Principale Arte, Cultura & Società “Il milione”, ovvero i 10 anni di spopolamento dell’Italia meridionale

“Il milione”, ovvero i 10 anni di spopolamento dell’Italia meridionale

Nulla si crea né si distrugge, ma tutto cambia, dicevano. E, mentre ci riflettiamo ancora su, intere zone del nostro piccolo mondo antico vengono salutate, a volte per sempre. Opportunità, sicurezze, scelte? Sembra che si cerchino spesso tante scuse e le solite ipotesi per i troppi dati statistici impietosi, superati i quali si può solo sperare in una sana inversione di marcia

Gli ultimi dati diffusi da Confcommercio registrano che il Sud d’Italia avrebbe perduto quasi un milione di residenti nell’arco degli ultimi dieci anni, un numero che prontamente ha posto seri interrogativi sul futuro del territorio.

Se è pur vero che si parla di zone in cui l’emigrazione – e ultimamente anche l’immigrazione – è sempre stata una costante, al di là se si trattasse di migrazioni interne (verso il Nord) o esterne (verso altre nazioni), la tendenza dell’ultimo periodo starebbe vedendo sempre più intensificarsi questo fenomeno tipicamente nostrano, al punto da raggiungere cifre spropositate e, comunque, anacronistiche.

Numeri e cause della “desertificazione umana” del meridione

Per questo motivo la Confederazione Generale Italiana delle Imprese, delle Attività Professionali e del Lavoro Autonomo (Confcommercio) ha deciso di lanciare l’allarme evidenziando che, proprio a causa delle stabilizzazioni all’estero e delle nascite diminuite, “gli occupati del Sud d’Italia sono ora inferiori a quelli di 30 anni fa”, segnalando un calo dell’1,7% rispetto alla crescita nazionale del +6,5%. Tra le regioni più afflitte dal decremento demografico figurerebbero Molise, Basilicata e Calabria, le quali avrebbero annoverato un abbassamento percentuale del proprio indice quantitativo di popolazione compreso tra l’11 e il 12%.

Le ragioni di tutto ciò? Diversi sarebbero i fattori alla base di questa brutta situazione. Prima di tutto, l’estinzione fisiologica delle generazioni più anziane non sarebbe mai stata pienamente compensata dall’insediamento di quelle nuove. Poi ci sarebbe la questione che sempre più diplomati, ormai, decidono di trasferirsi verso il settentrione italiano per continuare a studiare, lavorare o vivere. In ultimo, ma non per importanza, anche l’emigrazione di giovani e meno giovani verso altre realtà sociali europee – e non – starebbe contribuendo a questa desertificazione umana: si conta che nei dieci anni passati, infatti, il Bel Paese abbia registrato un saldo negativo (tra partenze e rientri) di quasi 500.000 connazionali, la metà dei quali avrebbe un’età compresa tra i 15 e i 34 anni.

In aggiunta a queste componenti, pare che anche la denatalità e l’innalzamento dell’aspettativa di vita stiano trasformando l’Italia in una sorta di “terra più anziana d’Europa“, con notevoli implicazioni sociali ed economiche.

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In fuga verso la grande città (come nell’Ottocento)

Le proiezioni di Eurostat, inoltre, segnalano come entro il 2050 la nostra amatissima e grande nazione potrebbe perdere tra i 2 e i 10 milioni di abitanti, con un aumento approssimativo di 6 milioni di anziani che rappresenteranno oltre il 30% della popolazione (attualmente si stima che siano il 22,4%, ma potrebbero arrivare a pesare tra il 33,8% e il 37,9% dei cittadini totali nel 2050). Questo declino demografico si starebbe poi riflettendo persino in un cambio d’assetto socio-abitativo, comportando anche un classico spopolamento delle aree rurali a favore dei centri urbani maggiori.

Dati dell’Istat evidenzierebbero come, tra il 1951 e il 2019, le masse dei grandi agglomerati civici siano cresciuti in media del 5,1% a livello nazionale e del 4,8% nel Mezzogiorno. Al contrario, le aree interne del Sud avrebbero perso circa 1,2 milioni di residenti, con un terzo dei comuni che starebbe registrando un costante calo abitativo dal 1951. Sempre Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, infine, per i piccoli paesi dell’entroterra “[…]la condizione demografica appare ancora più sfavorevole. [Ndr.: Qui] la quota di comuni con saldo negativo della popolazione, nel decennio 2020-2030, sale al 94%, facendo nel complesso registrare una riduzione della popolazione pari al 9,1% (o del 10,4%, considerando solo il Mezzogiorno)”.

Dall’altro lato, invece, crescono esponenzialmente e da tempo le città del Centro-Nord, spesso rendendo difficile un’esistenza equilibrata, sana, sostenibile e a misura d’uomo. E, almeno in tal senso, si spera – e non è da escludere – che a lungo termine potrebbero essere proprio le zone abbandonate del Sud Italia a essere rivalutate, non solo a livello infrastrutturale ma anche come “paradigma di tempio sacro”, in cui riscoprire e riappropriarsi di un ritmo di vita che sia armonico con il benessere psichico e fisico della persona.

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Fonti online:

ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Edoardo Gagliardi del 09 giugno 2023), Confcommercio, sito dell’International Labour Organization (ILO), Agenzia Italia (AGI), QuiFinanza, Openpolis, sito istituzionale di Eurostat (Commissione europea), sito dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat), sito d’Invitalia;

Canale YouTube: Percorsi di secondo welfare, L come Lavoro.

Antonio Quarta

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Il Corriere Nazionale

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