Principale Politica Parlare di democrazia ad Atene

Parlare di democrazia ad Atene

Vincenzo Vespri

Ho avuto la fortuna di essere stato invitato a un convegno dell’Andis (Associazione nazionale dirigenti scolastici) ad Atene, presso l’istituto di cultura italiana. Il tema del convegno era Materie ste(a)m e democrazia dove ste(a)m è l’acronimo di science, technology, engineering, (art), and mathematics. Come non potevo accettare un’occasione simile? Parlare di democrazia proprio ad Atene, dove il concetto di democrazia è nato. Inoltre, la matematica ha molto in comune con la Grecia e con la democrazia. Sulla porta di ingresso dell’Accademia di Platone era, infatti, scritto “Nessuno entri se non è un geometra” e Orwell in 1984 scrive che democrazia è poter dire che 2+2 fa 4, tutto il resto discende di conseguenza.

Il motto di Platone esprimeva due concetti basilari del pensiero greco. Il primo era che i ragionamenti dovevano essere logici e seguire la stessa razionalità di una dimostrazione matematica. Il secondo era che la matematica era un linguaggio capace di descrivere la natura. Per Pitagora, il numero era l’archè (il principio primo) di tutto.

Orwell voleva dire che le dittature più brutali si basano sulla propaganda e sull’uso deliberato della menzogna. Questo concetto è molto ben espresso da una frase falsamente attribuita a Goebbles, frase che, nonostante la sua natura fake, ha un profondo significato, Vuol dire, infatti, che una menzogna ripetuta mille volte diventa una verità indiscutibile per le masse. Per le dittature 2+2 fa anche 5 o 6 se conviene loro. Una democrazia funziona se c’è libero confronto (non si impedisce all’altro di parlare anche se è portatore di idee contrarie alle nostre) e se si sa distinguere fra fatti accertati (come il fatto che 2+2 faccia 4 e non 5 o 6), opinioni e menzogne. Per poter basare il proprio potere sulla menzogna, il Grande Fratello utilizzava la neolingua che, riducendo e semplificando il vocabolario a disposizione dei cittadini, già a livello sintattico impediva ragionamenti più complessi di slogan propagandistici e la pratica dei due minuti di odio. Chi aveva opinioni diverse da quelle del Grande Fratello non solo era un avversario ma era anche un nemico da odiare, a cui non doveva essere consentito di esprimere le proprie opinioni, perché, per essere semplicemente in contrasto con quelle ufficiali, erano irricevibili in quanto sbagliate ed errate a priori.

La mia conferenza è partita proprio da queste premesse. Ho detto anche anche che i tempi moderni offrono strumenti molto più potenti della onnipresente TV del grande fratello. I big data e l’Intelligenza Artificiale hanno la possibilità di schedarci e profilarci (e già vengono usate per questo scopo). Inoltre, questi strumenti, nel mondo occidentale, sono ancora più pericolosi perché in mano di poche (cinque) multinazionali che hanno il potere di modificare i database, e quindi la nostra storia e  la nostra anima.

Ma l’aspetto più bello della conferenza è stato il dibattito che è seguito ai vari interventi che si erano succeduti. Un libero confronto di idee che mi rammentava i dialoghi di Platone studiati al liceo. Mancavano solo i crateri di vino portati da giovani efebi per rendere il dibattito ancora più fluido e più libero. L’essenza della democrazia è proprio la possibilità di un libero confronto di idee. E questo non poteva che avvenire ad Atene, dove la democrazia è nata. Le idee che hanno forgiato la nostra cultura le ho respirate visitando l’acropoli. Ho avuto la fortuna di imbattermi in una giornata di pioggia e vento. I turisti erano molto meno numerosi del solito e si avvertivano, quasi si respiravano le parole di Pericle e di Socrate. Mi sembrava di sentire le parole dell’epitaffio di Pericle: le più belle parole mai pronunciate in favore della democrazia:

Noi abbiamo una forma di governo che non guarda con invidia le costituzioni dei vicini, e non solo non imitiamo altri, ma anzi siamo noi stessi di esempio a qualcuno. Quanto al nome, essa è chiamata democrazia, poiché è amministrata non già per il bene di poche persone, bensì di una cerchia più vasta: di fronte alle leggi, però, tutti, nelle private controversie, godono di uguale trattamento; e secondo la considerazione di cui uno gode, poiché in qualsiasi campo si distingua, non tanto per il suo partito, quanto per il suo merito, viene preferito nelle cariche pubbliche; né, d’altra parte, la povertà, se uno è in grado di fare qualche cosa di utile alla città, gli è di impedimento per la sua oscura posizione sociale. Se guardiamo alle leggi, esse offrono uguale giustizia a tutti nelle loro differenze private … se un uomo è in grado di servire lo stato, non è ostacolato dall’oscurità della sua condizione.” La libertà di cui godiamo nel nostro governo si estende anche alla nostra vita ordinaria… noi non ci sentiamo urtati se uno si comporta a suo gradimento, né gli infliggiamo con il nostro corruccio una molestia che, se non è un castigo vero e proprio, è pur sempre qualche cosa di poco gradito. Apriamo la nostra città al mondo, e mai per atti alieni escludiamo gli stranieri da ogni opportunità di apprendere o osservare, anche se gli occhi di un nemico possono occasionalmente trarre profitto dalla nostra liberalità. In breve, io dico che, come città, siamo la scuola della Grecia, mentre dubito che il mondo possa produrre un monarca che, dipendendo solo da se stesso, sia capace di fronteggiare tante emergenze, e sia onorato da una tale felice versatilità come l’ateniese. Quanto vere e sagge sono queste parole!

Il giorno dopo, prima di rientrare a Firenze, volevo andare a visitare il museo archeologico ma ho desistito davanti alla fila. Non avrei goduto delle riproduzioni delle metope del Partenone se avessi dovuto farmi strada fra torme di turisti selfieggianti. Avrei ripetuto la frase: Odio profanum vulgus et arceo. Ma questo sentimento non è contrario alla democrazia che, fino adesso, ho tanto elogiato? Forse, ma è inevitabile. Vivendo a Firenze, sono diventato intollerante, forse anche allergico, agli sciami di turisti che vedono solo la città più turistica (opere museali ed edifici più conosciuti) e cercano di conoscere la città immergendosi in menù turistici, pub, kebab e discoteche. Quindi invece di rinchiudermi in un museo, ho deciso di passeggiare sulla roccia dell’Aeropago, intorno all’acropoli, fino al monumento di Filopappo, su una collina che domina l’acropoli e dove, tra l’altro, sorge la prigione dove fu custodito Socrate. Passeggiare fra gli ulivi, per quelle antiche vie, mi ha fatto rivivere di nuovo le conoscenze classiche imparate a scuola e con emozioni molto più forti di allora.

Saremo liberi solo se conosceremo le nostre radici, se non permetteremo a nessuno di cancellarle. Per difendere la democrazia, bisogna sicuramente dare ai nostri studenti competenze matematiche (un pensiero logico e scientifico permette di smascherare la propaganda politica dei poteri forti) ma occorre dare anche solide conoscenze di cultura classica. Non possiamo prescindere da queste conoscenze umanistiche. Ad esempio, fra pochi giorni è il 25 aprile. Circolano, sui social, foto delle atrocità commesse dai nazifascisti e dai partigiani. Stavo riflettendo che se ci fossimo lasciati guidare dalla sola giustizia, non ne saremmo mai usciti. In quel momento, per far partire una vera democrazia era necessario andare oltre la giustizia. L’atto di amnistia generale del 1946 è stato, secondo me, non un atto di giustizia ma un atto di pietas assolutamente necessario. E la pietas è una virtù tipicamente romana.  Non si dovevano dimenticare i crimini commessi, non si doveva dimenticare l’orrore del fascismo ma si doveva spezzare la catena di odio e di vendette incrociate. La democrazia si basa sulla pace, sul dialogo e sulla cultura e non sulla violenza. Anche questo dobbiamo insegnarlo ai nostri studenti. La democrazia si fonda sui valori dei nostri gloriosi avi.

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