Principale Politica Diritti & Lavoro IA, Hinton teme la tecnologia che ha creato e si licenzia da...

IA, Hinton teme la tecnologia che ha creato e si licenzia da Google

Nel 2023 l’intelligenza artificiale (IA) è finita al centro dell’attenzione grazie anche a tecnologie tipo ChatGPT – un chatbot “amichevole” sviluppato dal laboratorio di ricerca OpenAI, nato nel 2015 (come organizzazione senza fini di lucro) dalla mente di fondatori (tra i quali figura Elon Musk) che puntavano a difendere l’umanità dai rischi dell’IA completa – che mirano a “simulare le conversazioni tra persone“. Algoritmi che, a quanto pare, apprenderebbero in modo autonomo e continuo, anche dai propri “errori” (come faceva il “supercomputer” HAL-9000 del film “2001: Odissea nello spazio”), implementando le rispettive conoscenze attraverso l’analisi di migliaia di chat e avvicinandosi alle caratteristiche del pensiero umano in maniera esponenziale.

Sembrerebbe che ChatGPT, nello specifico, abbia raggiunto i 100 milioni di utenti in poco meno di due mesi, mettendo in comunicazione gli internauti globali con le più recenti innovazioni tecnologiche, frutto di anni e anni di ricerche andate – e non – a buon fine (basti pensare alla prima partita a scacchi del ‘96 tra il campione mondiale Garry Kasparov ed il computer Deep Blue). Progressi che comunque stanno facendo emergere questioni sulla sicurezza e sulle possibili sostituzioni di gente reale in alcuni settori occupazionali.

Proprio a proposito di lavoro, infatti, pare che IBM abbia da poco annunciato la sospensione delle assunzioni per ruoli considerati sostituibili dall’IA, portando ad una perdita di circa il 30% dei 26.000 impiegati previsti di norma. In pratica, mentre sta infiammando il dibattito sulle preoccupazioni circa le minacce dell’intelligenza artificiale alla stessa sopravvivenza umana – predette nel 2014 dal celebre astrofisico Stephen Hawking -, lo stesso “cervellone elettronico” starebbe già sostituendo alcune nostre funzioni (in attesa del tempo in cui potrà rubarci anche la prerogativa intellettuale e creativa).

Google, il “caso Hinton” e il terremoto IA

Più o meno è quanto è accaduto a Geoffrey Hinton, il 75enne ribattezzato “padrino dell’intelligenza artificiale” – branca informatica su cui ha lavorato dal 2012 -, che ha recentemente rassegnato le proprie dimissioni da Google, in modo da poter essere libero di esprimere ogni paura intorno alla sua “creazione” “senza considerare l’impatto sull’azienda”. L’ingegnere, infatti, dopo aver lavorato per più di dieci anni allo sviluppo della base intellettuale dell’IA, aveva ultimamente manifestato alcune inquietudini sul prodotto tecnologico finale, nonché sul proprio medesimo contributo speso nell’avanzamento del progetto: “Mi consolo con la solita scusa: se non l’avessi fatto io, qualcun altro lo avrebbe fatto”, avrebbe affermato Hinton, dichiarando che “il pericolo di informazioni, video e immagini falsi, insieme al “problema lavoro”, rendono l’IA una tecnologia spaventosa”.

Dal canto suo, Google ha salutato uno dei suoi più fedeli collaboratori ringraziandolo per il decennale apporto (ci ha pensato il capo scienziato Jeff Dean a farlo a nome dell’azienda) e ribadendo la prudenza e la responsabilità applicate da Mountain View nei confronti del proprio “algoritmo pensante”, approcci tali da permettere di “comprendere i rischi emergenti e spingere a innovare con coraggio”.

L’anima dell’intreccio di cavi (che ti esonera)

Il “caso Hinton“, comunque, non è stato il solo episodio a scuotere Google. L’estate scorsa, difatti, dall’azienda venne licenziato anche l’ingegnere Blake Lemoine, colpevole di aver riferito alla stampa – di preciso, al Washington Post – che LaMDA (l’IA “di casa” su cui stava lavorando) “era senziente e che il suo modello linguistico per le applicazioni di dialogo era tale che poteva benissimo avere un’anima”.

Per chiudere, mentre l’intelligenza artificiale continua imperterrita a svilupparsi e a evolversi, parallelamente non smettono di sorgere prepotenti i dubbi etici – sollevati da neuroni “naturali” – sulla sua affidabilità e sul suo impatto occupazionale. Il licenziamento da Google che Hinton ha preferito per sé non sarebbe altro che l’indice di questi crescenti timori per il futuro, una scintilla che starebbe accendendo, cioè, la riflessione su come cercare di affrontare consciamente i limiti e i vantaggi di questi nuovi strumenti tecnologici.

Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Giuliana Radice del 02 maggio 2023), sito di OpenAI, Wikipedia, Bloomberg, BBC, The New York Times, Il Sole 24 ORE, DDay.it, The Keyword e Google AI (blog di Google), Spotify.

Account Twitter: Geoffrey Hinton.

Antonio Quarta

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Il Corriere Nazionale

LASCIA UNA RISPOSTA

Inserisci il tuo commento, grazie!
Inserisci il tuo nome qui, grazie

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.