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Don Antonio Coluccia la droga non è stupefacente la vostra vita è stupefacente

I giovani del Trinchese a contatto con la testimonianza.

di Davide Tommasi

Martano- l’IISS Salvatore Trinchese di Martano ha accolto nella sua struttura di presidio dell’associazione Libera don Antonio Coluccia, che con la sua pastorale di strada e il suo coraggio scende ogni giorno nelle più importanti piazze di spaccio di Roma capitale  e non solo anche nell’italia intera , incontrando e dialogando con giovani intrappolati nel tunnel della droga e nella rete della criminalità organizzata che purtroppo non riescono a uscire.Nell’ambito del progetto “Da Capaci a Via D’Amelio”, gli studenti del Trinchese hanno incontrano e raccontato don Antonio Coluccia.

Presenti all’incontro il sindaco di Martano dott. Fabio Tarantino, il baby sindaco di Martano Giulio De Carlo, il prof. Roberto Refolo, la prof.ssa Giacinta Calò, il prof. Andrea Ortese, il referente Libera Puglia Valerio D’Amici, il referente Libera d’istituto Giulio Trisolino.

A Introdotto l’incontro il prof. Roberto Refolo che esprime l’orgoglio di accogliere tra le mura dell’istituto, nell’ambito dei percorsi trasversali di orientamento pcto, la figura di don Antonio.Subito dopo l’intervento del sindaco di Martano, dott. Fabio Tarantino, esprimendo l’auspicio che i propri cittadini siano esempio di legalità per i ragazzi come lo è don Antonio .

Al termine ha preso la parola il Sindaco Baby Giulio De Carlo che accenna alle opere di bene che hanno caratterizzato la missione del sacerdote, nato in Salento (Specchia), tra cui la palestra sociale di boxe.

Procede il referente Libera di istituto Giulio Trisolino con una riflessione del percorso di legalità intrapreso dal Trinchese volto a rendere gli studenti futuri cittadini attivi, responsabili e soprattutto consapevoli del mondo che li circonda.

A seguire, la prof.ssa Giacinta Calò e il prof. Andrea Ortese citando dei brani tratti dal libro “il prete indigesto” di Bocca danno l’incipit a Don Antonio per prendere parole.

l’IISS Salvatore Trinchese di Martano ha accolto nella sua struttura di presidio dell’associazione Libera don Antonio Coluccia, che con la sua pastorale di strada e il suo coraggio scende ogni giorno nelle più importanti piazze di spaccio di Roma capitale  e non solo anche nell’italia intera , incontrando e dialogando con giovani intrappolati nel tunnel della droga e nella rete della criminalità organizzata che purtroppo non riescono a uscire .

In ognuno di questi incontri  , Don Antonio pone la sua vita e incolumità a rischio per parlare faccia a faccia con questi giovani, accompagnato dagli uomini della scorta i veri eroi come gli definisce lui , per dare loro la possibilità di un nuovo inizio e un volto amico a cui rivolgersi.

Negli anni ha accolto molte persone senza riparo nella sua fondazione, opera San Giustino, e ogni giorno riceve decine di messaggi da individui in cerca di soccorso, consiglio e aiuto testimoniando con lo smartphone in mano ciò che quotidianamente arriva.

Grande è il suo impegno nei quartieri più poveri della città di Roma, che ha portato alla creazione di una Palestra della Legalità in collaborazione con le Fiamme Oro a San Basilio, dove i giovani possono praticare la boxe in modo completamente gratuito e solo portando un certificato medico. La scelta di questo sport non è casuale, perché la boxe, che a primo impatto può dar l’idea d’essere uno sport violento, è invece un grande esempio di disciplina e rispetto verso l’avversario.

Al termine dell’incontro alcuni ragazzi dell’istituto hanno rivolto a don Antonio delle domande, tra cui la definizione di eroe dal suo punto di vista. Egli non si definisce un eroe, ma un semplice sacerdote. Per lui i veri eroi sono coloro che vivono la loro vita ogni giorno in difficoltà ma non demordono e continuano a combattere. La povertà non è uno stato di cui vergognarsi, non bisogna aspirare a fare la bella vita, ma piuttosto a fare la vita bella.

L’incontro si è concluso con un calcio alla droga, nel quale don Antonio, coinvolgendo i ragazzi, ha calciato un pallone che simboleggiava la droga e come essa danneggia le vite di tutti coloro che ne fanno uso.

Questo articolo è stato realizzato con un gruppo di allievi dell’istituto Trinchese di Martano coadiuvati dal redattore Davide Tommasi.

 

 

 

 

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