di Nunzia Bernardini *
Nel momento in cui si apre uno spiraglio nell’emergenza sanitaria causata da un virus, ormai famosissimo, è opportuno fare qualche riflessione per ripristinare la speranza nella ripresa economica del nostro Paese.
Una delle cause dei problemi italiani è ormai comunemente ritenuta quella dell’eccesso della burocratizzazione: una ragnatela vischiosa di direttive europee, leggi nazionali e regionali, regolamenti, circolari, ordinanze dei Sindaci ecc.
La fonte credibile del Poligrafico dello Stato, che ha realizzato la digitalizzazione di tutti gli atti normativi, ha consentito di calcolare con sufficiente precisione il numero di norme adottate dal 1861 in poi che ammontano a più di 200 mila, e di quelle in vigore che sono più di 110 mila e come se non bastasse tutti i partiti nei loro programmi ne promettono di nuove….
Di fronte a questo quadro non serve parlare dei danni prodotti dalla burocrazia bensì bisogna intervenire, con urgenza, per arginare questo dannoso corto circuito: i mezzi non mancano.
Un pezzo di soluzione passa attraverso gli Uffici Legislativi del Parlamento, delle Regioni e di Confindustria che potrebbero mettere a disposizione le proprie competenze per suggerire le soluzioni per eliminare, ad esempio, le leggi che regolano la stessa materia, le deroghe che rendono incerta l’applicazione delle disposizioni generali, le norme successive che si sovrappongono a quelle precedenti senza abrogazione espressa: insomma soluzioni per eliminare tutto quello che produce incertezza del diritto e continui ricorsi giurisdizionali.
Un elemento che può aiutare il Paese è quello di riavvicinare i tempi tra il momento della decisione e quello della realizzazione: la lentezza che caratterizza i tempi della Pubblica Amministrazione è letale, può uccidere come e peggio del Corona virus.
Bisognerebbe intervenire per ridurre la mole dei ricorsi ai Tar, per velocizzare i tempi della chiusura dei fallimenti e dei bandi di gara nonché la concessione dei finanziamenti: tutto è collegato e la velocità della circolazione del Danaro è essenziale e vitale, specialmente adesso.
Ci vorrebbe una grande riforma della filosofia che ispira le nostre Regole: lo Stato scelga la politica della fiducia nei propri cittadini, archiviando, almeno temporaneamente, la regola del potere autorizzatorio della P.A.
In sostanza, una volta definite poche e ben chiare regole lo Stato dovrebbe adottare il ruolo di controllore “finale” e non più quello di Ente che autorizza e concede licenze, visti i ranghi ridotti del personale, alcune storiche “defaillance” ed i suoi tempi biblici.
Dovremmo poter aprire un negozio, un bar, una piccola attività artigianale in tempi brevissimi sapendo che la P.A. ci controllerà e se non abbiamo rispettato le regole graduerà le sanzioni, da lievi a più gravi, in funzione delle nostre inadempienze.
Abbiamo bisogno di liberare energie proprio come è già accaduto ai tempi del Rinascimento, del dopoguerra, del crollo delle Torri Gemelle o dopo la crisi del 2008: la finanziarizzazione dell’economia non deve farci dimenticare il valore della produzione di beni e servizi essenziali alla Vita delle persone.
Questa è sicuramente una delle lezioni che la crisi indotta dal Coronavirus ci lascia: una eredità da raccogliere con saggezza, intelligenza ed uno sguardo lungo verso il futuro.
*Nunzia Bernardini, giornalista pubblicista