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Le morti invisibili

Le morti invisibili
di Rita Lazzaro
La famiglia di Luana d’Orazio, operaia morta sul lavoro, rifiuta 1 milione di risarcimento: «Il dolore non si quantifica».
Luana D’Orazio, l’operaia di di 22 anni, madre di un bambino che oggi ne ha 6, morta lo scorso 3 maggio a Prato inghiottita da un macchinario tessile. Macchinario manomesso per produrre l’8% in più.
«Questa storia di denaro sbandierato ai quattro venti come se la morte di mia figlia avesse un prezzo mi fa stare male. Il dolore non si quantifica e non si mercifica e comunque queste cose vanno fatte nelle sedi opportune, perché per me, gettarmele addosso, sono come pugnalate al cuore». Lo afferma, in un’intervista al Corriere della Sera, Emma Marrazzo, la mamma di Luana.
L’assicurazione ha tenuto conto delle tabelle previste per legge nei casi di infortunio mortale liquidando ai parenti stretti della giovane la somma massima di 336.500 euro ciascuno alla mamma di Luana, al padre e al figlio. Oltre a 100mila euro per il fratello disabile di Luana. Ma per i familiari non è un risarcimento congruo. «Tra poco più di un mese sarà un anno che piango Luana. E il 7 aprile si aprirà a Prato il processo con i tre imputati – spiega – E allora se queste persone vogliono preparare strategie di difesa lo facciano in silenzio senza tormentare me e la mia famiglia. Non si può giocare con la vita di una famiglia colpita duramente da una tragedia. Io sto vivendo un calvario infinito ma il mio dolore non viene rispettato». «Ho solo due grandi desideri», conclude la mamma di Luana chiedendo «che sia fatta giustizia e che non ci siano più morti sul lavoro».
Amara ironia della sorte, ecco che a pochi giorni dalla notizia del risarcimento alla famiglia di Luana, si consuma un’altra tragedia sul lavoro, avente come protagonista Willy, 32 anni, rider deceduto nello scontro con un’auto. Era un grande appassionato della palla ovale, morto a Livorno e col sogno del rugby nel cassetto.
Willy sui social si definiva orgogliosamente ‘rider di quartiere’, con le foto che lo ritraggono quasi sempre in tenuta da lavoro.
Tra le tante, troppe ormai quotidiane morti sul lavoro, quelle che hanno lasciato particolarmente il segno per la giovane età delle vittime e il contesto in cui la tragedia è avvenuta, è giusto nonché doveroso ricordare Giuseppe Lenoci, deceduto il 19 Febbraio in un incidente stradale a soli 16 anni mentre stava facendo uno stage.
Giuseppe era originario di Monte Urano e viaggiava sul furgone di una ditta di termo-idraulica. Faceva un’esperienza di lavoro, come prevede la legge dal 2015, a completamento del corso triennale organizzato dalla Regione al professionale Artigianelli di Fermo.
“I corsi di formazione professionale hanno ucciso per la seconda volta in meno di un mese – denuncia il sindacato USB (Unione sindacale di base).
Infatti il 21 gennaio, ha perso la vita Lorenzo Parelli, il diciottenne morto in fabbrica a Lanuzacco, in provincia di Udine, nell’ultimo giorno di stage per l’alternanza scuola-lavoro.
In questa lunga e interminabile lista di morti bianche, è da ricordare altresì quanto successo nella mattina di sabato 18 dicembre 2021, in via Genova, all’altezza del civico 107, poco distante dall’ufficio postale all’angolo con via Millefonti, in cui tre operai perdono la vita per il crollo di una gru, altri passanti invece restano feriti. Roberto Peretto, 52 anni, Marco Pozzetti, 54 anni, Filippo Falotico, 20 anni, sono i tre operai rimasti schiacciati.
Una piaga umana e sociale che si estende a macchia d’olio.
Secondo l’Inail infatti, 1.221 persone sono morte sul lavoro nel 2021.
Più di 3 al giorno. Inoltre 555 mila gli infortuni segnalati e 55 mila le patologie di origine professionale.
Sono in diminuzione rispetto all’anno precedente (-3,9% rispetto al 2020), ma comunque sono ancora troppe. Le morti bianche nel 2021 sono diminuite del quasi 4% rispetto all’anno precedente, contando 1.221 vittime a fronte delle 1.270 rilevate nel 2020.
Complessivamente, le denunce di infortunio sul lavoro nell’anno appena trascorso sono state 555.236 (+0,2% rispetto al 2020). In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 55.288 (+22,8% rispetto al 2020). Questi i principali dati del Bollettino trimestrale Inail, comprensivi delle denunce relative alle infezioni da covid-19 avvenute nell’ambiente di lavoro, o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa e in itinere.
Con riferimento al genere, la diminuzione riguarda sia la componente femminile in calo dell’8,7%, con 126 denunce a fronte delle 138 rilevate nell’anno precedente, sia la componente maschile, con 1.095 denunce a fronte delle 1.132 rilevate nel 2020 (-3,3%).
L’analisi territoriale evidenzia aumenti per il nord est (+14%), per il sud (+12,4%) e per il centro (+5,6%). Diminuzioni si rilevano per il nord ovest (-26,4%) e per le isole (-17,1%).
Per quanto riguarda la modalità di accadimento, dei 1.221 casi rilevati nell’anno, 973 riguardano gli infortuni in occasione di lavoro e 248 gli infortuni in itinere. Il coinvolgimento di un mezzo di trasporto è del 15,8% per gli infortuni in occasione di lavoro e del 67,3% per gli infortuni nel tragitto casa-lavoro.
Inoltre sono 811 le persone che sono decedute avendo contratto il Covid-19 in ambito lavorativo.
Piaga umana e sociale che ha fatto intervenire anche la Cei: “Troppi morti sul lavoro, il capitale umano è l’unica vera ricchezza”
Il messaggio dei vescovi per il Primo maggio: il faro sulle donne “ostaggio di un sistema che ‘punisce’ la gravidanza col licenziamento” e sui lavoratori sfruttati che sono “i nuovi poveri”
La Conferenza episcopale italiana, sottolinea come sia “in discussione il valore dell’umano, l’unico capitale che sia vera ricchezza”.
“Lavoratori sfruttati e irregolari sono i nuovi poveri “Nel messaggio per il Primo maggio, i vescovi pongono la loro attenzione su “quanti sono impegnati in lavori irregolari o svolti in condizioni non dignitose, a causa di sfruttamento, discriminazioni, caporalato, mancati diritti, ineguaglianze. Il grido di questi nuovi poveri sale da un ampio scenario di umanità dove sussiste una violenza di natura economica, psicologica e fisica in cui le vittime sono soprattutto gli immigrati, lavoratori invisibili e privi di tutele, e le donne”.
Lo stesso Papa Francesco ha manifestato la sua indignazione sull’ormai dilagante vergogna dei lavoratori che perdono la vita: “Troppi i morti sul lavoro, sono persone e non numeri”.
Frase che richiama la Costituzione della Repubblica Italiana in cui infatti, il lavoro è un diritto costituzionalmente riconosciuto, ex art 4 Cost e in cui è altresì garantita la dignità del lavoratore, ex art 36 Cost.
Questa piaga sociale e umana ci ricorda giornalmente quanto la Costituzione sia solo entrata in vigore senza mai essere applicata.
Una Carta Fondamentale scritta col sangue di chi morì per la nostra libertà e quindi per i nostri diritti inviolabili ma costantemente calpestata col sangue dei suoi stessi connazionali perchè mai attuata.

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