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Le figli e i figli dell’esercito israeliano

Donne e uomini dell'esercito israeliano

Le figli e i figli dell’esercito israeliano

di Evelyn Zappimbulso

Quello che è successo il 7 ottobre è stato un terribile schiaffo ai servizi di intelligence.

Oltre ad aver terrorizzato nel profondo la popolazione israeliana per la sua portata, questa presa di ostaggi ha anche concretizzato una delle sue peggiori preoccupazioni: la cattura di civili, in particolare donne, bambini e anziani. A causa della loro vulnerabilità, ma anche del posto speciale delle donne nella cultura ebraica, questa presa di ostaggi rappresenta una vera e propria rottura simbolica.

La preoccupazione di Israele per il destino degli ostaggi si innesta su profonde tradizioni storiche e religiose.

Quando un ebreo veniva catturato, in particolare da non ebrei, la dimensione religiosa della detenzione e il criterio di salvataggio erano intrinsecamente legati alla sua identità.

L’esercito israeliano ha stipulato in periodo contemporaneo un profondo contratto morale con la società. La sua stessa essenza è legata al modello di coscrizione obbligatoria attuato nel Paese. A ogni famiglia di un giovane cittadino ebreo che presta servizio militare viene implicitamente assicurato il sostegno indefettibile di Tsahal per garantire il ritorno del proprio caro in caso di cattura, sia da vivo che da morto. I soldati sono considerati, per usare una famosa espressione, come «le figlie e i figli di tutti» e sono regolarmente al centro degli scambi di prigionieri con Hamas o Hezbollah.

I soldati israeliani sono regolarmente incoraggiati a correre rischi per aiutare i feriti o recuperare i corpi dal campo di battaglia. In questo contesto, l’incapacità di proteggere un fratello in armi è vista come una fonte di vergogna, a cui si aggiunge il rischio per la sicurezza, visto che la cattura potrà essere sfruttata da gruppi armati.

L’intenzione di Hamas è chiara: inquinare il conflitto. A differenza di altri attacchi terroristici su larga scala, come l’11 settembre 2001 negli Stati Uniti o il 13 novembre 2015 in Francia, il rapimento di quasi 150 cittadini israeliani inserisce l’attacco del 7 ottobre 2024 in una nuova temporalità. Prolunga, potenzialmente all’infinito, la tragedia vissuta da Israele, impedendo il lutto e la ricostruzione fino a quando tutti gli ostaggi non saranno tornati a casa.

Redazione Corriere di Puglia e Lucania 

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