Principale Arte, Cultura & Società Quando la pop art diventa il passion fruit della vita!

Quando la pop art diventa il passion fruit della vita!

Dario Patruno

Ho intervistato Filippo Quaranta,54 anni dirigente amministrativo in una Pubblica Amministrazione, vive a Foggia, artista per passione. Gli abbiamo chiesto innanzitutto di presentarsi.

Per dar vita ai miei collage e décollage mi servo dei materiali di scarto culturale della società dei consumi: vecchie riviste (mai più riviste) quotidiani (d’un quotidiano ormai remoto), cartoline (spedite o mai spedite), dispense (ormai non più indispensabili), quaderni (già scritti o da scrivere ancora), manifesti pubblicitari (scaduti già il giorno dopo l’affissione). Perlustro e setaccio i mercatini di quartiere, i rigattieri, i second- hand di ogni luogo che mi capiti di visitare; ma anche le cantine di amici e parenti, le edicole cadute degli antichi templi dell’informazione, i cesti delle offerte. In arte mi chiamo “nepo”. Sono un collagista. Lo avrete capito, rigorosamente “analogico”.

Come e quando nasce questa passione?

La passione nasce da ragazzo, alimentata da un’innata autentica ossessione verso le immagini. Ricordo che prima di buttare via un quotidiano o una rivista, ritagliavo e mettevo da parte tutte le foto che in qualche modo catturavano la mia attenzione. Mi metteva tristezza pensare che, altrimenti, sarebbero finite per sempre nel cassonetto dei rifiuti. Sottotraccia, quindi, sono da sempre un collagista, anche se la produzione più o meno continua di collage, è cominciata molto tempo dopo, in età matura, intorno al 2013.

Da dove nasce l’ispirazione per la sua forma di espressione artistica?

L’ispirazione nasce dal mondo che mi circonda, in tutte le sue forme e dalle mie passioni. Gli stimoli sono molteplici. Mi piace il cinema, la natura, la pittura, la fotografia, l’illustrazione, la poesia, lo sport, la musica, i fumetti, l’architettura, il design, la grafica pubblicitaria, la streetart, il collezionismo. Trovare immagini afferenti a queste passioni non è difficile e cercare di combinarle tra loro in modo artistico mi diverte, mi rilassa, è quasi una sorta di “terapia”. Col collage, sai da dove parti e non sai mai vai dove vai a finire: più stimolante di così. Non per niente “il collage” ricorre trasversalmente in tutte le correnti artistiche del novecento: dal cubismo (si pensi ai “papiers colle’s” di Juan Gris, Braque e Picasso) al Futurismo, al movimento Dada (Tristan Tzara, Picabia, Raoul Hausmann, Hannah Hoc) fino al Bauhaus. E poi i Costruttivisti, le Avanguardie russe (Gustav Klucis, Valentina Kulagina). Hanno utilizzato il collage anche Matisse negli anni quaranta (Gouaches Decoupés), i Neodada, il movimento Nouveau Realisme, la Pop Art inglese e statunitense. Anzi, l’opera che ha dato il via alla Pop Art è proprio un minuscolo collage dell’inglese Richard Hamilton, il famoso “Just what is that makes today’s homes so different, so appealing?”. Ed ancora il Lettrismo, la Poesia visiva (Sarenco, Lamberto Pignotti, Ketty La Rocca), la Mail Art, le controculture degli anni sessanta e settanta.

Quante opere ha realizzato e quale arco di tempo coprono?

Le opere non le ho mai contate, ma l’archivio è cospicuo, considerando che dal 2013 la produzione non ha subito rallentamenti. Lavoro su formati diversi: dalle mini serie sulle cartoline illustrate (sia viaggiate, sia nuove) ai lavori su carta, cartoni, ceramica, vetro, plastica, legno, tele di varie dimensioni. Un lato non trascurabile di ciò che realizzo è molto legato all’ambiente, al riciclo, al concetto di “economia circolare”, alla sfida molto stimolante che nasce dal volere realizzare un qualcosa che possa definirsi in qualche modo “arte” partendo da immagini e ritagli ricavati da riviste destinate al macero, su supporti anche loro riciclati (per esempio, riciclo tantissimo i cartoni dei pacchi amazon). L’idea, forse utopica, del “no waste” applicata all’arte… 

Ha un maestro o musa ispiratrice?

Il Maestro al quale mi ispiro, mio mito personale da sempre, è il conterraneo Mimmo Rotella, uno dei più importanti artisti italiani del novecento, esponente del “Nouveau Realisme”, che ha imposto nel mondo dell’arte, a partire dagli anni cinquanta, i suoi meravigliosi “décollage”. Nei miei sogni di adolescente avrei voluto essere il suo assistente. Mi piacciono molto anche i lavori del francese Jacques Villeglè, anche lui nel gruppo del “Nouveau Realisme”, anche lui alle prese con gli “strappi” dei cartelloni pubblicitari dai muri delle città.

E’ in contatto con altri artisti italiani e stranieri esponenti della pop art?

Certo, con tantissimi artisti. Con alcuni spesso nascono anche interessanti “collaborazioni”. E la rete in questo senso aiuta molto. Un social media come Instagram, per esempio, consente di pubblicare le proprie opere e creare una rete con artisti da tutto il mondo, scambiando opinioni, tecniche e utili consigli. Il collage, contrariamente a quello che si possa pensare, è attualmente molto diffuso. Sostanzialmente suddiviso in due grossi gruppi: il “digital collage”, dove in pratica l’opera nasce interamente su computer, con programmi di grafica tipo photoshop, e “l’analog collage”, il collage “old school”, quello interamente fatto a mano, con forbici e colla. Naturalmente esiste una terza via, quella in cui analogico e digitale si incontrano e nasce un collage ibrido.

 

Se dovesse chiedere qualcosa alla politica cosa chiederebbe?

Serietà, onestà, lungimiranza, passione e investire tanto sulla cultura, sulla bellezza, sull’arte. L’arte, come ha recentemente scritto lo scrittore e divulgatore televisivo Alain De Botton per la sua celebre School of Life, tiene accesa la speranza, agisce contro la solitudine, aiutandoci a comprendere come i nostri stati d’animo siano comuni a molte altre persone al mondo, porta equilibrio interiore e ci fa apprezzare il mondo intorno a noi, insegnandoci ogni giorno quello che è importante della vita. L’arte come propaganda del lato migliore degli uomini. Aveva proprio ragione lo scrittore russo Fedor Dostoevskij quando fece dire al personaggio protagonista del romanzo “L’idiota”: la bellezza salverà il mondo.

Basterà, non so, ma è un messaggio incoraggiante e al di là delle passioni e inclinazioni artistiche, vale la pena accogliere e praticare nel quotidiano.

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