Principale Attualità & Cronaca No, con Noa Pothoven non abbiamo perso tutti

No, con Noa Pothoven non abbiamo perso tutti

Noa Pothoven, ragazza olandese di 17 anni, si è lasciata morire. Ha smesso di bere e mangiare, con il consenso dei suoi familiari a non praticare l’alimentazione forzata, ed ha scelto di morire in casa sua. Da quando aveva subito due stupri, all’età di 11 e 14 anni, non era riuscita a superare il dolore immenso che le avevano inflitto. La giovane soffriva infatti di una grave depressione, anoressia, autolesionismo e disturbi da stress post traumatico che l’avevano portata più volte a tentare il suicidio.

Molti i media avevano riportato che i Paesi Bassi avessero autorizzato l’eutanasia per la ragazza, ma la storia è ben diversa: le era stata infatti negata da una clinica di Arnhem a dicembre scorso. La questione di fondo è l’impossibilità per l’opinione pubblica capire la scelta di Noa. Una scelta sicuramente ponderata e sofferta, come da lei scritto, l’unica possibile per una sofferenza ormai non più temporanea. La depressione è una problematica invisibile, immateriale che non lascia segni tangibili della sua presenza: né cicatrici o ferite, ma un senso continuo di malessere e di incapacità di reagire derivata da traumi infantili che non sono sopportabili.

La depressione di Noa era talmente insostenibile che, nonostante i numerosi tentativi di cura, la morte era diventata per lei l’unica possibilità. Una storia senz’altro triste e controversa ma, indipendentemente dai giudizi e dalle opinioni personali, nessuno potrà mai capire cosa abbia dovuto sopportare durante la sua vita e quanto fosse stato difficile sopravvivere. La depressione è una patologia sì curabile ma estremamente soggettiva: non è detto che sia passeggera né che sia causata da una semplice situazione spiacevole. L’essere umano è un essere sensibile e la sofferenza è un malessere che ognuno affronta in modo diverso; certo è che nessuno deve avere il diritto di giudicare quanto esso sia grave. È facile diventare medici, psicologi e specialisti senza sapere quale male si fosse sedimentato all’interno di una ragazza costretta a subire un’umiliazione così grave e impossibile da affrontare specie per una bambina.

Nell’ultimo messaggio, Noa Pothoven aveva scritto: “Dopo anni di combattimenti, la battaglia è finita. Dopo una serie di valutazioni, è stato deciso che posso andarmene perché la mia sofferenza è insopportabile. È finita. Da troppo tempo non vivo più, ma sopravvivo, anzi neanche questo. Respiro ma non vivo”. Riposa in pace Noa.

di Sara Carullo

LASCIA UNA RISPOSTA

Inserisci il tuo commento, grazie!
Inserisci il tuo nome qui, grazie

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.