Principale Attualità & Cronaca Violenza Molestie sessuali: un calderone ideologico conseguenza di un vuoto normativo

Molestie sessuali: un calderone ideologico conseguenza di un vuoto normativo

Molestie sessuali: un calderone ideologico conseguenza di un vuoto normativo
di Rita Lazzaro
Molestie, palpeggiamenti, accerchiamenti, frasi e gesti volgari, questo è quanto successo sabato, a Rimini, all’adunata degli alpini.
“Oltre 500 le segnalazioni” dice il gruppo transfemminista “Non una di meno”.
“Mi hanno presa per un braccio, strattonata, insultata con sconcezze irriferibili… Erano in tre, tre alpini. È successo sabato pomeriggio tra la folla. Sono riuscita a divincolarmi in qualche modo e a scappare” Ancora sotto choc, lo ha raccontato ai carabinieri di Rimini una 26enne.
Una delle testimonianze è quella di Federica, di Cattolica, commessa a Misano. Già dopo aver parcheggiato l’auto – con due amiche e il fidanzato di una loro, tutti diciannovenni – “abbiamo capito che l’atmosfera, con tutti quegli alpini che affollavano il lungomare, era terribile” .
“Voi tre donne dovreste fare più sesso”.
Questa è una delle frasi sconce e oscene ascoltate dalle ragazze. Il ritorno all’auto è stato “un altro incubo: un settantenne si è avvicinato per dirmi che avevo “bellissime gambe” mimando poi un gesto osceno”.
Non diverso il racconto di Golshan, 33 anni, iraniana laureata a Bologna e un impiego a Rimini nel settore del commercio. «Sabato sera stavo andando al lavoro a piedi, mangiando un gelato. A un tratto, uno di questi alpini si è avvicinato facendomi cadere il cono. Un uomo accanto a lui ha fatto una smorfia disgustosa con la lingua… Pochi metri più avanti un altro gruppetto ha cercato di bloccarmi. Per liberarmi mi sono messa a correre”.
Tra queste testimonianze anche quella di Chiara, grafica di 29 anni che racconta ai microfoni di La7 quanto le è successo:
“hai delle belle gambe faccele vedere, è stato limitante e brutto. Per non arrivare a sentirmi molestata verbalmente mi sono chiusa in casa”.
Vicende queste, che fanno riflettere su diversi aspetti: da quello umano a quello sociale,da quello civile a quello giuridico.
Per quanto concerne quest’ultimo aspetto, c’è infatti chi indica quanto successo usando il termine molestia, chi invece l’espressione “molestia sessuale”, il che fa pensare a una certe confusione giuridica che, a sua volta, si ripercuote in quella della comunicazione.
Non per nulla, il nostro codice penale non prevede alcuna definizione di molestia sessuale a differenza invece, di quanto è previsto nel disegno di legge concernente l’introduzione dei reati di molestie sessuali, violenza sessuale, violenza sessuale di gruppo e atti persecutori, che prevede precisamente nell’articolo 1, l’inserimento dell’articolo 229-bis del codice penale militare di pace.
Non per nulla, proprio per questo vuoto normativo, è stata la stessa giurisprudenza a intervenire, facendo il dovuto distinguo tra molestia sessuale e violenza sessuale specificando che:
“si ha molestia sessuale se si è in presenza di espressioni verbali a sfondo sessuale o di atti di corteggiamento, invasivi ed insistiti, diversi dall’abuso sessuale. Qualora, invece, le molestie comportino un contatto fisico, anche fugace, o limitino in alcun modo la libertà sessuale della vittima, si configura invece il reato di violenza sessuale, disciplinato dagli art.609 bis e seguenti del codice penale italiano. In particolare, la giurisprudenza ritiene di qualificare come violenza sessuale art.609 bis c.p. toccamenti o palpeggiamenti delle natiche anche se sopra i vestiti e con finalità molesta e non di libidine”.
Forse sarebbe più corretto, soprattutto nei confronti delle vittime – viste le radicali differenze delle conseguenze psicofisiche sulle stesse – non far rientrare sullo stesso piano normativo, ossia in un art 609 bis Cp sia gli atti sessuali intesi come qualsiasi forma di compenetrazione corporale, che consenta il coito o un equivalente abnorme di esso, sia un atto sessuale inteso come atto di libidine violenta, ossia ogni forma di contatto corporeo diversa dalla penetrazione che, per le modalità con cui si svolge, costituisce inequivoca manifestazione di ebbrezza sessuale.
Non sarebbe infatti più corretto dare una definizione normativa ad hoc sul concetto di molestia sessuale, evitando così di scomodare la giurisprudenza a ogni piè sospinto di molestia?
Ma soprattutto, è corretto, in particolar modo per chi è stata vittima di violenza sessuale intesa come atto di penetrazione, far rientrare nello stesso articolo 609 bis cp un atto sessuale inteso come atto di libidine violenta?
In sintesi:
è giusto prevedere lo stesso minimo e massimo di pena per due fattispecie di reato, che comportano effetti psicofisici differenti sulla vittima che li subisce?
E chissà, forse forse, è proprio per questo vuoto normativo che ci ritroviamo col considerare molestia sessuale anche la frase “belle gambe, ce le fai vedere?”
E forse è proprio per questo motivo che, chi subisce un atto di libidine violenta come successo nel caso degli alpini, non viene presa sul serio dall’opinione pubblica, proprio perché questo vuoto normativo genera un gran calderone ideologico in cui, di conseguenza, viene inclusa altresì la condotta che nulla c’entra col reato commesso.
Dopotutto, se tutte sono vittime nessuna è vittima.

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