Principale Estero Assange fa causa alla CIA

Assange fa causa alla CIA

Il mondo dell'intelligence è spesso circondato da veli di segretezza e la recente svolta nel caso dell'attivista australiano ha rivelato ombre sinistre che si estendono fino alla Central Intelligence Agency, alla quale pare che sia piaciuto spiare telefoni e laptop altrui

Appena una settimana fa gli avvocati di Julian Assange hanno depositato una denuncia senza precedenti contro l’agenzia centrale d’intelligence statunitense, accusandola della violazione del quarto emendamento della Costituzione a stelle e strisce. È quasi ironico pensare che violare la riservatezza e compiere atti di spionaggio sia materia valida per poter incriminare degli spioni di professione, ma il contesto in cui questo è avvenuto è proprio ciò che conferisce un significato sinistro al “caso Assange”.

Accadde in ambasciata, per la sicurezza

I dettagli dell’accaduto risalirebbero al periodo tra il 2017 e il 2018, quando alcuni legali e giornalisti si sono incontrati – con tanto di permesso – insieme al fondatore di WikiLeaks, all’epoca rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana di Londra. Durante queste riunioni i visitatori avevano affidato i loro device elettronici a un’azienda esterna che si occupava di sicurezza. Ma, secondo il team legale di Assange, i dati personali contenuti in questi dispositivi sarebbero stati estrapolati e condivisi con la CIA in modo occulto.

Se così fosse, le implicazioni sarebbero sconcertanti: la Central Intelligence Agency non solo avrebbe commesso un illecito nel copiare illegalmente i files dai telefoni e dai computer dei partecipanti, ma avrebbe anche peggiorato la propria posizione monitorando da vicino tutti coloro che stavano avendo contatti con Assange. E questo non sarebbe avvenuto solo una volta, ma in ogni circostanza in cui gli avvocati facevano visita all’attivista.

Ora sono finiti sotto la luce dei riflettori non solo la CIA, ma anche l’ex direttore Mike Pompeo, nonché l’agenzia responsabile della sicurezza nell’ambasciata ecuadoriana all’epoca dei fatti. La domanda che sorge spontanea, e che coinvolge tutti, è quanto sia effettivamente sicuro e legalmente tutelato il nostro diritto alle conversazioni private.

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Il “caso Assange” palesa la mancanza di privacy in USA

Deborah Hrbek, un avvocato di New York coinvolto da parte lesa nella vicenda, ha espresso le sue preoccupazioni in modo eloquente: “Ho il diritto di presumere che il governo degli Stati Uniti non stia ascoltando le mie conversazioni private e privilegiate con i miei clienti e che le informazioni su altri clienti e casi che potrei avere sul mio telefono o laptop siano al sicuro da intrusioni illegali del governo”.

L’aspetto ancora più rilevante di questa controversia è l’individuo coinvolto: Julian Assange, il “nemico storico” della CIA, l’uomo che con WikiLeaks ha portato alla luce numerosi documenti e atti segreti di varie amministrazioni americane (ricordiamo tutti ancora vivamente le immagini dell’elicottero militare statunitense che sparava e uccideva civili innocenti in Iraq).

Nonostante tutto, l’obiettivo USA sembra essere sempre quello di far sparire questa vicenda nell’oblio. Nel frattempo Julian Assange, dopo anni di detenzione, pare che dovrà affrontare anche l’estradizione in quel Paese che si mostra determinato a farlo tacere una volta per tutte.

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Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Arianna Graziato del 16 agosto 2022), Università di Roma “Tor Vergata” (Scienze dell’Amministrazione e delle Relazioni Internazionali), Wikipedia, WikiLeaks, HK (HRBEKKunstler), Adnkronos e Richard Medhurst (canali YouTube).

Antonio Quarta

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Il Corriere Nazionale

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