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Ignazio Silone «Fontamara»

Il libro di oggi ci porta nell’entroterra abruzzese

Ha tutti gli ingredienti che desideriamo, è una fiaba agreste, è un documento ecologista che potrebbe essere manifesto dei paladini dell’acqua pubblica, è un pezzo di storia del fascismo o comunque dei soprusi dovuti all’inciucio fra potere ed economia (il sindaco impresario), è, infine, cronaca della lotta di “cafoni” per il diritto all’acqua, ecco perché il titolo è questo, la fonte è “amara”.


Ignazio Silone (1º maggio 1900 – 22 agosto 1978), esule antifascista, apprezzato più all’estero che in Italia, anche per questo scomodo libro, scritto nel pieno periodo fascista, mostrava, al di là della propaganda del successivo MinCulPop, cosa accadeva davvero nei piccoli centri dove interessi privati, usando potestà ed apparati, affamavano i poveri contadini.

La complessa vita di Silone possiamo dire che è molto legata ai tempi, con un filo rosso che va dalla lega dei contadini al partito comunista, dove incappa nelle purghe.

Ecco che si trova fuori da quel partito per cui s’era speso per tanti anni, esule, braccato e ricercato, ammalato e privo di mezzi di sostentamento tanto più che gli vengono anche a mancare i contributi del partito e moralmente provato dal dramma della perdita di un fratello.

E’ questo il periodo in cui scrive Fontamara, una via d’uscita allo stato di prostrazione in cui è precipitato e che sarà la sua fortuna.

La trama del libro è semplice, la lettura piacevole, cafoni che tornano dalla campagna vedono brillare i paesi dopo il tramonto come presepi,

Fontamara invece si spegne

Privati per mesi dalla luce cascano nel tranello di un impresario che gli da la luce elettrica ma li priva dell’acqua, vitale per gli usi delle famiglie e soprattutto per le campagne assetate.

Ecco la protesta che si fa dura, anche per la presenza di uno uomo rude e forte.

Alterne vicende anche forti di pathos e tristi, con la strage degli abitanti da parte dei fascisti.

Il racconto è fatto da tre narratori superstiti che raccontano in prima persona al plurale, per cui siamo trasportati nel paese, in quei declivi del paesaggio, a guardare la luna nel paese privo di luce, con i bambini che si divertono al buio facendo arrabbiare il calzolaio…siamo in Abruzzo, a Fontamara di Ignazio Silone. Un terrone che amava chiamarsi cosi.

LA RETE

Il libro è stato trasportato nel cinema da Carlo Lizzani che potete vedere integralmente su

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