circo equestre fuori porta, l’apprendista ladro, la bottega
chiusa per andare dal dottore e l’impressione che gli faceva la porta sprangata in un
giorno di lavoro. Suo padre aveva quasi sempre due atteggiamenti che insistevano sugli
altri: lo aiutava a compitare e gli teneva la mano che reggeva la penna, oppure, seduto
vicino al letto, gli mutava una flanella, gli strofinava il petto, gli metteva un cataplasma
sulla schiena. Durante le notti di febbre così lunghe e faticose il bambino si svegliava
d’improvviso tutto in sudore e vedeva un gigante dormire in terra sopra i sacchi della calce, avvoltolato nella coperta.

Era per lasciare a lui il letto non tanto grande. Il suo petto era oppresso, la bocca pastosa, e non si accorgeva di gemere, forse di piangere; ma ecco che il gigante si alza, i suoi gesti incontrano un’aria densa, su le pareti la sua ombra diventa enorme. Si mette a girare la pappa di lino nella casseruola, illuminato a barbagli di una luce misteriosa che non si sa da dove venga….”

Sono alcune pagine di una tenerezza inaudita. Il padre pittore ed imbianchino sta male ed ha il cruccio di non aver lasciato il mestiere al figlio che ora lo veglia…

.” gli insegnava le maniere di laccare il legno ed il metallo. E soffiava penosamente, si agitava: perché non aveva imparato niente, il figlio, ed era colpa sua, che non gli aveva dato un mestiere.

Spagna, Prussia, Magenta… Sembrava l’agonia di un generale e invece non erano che i bei nomi dei suoi colori”

Tutto il libro appare realmente scritto da mano femminile, con la cura dei particolari, tutto
sembra che parli: l’onda del mare, il tremolio di una candela che muta il colore dei fiori;

Emilio Cecchi – un critico di grande spessore dell’epoca – nel presentare questo libro, parla
della Cialente come di una scrittrice come Joseph Conrad.

Possiamo, nel nostro piccolo confermare che è un libro coinvolgente.

In questo cortile, una sradicata dolorosa umanità, vive una vicenda intensamente
drammatica, di amore e morte, sotto l’ombra della Sfinge ecco che sfilano i personaggi:
Marco il ribelle che abbiamo appena conosciuto, e le donne Dinah, Kiki, Haiagagush e Eva.
Entrate dentro la scena col garbo del lettore consapevole e buona passaggiata

LA RETE

https://video.corriere.it/fausta-cialente-cortile-cleopatra/2f3d3422-4b76-11e3-9f20-48230e8bb565

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