“Mi chiedi perché pregare? Ti rispondo: per vivere”, ha scritto mons. Bruno Forte, vescovo di Chieti in Lettera sulla preghiera
di Carlo Forin
Da laico-monaco, presso che isolato a 76 anni, che compirò a fine mese, preciso: per vivere bene.
Naturalmente concordo completamente con questa sapiente lettera sulla preghiera.
Ma, da sociologo, so che la risposta pronta di ognuno sarà: io vivo a modo mio. I più aggiungeranno: senza bisogno di preghiere, perché l’agnosticismo/ateismo fa preda del 90% degli Italiani, che vivono disordinati.
La vita vissuta mi ha insegnato iniziando ogni mattina dopo aver rivolto un pensiero allo Spirito Santo e a Maria vergine, sua sede permanente come IMMACOLATA.
Vivere senza macchia è impossibile in questo mondo, dove la Chiesa è “ospedale da campo”, come dice papa Francesco.
Pronto al triage ci ripete di continuo: -Pregate per me!-, ben consapevole che ogni suo gesto origina comportamenti buoni e malevoli, quale che siano i suoi desideri. Dunque ne è responsabile.
Io prego per me, innanzitutto: per la mia anima, che ha davanti un viaggio lunghissimo. Può continuare nell’Eterno Illimitato in bene o finire perduta nel male.
Questa alternativa tra bene e male resta aperta fino all’attimo della morte.
Perciò, a Maria, madre di Dio, chiedo “prega per me adesso e nell’ora della morte”.
Chi prega ama, Dio, innanzitutto, ed il prossimo quale che sia, come Gesù ci insegna.
Io riconosco di essere limitato, legato alle abitudini. Ad ogni passo posso sbagliare.
La preghiera mi assicura la compagnia dello Spirito Santo, che è Illimitato. Anche un ateo è pronto, ironicamente, a spiegare un fatto difficile con: – Opera dello Spirito Santo!-. Io concordo senza ironie. Dunque, quando so di averlo con me, vado lieto.
Domani l’altro, domenica, celebreremo la Pentecoste, festa dello Spirito Santo.
Tu, o Illimitato, sei GIR, in zumero: giri ovunque portando il bene. Resta con me, peccatore, ora e sempre.
