Principale Arte, Cultura & Società Il modern banking nella Napoli del Cinquecento

Il modern banking nella Napoli del Cinquecento

di Francesco Antonio Schiraldi

Nella Napoli di impronta spagnola, intorno alla metà del Cinquecento, si fece strada la banca moderna introdotta da una rivoluzionaria un’innovazione finanziaria. L’idea riformatrice si sintetizzò nella formula: «Noi Governatori facciamo fede tenere creditore in nostro Banco il Signor…per ducati ‘n’ e restituiremo alla consegna di questa fede firmata e sigillata». Prese avvio infatti l’emissione di fedi di credito e polizze assimilabili ad assegni circolari e in conto corrente, con cui si dette corso alla circolazione cartacea. Si trattò per i tempi di una vera rivoluzione, perché fino a quel momento per le transazioni erano utilizzate le monete metalliche, ma la scarsità di argento e oro frenava l’espansione economica.

Il fondamentale passaggio è stato ricostruito dagli studiosi attraverso l’immensa documentazione custodita nell’Archivio Storico del Banco d Napoli: 330 stanze e 20 mila metri quadrati di scaffali in cui è conservato tutto, a cominciare dalle fedi di credito fino ai Libri Maggiori degli otto Banchi Pubblici. Le radici di questi Banchi risalgono al 1463, con l’attività di Casse di deposito degli enti caritativi, mentre diventarono poi gli istituti di credito da cui nascerà il Banco di Napoli.

Per quali ragioni si può puntualizzare la nascita della banca moderna a Napoli, per merito dei Banchi Pubblici? Gli istituti sono definiti così non perché appartenenti allo Stato, bensì perché nati da istituzioni che svolgevano opere filantropiche, quali ospedali o Monti di Pegno per poveri. Chi depositava soldi metallici in uno dei Banchi, poteva chiedere l’emissione di fedi di credito e di polizze, mentre, chi veniva pagato attraverso questi strumenti, incassava moneta metallica nella stessa banca, oppure effettuava la girata ad un’altra persona o presso un altro Banco. Gli istituti organizzavano una stanza di compensazione, svolgendo attività interbancaria e garantendo una maggiore circolazione cartacea. In precedenza accadeva che pagatore e pagato dovessero recarsi nello stesso momento e nella stessa banca, a cui incombeva trasferire le somme da un deposito all’altro. La moneta però non era liquida, mentre fedi di credito e polizze alimentavano una circolazione cartacea che scorreva ed era sì liquida.

Le prime fedi di credito e polizze risalgono al 1570-80, poi sono cresciute in maniera sempre più consistente. L’Archivio del Banco di Napoli ne conserva milioni, per quanto i Banchi Pubblici, autorizzati con licenza vicereale spagnola, alimentarono ulteriori innovazioni. Essi effettuavano prestiti sebbene fossero vietati dalla legge bancaria se non al Governo e ai poveri, procedendo in tre direzioni: emettendo fedi e polizze senza il corrispettivo deposito di moneta metallica o per un ammontare superiore, oppure consentendo scoperti di conto corrente rinnovabili all’occorrenza, ovvero acquistando in modo fittizio immobili con retrovendita per cui alla fine tornavano al proprietario e il Banco intanto incassava le rendite.

Le innovazioni finanziarie, con evidenza, comportavano elusione e aggiramento delle regole, ma le autorità chiudevano un occhio pur di consentire lo scorrere degli affari. Quando nel 1622 si profilò una grande crisi, le autorità intervennero in base al noto principio too big to fail, troppo grandi per fallire, mettendo in pratica misure che addirittura anticipavano il bail-out, con le tasse girate ai Banchi, ovvero il Bail-in con parte del costo della crisi addossata ai partecipanti.

Tutto ciò è documentato nell’Archivio del Banco di Napoli, il più grande labirinto di documenti bancari del mondo, in cui scorrono oltre cinquecento anni di storia economica e sociale di Napoli e del Mezzogiorno, con sporadiche escursioni in Europa. I libri del Banco dell’Annunziata, in particolare, contenenti la certificazione di attività bancaria fin dal 1463, ci permettono persino di retrodatare a quest’anno la nascita del Banco di Napoli.

Nell’Archivio del Banco sono documentati capitoli fondamentali anche per l’arte e la storia: esemplare il racconto della famiglia del palazzo e della Cappella dei Principi di San Severo, con Raimondo di Sangro che commissiona a Giuseppe Sammartino il celebre ‘Cristo velato’: apprendiamo dal giornale copia polizze del Banco della Pietà che, nel 1754, il lavoro fruttò allo scultore ben 500 ducati. Negli scaffali dei Palazzi Ricca e Cuomo, peraltro, sono custoditi anche i documenti che riportano le spettanze di Gioacchino Rossini, Gaetano Donizzetti e Giuseppe Verdi, acclamati protagonisti di grandi stagioni del Teatro San Carlo.

Un ricchissimo intreccio tra affari, arte, musica e vita popolare, poiché le 330 stanze dell’Archivio Storico del Banco di Napoli custodiscono il percorso e la contabilità della banca moderna con la capitale partenopea  culla riformatrice del sistema bancario

ph www.www.npr.org

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