Principale Economia & Finanza Cina: la politica monetaria “anti-Mario Draghi” sorprende i mercati

Cina: la politica monetaria “anti-Mario Draghi” sorprende i mercati

Addio governo Draghi: è passato un anno da quel 21 luglio 2022 che mise fine all’esperienza del governo italiano guidato dall’ex presidente della Bce Mario Draghi. Quello è stato anche il giorno in cui la BCE di Christine Lagarde nonostante il pericolo di un attacco speculativo ai BTP e quindi il rischio di un’impennata dello spread BTP-Bund, è andata dritta per la sua strada, annunciando il primo rialzo dei tassi nell’area euro in 11 anni con una compressione di 50 punti base. La BCE di Christine Lagarde ha deciso quello stesso giorno 21 luglio 2022 di annunciare, a fronte del rialzo dei tassi, una sorta di scudo salva BTP anti spread: non proprio la soluzione sperata dai mercati che, intimiditi dalla fine dei giochi del governo Draghi, avevano chiesto sostegno, a favore dell’Italia ormai orfana di Mr. Whatever It Takes, più difficile. Con la fine dell’era dei tassi negativi si è aperto un nuovo capitolo della politica monetaria della banca centrale europea, che avrebbe visto protagonisti, in tutto, otto inasprimenti monetari consecutivi, per un ammontare complessivo di 400 punti base. Lagarde ha dunque, inaugurato una fase storica che avrebbe visto, contro Francoforte, scendere in campo lo stesso governo Meloni, contrariamente a una carrellata di mosse ormai considerate da molti per soffocare il Pil. E non è tutto visto che, nella prossima riunione dell’Eurotower della prossima settimana, giovedì 27 luglio, la BCE annuncerà l’ennesimo rialzo dei tassi, nell’ambito della sua estenuante lotta all’inflazione che, come l’ha definita Christine Lagarde, resta tenace.

Cina: la politica monetaria anti-Mario Draghi sorprende i mercati

I mercati globali per settimane ormai, sono rimbalzati tra l’entusiasmo per un boom di stimoli cinesi e la delusione per il fatto che Pechino si stesse prendendo una pausa per scuotere un’economia in rallentamento. Tuttavia Xi Jinping ha optato per una strategia intermedia. E per l’economia globale, i segnali della riunione di questa settimana del Politburo, il massimo organo decisionale del Partito Comunista, sembrano negativi a breve termine, ma con prospettive positive a lungo termine. La direzione politica che viene fotografata, appare abbastanza accomodante, ma non sembra segnalare uno stimolo molto più significativo in arrivo a breve termine. Il premier Li Qiang sta rimettendo in primo piano le riforme. In altre parole, Pechino si preoccupa più di evitare i cicli di boom/bust (espansione/frenata). Secondo alcuni economisti, l’orientamento conservativo indica, nella migliore delle ipotesi, una stabilizzazione o una debole ripresa nella seconda metà. Invece di piani aggressivi per un massiccio allentamento monetario e  piani di espansione fiscale – come avevano ipotizzato i mercati –  Pechino concentra politiche prudenti con un’enfasi su tasse e commissioni più basse e incentivi a maggiori investimenti. Piuttosto che forti cali dello yuan per aumentare le esportazioni, la Cina si concentra sul catalizzare una maggiore innovazione scientifica e tecnologica e dare al settore privato più spazio per prosperare e creare nuovi posti di lavoro ben pagati. Invece di decine di decreti dall’alto o programmi pubblici per la creazione di posti di lavoro, la strategia è che lo sviluppo di un fiorente settore delle micro, piccole e medie imprese, è un modo più efficace per affrontare la disoccupazione giovanile record rispetto a uno stimolo su larga scala. Ciò che Xi e Li stanno adottando, potrebbe essere meglio definito l’approccio “anti-Mario Draghi”, evitando l’impegno dell’ex capo della Banca centrale europea di “fare tutto il necessario” per stabilizzarsi attraverso l’allentamento monetario, per ravvivare la più grande economia asiatica.

 

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