Principale Politica Regionali Sardegna. Todde vince la sfida: il big dramma del centrodestra

Regionali Sardegna. Todde vince la sfida: il big dramma del centrodestra

Il big dramma si è consumato. Flop per Truzzu, il candidato del centrodestra alle Regionali in Sardegna. Alessandra Todde, candidata del centrosinistra vince col 45,3%, Truzzu si ferma al 45%. Ora tutta l’attenzione è calamitata a capire se, e quanto, questa sconfitta peserà sugli equilibri all’interno della maggioranza. Tuttavia, le crepe nel centrodestra sono sempre più profonde. Tanto che gli equilibri su cui poggiano attualmente le alleanze sembrano sempre più traballanti. La conferma è anche nella mancata intesa nel centrodestra sulle altre candidature – Basilicata, Firenze, Bari, Lecce.

Regionali Sardegna. Todde vince la sfida: il big dramma del centrodestra

Sull’esito delle elezioni regionali è stato scritto molto. Perciò proviamo ad andare al di là delle statiche fotografie che ci restituiscono gli editoriali di questa mattina. E buttiamo un occhio alla dinamica realtà che oggi, il giorno dopo lo spoglio elettorale, ci troviamo a dover commentare. I numeri e le percentuali, sono noti a tutti. E sono facilmente consultabili online. Su qualunque testata giornalistica. Ma cosa ci raccontano? Sicuramente della  defaillance del centrodestra. E della vittoria trionfale della sinistra. Questo dato però fa riflettere su un fatto. Il casus belli sul candidato alle Regionali in Sardegna dunque, ingenererà una serie di inevitabili polemiche interne alla coalizione. Anche perché è stata la Premier Giorgia Meloni, a imporre il candidato del centrodestra. Il tema di fondo, tuttavia, è la strategia che la destra e la sinistra stanno predisponendo per la conquista dell’elettorato in vista del prossimo voto europeo dell’8-9 giugno. Giorgia Meloni, di FdI, è la rappresentante del partito che più di altri, ha allargato in maniera significativa il bacino elettorale da cui attingere consensi. Compiendo una scalata di preferenze costante e di rilievo. Tuttavia, è risaputo che in politica restare fermi non è sempre una buona scelta. Ma muoversi troppo può essere dannoso, e alla destra servono le idee, non candidature “blasonate da muovere sulla scacchiera della politica. Soprattutto, in un momento specifico e circostanziato, come quello attuale, con l’apertura di un processo di ricollocazione geopolitica internazionale. Mentre l’avanzata della sinistra non può portare che ad una conclusione. Che il centrodestra ha subito una forte battuta d’arresto. Emblema di tale, “annunciato” fallimento, risiede nell’aver disperso un patrimonio di fiducia e speranze che inizialmente la coalizione aveva avuto il merito di suscitare sull’opinione pubblica. Perchè capaci di parlare alla pancia della gente. Ma, del tutto incapaci però di portare a decisi cambiamenti nella vita dei cittadini. I sogni quindi si sono dissolti in bruschi risvegli. Pertanto si arriva alla conclusione di questa parentesi elettorale. In questo quadro ad uscirne bene è solo il PD di Schlein? Forse. Allo stato attuale è il primo partito con il 14,2% seguito da FdI col 13,8% e M5s al 7,7%. Dunque, mutatis mutandis, è quanto accade alla sinistra. Interlocutrice naturale del popolo. Finalmente riesce a parlare, e a comunicare con la propria base. E a non rimanere distaccata. Lontanissima, e pigra nei comodi salotti della propria superiorità. E a guardare, dall’alto di una torre, le piazze piene riempite da qualcun altro. Questo è ciò che i dem del nostro Paese sono riusciti a fare. Procedere a severe autocritiche e a cambi di leadership. Per dar voce a chi si sente silenziato in casa propria. Dialogare e affacciarsi nuovamente con la cautela del principiante nelle piazze, nelle strade. Per capire cosa dice la gente comune. Recuperare il contatto con una realtà che non si era più in grado di leggere da troppo tempo. Per fornire risposte concrete e chissà, magari più affidabili di quelle gridate dagli urlatori.

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