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Francesco Cecchin, vittima dei rossi: intervista a Nicolò Dal Grande

Il 17 giugno col dott. Nicolò Dal Grande, segretario nazionale dell’associazione culturale Identità Europea e collaboratore della rivista Domus Europa, è iniziata la rubrica “Vittime Scomode” parlando del barbaro omicidio di Francesco Cecchin

https://www.corrierepl.it/…/francesco-cecchin-una…/

Rubrica in cui si è cercato di far luce altresì sull’assordante silenzio delle vittime missine

“Le risposte sono molte, nessuna delle quali all’altezza di dare una spiegazione esaustiva. La demonizzazione totale dell’avversario è una delle pagine più bieche delle ideologie del mondo contemporaneo, in grado addirittura di negare l’evidenza di eccidi e genocidi pur di preservare un’immagine di purezza delle proprie idee”.

https://www.corrierepl.it/…/francesco-cecchin-vittima…/

E a proposito di silenzio su queste vittime scomode, da ricordare quanto successo nel 1993, quando la madre di Francesco Cecchin, Valeria Pace, scrisse al ministero dell’Interno per chiedere che al figlio venisse concessa la speciale elargizione per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, dal Viminale risposero che l’omicidio Cecchin non era riconducibile a quella fattispecie.

Dott. Dal Grande, da cittadino di uno Stato di diritto, come considera e soprattutto interpreta questa risposta?

E di conseguenza qual è la sua posizione sull’impegno preso dal gruppo di parlamentari di centrodestra, tra cui il vice-presidente del Senato, Maurizio Gasparri, di Forza Italia, e quello della Camera, Fabio Rampelli, di FdI?

Impegno in cui il senatore azzurro precisa: “Questo è un compito morale, che non ci restituisce nulla, ma la Repubblica ha una sua liturgia e visto che negli ultimi anni sono stati fatti dei passi in avanti verso la riconciliazione nazionale è giusto che anche Francesco Cecchin sia inserito nella lista delle vittime”.

“Vede, il problema in Italia sta nell’uso della terminologia: non badiamo mai alle parole utilizzate. Mi spiego meglio. La richiesta, del tutto legittima e sacrosanta, difettava nel richiedere un riconoscimento attraverso il filtro del termine “terrorismo”, una parola facilmente manipolabile. Un terrorista compie un attentato per uno scopo – qualunque esso sia -; per lo Stato esso è un terrorista, per la sua fazione è un eroe. Perché dico questo: la morte di Francesco si potrebbe inserire come morte a causa di attentato terroristico? Per la famiglia e i partiti di destra sì; per la giustizia italiana – che non condannò alcuna persona ufficialmente – non lo fu; e men che meno lo fu per i partiti di sinistra. Questo favorì il pretesto per rigettare la legittima domanda.

Francesco fu una vittima innocente di una brutale aggressione. Fu vittima di un atto criminale a scopo politico; poco importa se attribuibile ad un attentato terroristico, a una cosca criminale; non morì per una semplice lite. Francesco Cecchin fu assassinato perché militante di destra. Fu un bersaglio preciso e calcolato, col pretesto dell’odio politico: e questo doveva bastare per accogliere la domanda.

Riguardo le parole dei vari politici, posso concordare con loro ma ad un patto preciso, il limite è quello di una battaglia morale che non abbia però fini politici. E’ una battaglia superiore, di virtù e di civiltà; un impegno morale che tutti dovremmo assumerci. Combattere affinché in questa Italia, una volta per tutte, cessi la divisione di “morti di serie A” e “morti di serie B”. La vita e la dignità umana devono andare oltre le ideologie, le differenze sociali, le differenze etniche”.

E a proposito di compito morale, quanto pensa che l’Italia si possa considerare un Paese che adempie ai doveri morali, agendo nel pieno rispetto della lotta alle disuguaglianze e alle discriminazioni?

Visto che, a quanto sembra, per qualcuno la discriminazione subentra solo se si tratta di colore di pelle, tralasciando quello politico o per svista o magari qualcos’altro.

Già, quel qualcuno così in lotta contro la disuguaglianza ma che, contestualmente, si oppone alla intitolazione del giardino di piazza Vescovio a chi, a soli 17 anni,  fu barbaramente ucciso perché missino.

A quanto pare, per certi “garanti” dell’uguaglianza, quando c’è di mezzo una via o un giardino da dedicare a chi non fu una vittima rossa ma di  mano rossa, si deve parlare di “tutte le vittime della violenza politica”.

 

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-“Come detto in precedenza, finché in Italia si imporrà la faziosità ideologica, questo tipo di ignobili discriminazioni saranno all’ordine del giorno, soprattutto quando questa faziosità appartiene al pensiero corrente dominante, che spesso nasconde dietro pseudo-filantropie interessi oscuri. Parliamo del “colore della pelle”, giusto ad esempio. Il razzismo è un ignobile realtà. Ma spesso, questo concetto, è manipolato per interesse. Guardiamo alla questione immigratoria: un’ignobile tratta umana si svolge nel Mediterraneo, sulla pelle di persone che – illuse di poter raggiungere vite migliori – vengono ingannate, spinte a lasciare la propria casa, morendo spesso in mare oppure col rischio di nel giro della prostituzione, del caporalato o della malavita. Ma se solamente ci si oppone allora si è automaticamente etichettati quali razzisti o fascisti, mentre aspiranti “filantropi” si arricchiscono sulla vita di queste persone.

Finché un pensiero dominante ne trarrà un vantaggio, verrà mantenuta una divisione fra “morti di serie A” e “morti di serie B”. Il Vantaggio? Mantenere un popolo diviso in gruppi e fazioni, ostili fra loro. Perché un popolo diviso è più manipolabile da chi ha interessi da trarne”.

Rita Lazzaro

 

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