Il Santuario del Beato Giacomo, situato nella periferia a sud-ovest della città di Bitetto, è un complesso conventuale di Frati Minori meta di intenso pellegrinaggio in quanto ospita l’urna contenente il corpo incorrotto del Beato Giacomo, umile frate di origine slava vissuto nella seconda metà del XV secolo e per il quale è in corso la causa di canonizzazione.
La Chiesa
La chiesa è sorta contemporaneamente al convento negli anni 1432-33, quando il papa Eugenio IV su richiesta del vescovo Carlo Arcamone e dall’Università di Bitetto, li autorizzò, con il breve “Piis fidelium”, a fondare una casa religiosa per accogliervi una comunità di Frati Minori Osservanti.
L’impianto architettonico e strutturale della chiesa cinquecentesca era diverso da quello attuale, sia per dimensioni che per orientamento. Unica testimonianza dell’edificio del XV secolo è l’affresco che raffigura la Vergine col Bambino in grembo collocato sulla parete destra di controfacciat
I Riformati ristrutturarono il presbiterio con la costruzione dell’attuale altare maggiore e i due cori sovrapposti retrostanti, che vennero consacrati, insieme alla chiesa, nel 1657 dal vescovo Francesco Gaeta.
Nel 1761 venne rimaneggiata e ampliata anche la facciata della chiesa, con la collocazione in alto delle tre statue raffiguranti la Vergine degli Angeli, San Pasquale Baylon e San Pietro di Alcantara. La facciata è scandita verticalmente da lesene e orizzontalmente da due trabeazioni, di cui quella centrale è arricchita da un fregio costituito da piccolo dischi ombelicati e quattro fasce scanalate. Nel secondo ordine si apre al centro la finestra barocca e in sommità si erge la cuspide con i due acroteri su cui è collocata la statua della Madonna. Nel 1762 vennero stuccati gli interni ed il pittore Giuseppe Musso dipinse a tempera sull’intonaco della volta, divisa in sei campate, i misteri della Madonna. Il dossale dell’altare maggiore è un’opera lignea riccamente decorata attribuita dallo storico Perrone all’intagliatore fra’ Giuseppe da Soleto. Sulla mensa dell’altare, il ciborio contenente il tabernacolo si erge a guisa di tempietto. Le mensole a gradini sono finemente scolpite e riportano figure di uccelli, grappoli d’uva e ornati vegetali, oltre a file di balaustri. Dietro al tabernacolo si innalza e si sviluppa lo spartito centrale, con le quattro colonne tortili abbinate che, con i loro capitelli corinzi, sostengono la fastosa trabeazione. Nella parte superiore si innalza il fastigio, composto da quattro lesene, trabeazione, attico curvilineo e medaglione centrale. Il frontespizio dell’altare tripartito contiene otto tele, due nella parte centrale e sei nelle ali. La tela centrale rappresenta il Perdono d’Assisi, con le immagini di Gesù, della Madonna e di San Francesco, circondati da decine di angeli. La tela in alto rappresenta Dio con la Colomba, simbolo dello Spirito Santo. Ai lati le tele raffiguranti gli apostoli Pietro, Giacomo, Andrea e Paolo e i due arcangeli Raffaele e Michele. Sul lato sinistro del presbiterio, è situata la Cappella del Beato Giacomo, anch’essa risultato di numerose trasformazioni ed ampliamenti. La prima cappella già nel 1580 era parte integrante della chiesa, in quanto vi fu deposto per la prima volta il corpo del Beato, traslato dalla cappella delle Stimmate dove era stato collocato nel 1505. Nel 1615 il principe Flaminio De Angelis operò un ulteriore ampliamento. Ma l’aspetto attuale della cappella è il risultato dei lavori intrapresi nel 1723 per volere di P. Bonaventura da Gioia del Colle.
La cappella è suddivisa in due campate con copertura a volta a crociera. Sullo sfondo è collocato l’altare marmoreo sormontato dalla tribuna che accoglie l’urna in vetro del Beato, alla quale si accede tramite due rampe di scale laterali. Sulle volte stuccate e sulla campata interna dell’arco di ingresso vi sono dipinti a tempera eseguiti nel 1943 dal pittore e restauratore bitettese Francesco Turchiano, raffiguranti angeli e miracoli del Beato. Sulla sinistra, una porticina introduce allo stanzino degli ex voto, dove attualmente è stato collocato in una nicchia il Reliquiario contenete il Dito del Beato.
L’urna contenente il corpo del Beato Giacomo fu progettata dall’ingegnere Luigi Sylos nel 1912 e realizzata dalla ditta Bertarelli di Milano. Ha forma rettangolare ed è in bronzo dorato riccamente decorato e vetro. La base si compone di due fasce: la prima è sbalzata tutta in giro da un fitto panneggio, con quattro piccoli mostri alati agli angoli; la seconda è un intreccio di foglie disposte orizzontalmente e con ordine inverso dopo ogni gruppo di quattro. La cornice, costruita con volute e palmette, ha al centro un rosone e agli angoli gli stemmi della città di Bitetto e dell’ordine francescano.
Le precedenti urne, una risalente al 1587 e donata dal duca Francesco Carafa, l’altra del 1650 e attribuita al Conte di Conversano, sono esposte in una sala del convento insieme ad altre reliquie. Reliquario contenente il Dito del Beato è una bella costruzione gotica, in bronzo dorato e misura 56 cm di altezza e 39 cm di circonferenza massima. La base è una corolla di sei petali sostenuti da altrettanti piedi. Il gambo ha il nodo mediano ingemmato con sei rosette. L’urnetta è di forma esagonale e contiene avvitata la cassettina ovale con il Dito.
È coperta da una cupola alla cui base si inflettono sei archetti polilobati e cuspidati. Sul vertice si innalza la cuspide terminale. E’ stato realizzato nel 1947 dalla ditta Bertarelli di Milano.
I Riformati nel 1625 intrapresero lavori di ristrutturazione del convento. Servendosi dei loro architetti ricostruirono il piano superiore, secondo precisi canoni architettonici, con corridoi stretti e celle piccole. Le celle si affacciano da una parte sull’orto e dall’altra sulle terrazze che corrono sulle volte del quadriportico. Fecero anche dei lavori di consolidamento a piano terra, alzando nuovi muri di sostegno, e affrescarono i corridoi e le celle con storie di santi, di beati e di personaggi illustri dell’Ordine.
Nel 1823 venne edificato un nuovo corpo di fabbrica a due piani che si innesta ad ovest sulla pianta quadrilatera del convento e che si inoltra nell’orto. Questa nuova ala, oltre alle celle destinate ai novizi fino al 1866, comprende anche una serie di ambienti adibiti a cappella, biblioteca, laboratori. I lavori condotti dall’architetto Angelo Turchiano, hanno restituito al complesso religioso la sua originaria funzione di importante centro di spiritualità per religiosi e laici. Attualmente i locali a piano terra situati nell’ala ovest del convento, sono stati adibiti a Museo della Devozione e del Lavoro e, nel periodo natalizio, vengono utilizzati per la rappresentazione del Presepe Vivente.
Il chiostro è un porticato a pianta quadrilatera, con tre archi per ogni lato, sormontato da terrazze scoperte sulle quali si affacciano le celle del primo piano.
I portici hanno le volte a crociera, e un tempo erano tutti affrescati sulle campate e sui pilastri con lunette ed ovali. Oggi il ciclo pittorico si presenta non omogeneo e di epoche diverse, sia per la scomparsa di alcuni affreschi originari risalenti alla seconda metà del secolo XVII, sia per i successivi restauri che hanno modificato i connotati stilistici di alcune scene pittoriche.
Nelle lunette sono rappresentate scene che riguardano San Francesco, il Beato Giacomo e S. Antonio, mentre i medaglioni dipinti posti tra le lunette e sui pilastri del portico riportano figure di santi e sante, martiri, beati e frati illustri.
Tra i dipinti più significativi che vi troviamo c’è S. Francesco nel castello di Bari, dove è riportato un episodio avvenuto durante il suo soggiorno nel castello di Bari. La leggenda narra che Federico II, per metterlo alla prova, sottopone San Francesco al tentativo di seduzione da parte di una giovinetta, ma lui si sdraia su un letto di carboni ardente. All’interno del cortile, in posizione decentrata, si erge una struttura architettonica di circa tre metri costruita nel 1750 per proteggere il cedrangolo che il Beato avrebbe piantato nel 1485. È una sorta di tempietto impostato su tre gradini a pianta ottagonale di diversa altezza. Gli otto pilastrini reggono una trabeazione coronata da una cupoletta sferica aperta al centro per il passaggio del tronco dell’albero, ormai secco.
Giacomo Marcariio
Editorialista de Il Corriere Nazionale