« … andai apposta a Tricàrico, con Rocco Scotellaro
Il paese era svegliato, a notte ancora fonda, da un rumore arcaico, di battiti di strumenti cavi di legno, come campane fessurate: un rumore di foresta primitiva che entrava nelle viscere come un richiamo infinitamente remoto; e tutti salivano sul monte, uomini e animali, fino alla Cappella alta sulla cima ….
Qui venivano portati gli animali, che giravano tre volte attorno al luogo sacro, e vi entravano, e venivano benedetti nella messa, con una totale coincidenza del rituale arcaico e magico con quello cattolico assimilante.. » cosi Carlo Levi (1902 – 1975) descrive la festa di Sant’Antonio Abate in uno dei tanti, forse tutti, paesi della Basilicata che dà inizio il 17 gennaio al carnevale.
Durante il periodo di carnevale “dove ogni scherzo vale”, inizia lo scambio dei ruoli sociali, i ricchi si travestono da poveri e i poveri da ricchi, i prelati vengono raffigurati con rosari di salsicce al collo. Periodo dove sono presenti riferimenti metaforici di dileggio religioso e scambi di ruolo anche sessuali, dove l’uomo si traveste da donna compiacente mentre la donna si traveste da uomo burbero e di non “facili vedute”, diventando cosi espressione del bisogno di un temporaneo scioglimento degli obblighi sociali e delle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo ed anche alla dissolutezza.
Carnevale diventa cosi espressione di una allegrezza abbinata alla sottile volgarità, di una satira dissacratoria in contrasto con la quaresima a cui si dona nell’ultimo giorno della sua festa. Carnevale è il riconoscimento di quella ambiguità che, confondendo realtà e apparenza, verità e finzione, mira ad offuscare , per un determinato periodo, la normalità delle cose, diventa l’esaltazione sfrenata del godimento fine a sé stesso. Festa che spesso costituisce più che un’innocente divertimento, un desiderio di fuggire dalla monotonia del vissuto, uno dei tanti diversivi dove si cerca l’alibi per fugare noia, tristezza e desideri repressi.
L’’etimologia stessa del termine carnevale risale, con ogni probabilità, al latino carnem levare, togliere la carne, espressione con cui nel Medioevo si indicava la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne a partire dal primo giorno di quaresima, vale a dire dal giorno successivo alla fine del carnevale, sino al “giovedì santo” prima della Pasqua.
Ecco allora cuocere le salse grasse, banchettare con fritti accompagnati a fiumi di vino, cucinare salsicce preparare ogni sorta di polpette, raccontare e far rivivere allegoricamente i desideri di uscire fuori dalla banale quotidianetà per vivere un brevissimo periodo di sfrenatezza sociale, culturale e gastronomica,.
A Tricarico , San Mauro Forte e Montescaglioso , paesi della provincia di Matera il carnevale si presenta con un prezioso retaggio di cultura ancestrale dove anche la persona semplice diventa non solo spettatore ma complice che si trova coinvolto, catturato, da immagini e suoni che balzano dalla notte dei tempi. A San Mauro Forte diverse squadre di portatori di campanacci percorrono le vie del paese al suono rumoroso dei campanacci. Quelli più lunghi sono detti di sesso maschile,
mentre quelli più larghi di sesso femminile. La festa di antiche origini ha significato apotropaico e propiziatorio di sollievo dai malanni e di abbondanza dei raccolti. La chiusura del carnevale si celebra con il funerale e il lamento funebre del fantoccio bruciato in piazza (da -www basilicatanet.com).
Mentre a Tricarico l’uomo si traveste da animale, le mucche e i tori sono impersonati da persone che fanno rivivere attraverso la trasformazione del proprio ruolo, la vita degli animali durante la transumanza. I partecipanti mimano l’andatura ed i movimenti degli animali, comprese le “prove di monta” dei tori sulle mucche con il fragore dei campanacci che le accompagna. che rappresentano una mandria in transumanza. La” mandria” di uomini travestiti da animali si muove all’alba ripercorrendo le strade del paese verso il centro storico e attraversa tutti gli antichi rioni con il suono cupo dei campanacci.
La maschera da mucca è costituita da un cappello a falda larga coperto da un foulard e da un velo e riccamente decorato con lunghi nastri multicolori che scendono fino alle caviglie; la calzamaglia indossata , in alternativa maglia e mutandoni di lana, è decorata con nastri o foulard dai colori sgargianti al collo ai fianchi alle braccia ed alle gambe La maschera da toro è identica nella composizione ma si distingue per essere completamente nera con alcuni nastri rossi
Ogni maschera ha un campanaccio diverso nella forma e nel suono a seconda che si tratti di mucche o di tori (da www.lemaschereditricarico.it) A Montescaglioso il carnevale nasce soprattutto dalla cultura dei massari e dei braccianti.
“ A notte avanzata nel pieno del carnevale rocchettaro, compare il funerale di Carnevalone. Un fila di preti e frati esaltati precede il feretro di Carnevalone portato a spalla dagli amici disperati e seguito dalla vedova allucinata che in grembo porta già Carnevalicchio. Il corteo si fa largo tra la folla e in piazza il feretro è bruciato, mentre la consorte dell’estinto partorisce Carnevalicchio. A mezzanotte in punto dal campanone della Chiesa Madre, partono 40 lugubri rintocchi che segnano l’inizio della Quaresima.
Inizia la penitenza, la festa è finita, ma Carnevalicchio è già nato e pronto per la prossima annata. Nel giorno dopo, il mercoledi delle ceneri, nei vicoli già compaiono le sette figure della “Quaresima” appese ad una corda per ricordare a tutti gli obblighi del buon cristiano per la Pasqua che è vicina. Ma questa è un’altra festa.” (da www.clarita.it-carnevale Montese)
Ricette
Cavatelli del Martedi grasso con sugo di salsiccia grassa e mollica di pane fritta
1) la pasta vien preparata con una delle più antiche farine del Parco Nazionale del Pollino ” la carosella” chiamata anche maiorca. La farina è impastata con acqua, un uovo, un pizzico di sale, e lavorata fino a diventare un impasto morbido ed elastico.
Tagliata a panetti la pasta viene arrotolata creando dei bastoncini, quindi con un coltello apposito( rasorra) viene divisa in cilindri scavati con un dito o con un apposito ferro, ad ottenere cosi la pasta cavata, cavatelli per l’appunto.
2) a parte si prepara un sugo con uno spicchio d’aglio e prezzemolo, quindi si aggiunge la salsa di pomodoro e la salsiccia intera bucherellata, a meta cottura si aggiunge anche una polpetta precedentemente fritta e dorata.
3)in un padellino si versa un poco di olio extravergine , quindi si fa tostare la mollica di pane, ultimata si aggiunge un cucchiaio di polvere di peperone
4) cotta la pasta si condisce con la mollica di pane sfritta con polvere di peperone e si versa sopra un mestolo di sugo.
piacere si può grattare del rafano.
Polpette di carnevale patate,
pecorino, uva sultanina, mollica di pane ,pezzettini di salsiccia e soppressata
Si schiaccia la patata, si aggiunge la mollica di pane grattugiata, uno spicchio, d’aglio, del pecorino grattugiato finemente, un poco di prezzemolo tritato, pezzettini di salsiccia stagionata, qualche pezzettino di soppressata stagionata,l’uva sultanina fatta rinsavire in acqua tiepida e un uovo, sale.
Si impasta il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo, quindi si preparano le polpette che vanno soffritte e dorate in abbondante olio extravergine di oliva. Una polpetta va nel sugo le altre presentate dorate.
Chiacchiere
300 gr di farina,
due uova,
50 gr burro,
50 gr di zucchero,
due cucchiai di rhum (a piacere),
limone,
sale,
olio d’oliva.
Amalgamare farina, zucchero, uova, scorza di limone grattugiata, burro e liquore; lasciare riposare l’impasto per 30 minuti e poi stenderlo con due mm di spessore; tagliarlo con una rondella coi denti in strisce di 15×4 cm; annodare le strisce ,in alcune paesi vengono fritte senza annodarle, e friggerle in olio d’oliva bollente fino alla doratura; lasciarle asciugare su carta gialla e servire calde cosparse di zucchero a velo o miele.