Ex Ilva, immunità penale: la Commissione Europea valuta il da farsi, rischio infrazione per l’Italia. Ecco la risposta alla mia interrogazione.
Nuova Aia, le mie osservazioni contro il nuovo bluff
Didier Reynders, a nome della Commissione Europea, lo scorso 5 giugno ha risposto alla mia interrogazione sul tema dell’immunità penale che il Governo Meloni ha decretato in favore di chi gestisce l’ex Ilva. Il testo è parla chiaro:
“La direttiva 2008/99/CE – si legge – impone agli Stati membri di garantire l’osservanza della normativa settoriale dell’UE in materia ambientale attraverso la tutela penale. L’articolo 5 prevede l’obbligo generale per gli Stati membri di stabilire un sistema di sanzioni efficace, proporzionato e dissuasivo per i reati che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva.
A norma dell’articolo 6, gli Stati membri devono garantire la responsabilità delle persone giuridiche per i reati ambientali e, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, essa non dovrebbe escludere l’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, incitatori o complici dei reati di cui agli articoli 3 e 4”.
La Commissione, si legge infine nella risposta alla mia interrogazione, “sta verificando se il decreto-legge n.2 sollevi questioni di non conformità con la direttiva 2008/99/CE e se occorra intervenire per garantire che la legislazione italiana rispetti il diritto dell’UE, alla luce dei principi della precauzione, dell’azione preventiva e della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga” (articolo 191 del TFUE).
In Europa CHI INQUINA PAGA! Ma, com’è noto, lo scorso gennaio il Governo italiano ha adottato una normativa per la quale non è consentito fermare gli impianti del siderurgico tarantino anche in caso di sequestro da parte della magistratura. E viene inoltre garantita l’immunità penale per chi fa proseguire l’attività dello stabilimento.
Questo decreto legge vìola una serie di direttive europee. Ad esempio l’art. 6, comma 3, della direttiva 2004/35/CE relativo alle azioni di riparazione dei danni ambientali.
Nel caso della ex Ilva sarebbe violato perché il gestore dell’impianto non avrebbe interesse a porre riparo ai danni ambientali, visto che esiste l’immunità e non è possibile fermare gli impianti in nessun caso. Questa ed altre violazioni le ho segnalate alla Commissione Europea.
L’art.6 della direttiva 2008/99/CE relativa alla tutela penale dell’ambiente – citando un altro dei commi rilevanti violati – indica che “gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati”, e l’immunità concessa dal decreto legge 2 del 5 gennaio 2023 è in palese contrasto con quanto indicato da questa direttiva.
Inoltre, l’art.5 della stessa direttiva stabilisce che “Gli Stati Membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati … siano puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive”.
Ciò secondo il decreto del Governo italiano non è applicabile perché non solo esiste l’immunità… ma non è possibile in nessun modo applicare una sanzione che faccia fermare gli impianti, qualunque cosa succeda.
Infine, esiste il principio di precauzione (art. 191 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea) che può essere invocato quando un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza, puntualmente disatteso da questo nuovo decreto legge.
Siamo di fronte ad evidenti violazioni. Come detto, la Commissione sta valutando il caso e potrebbe a breve sollevare serie questioni di non conformità!
- Tutto ciò, mentre Acciaierie d’Italia (ex Ilva, oggi a partecipazione statale) è in attesa da parte del Governo Meloni di una nuova Autorizzazione Integrata Ambientale.
A riguardo, va ricordato che il Commissario per l’Ambiente, Virginijus Sinkevicius, in risposta ad una mia lettera lo scorso aprile ha testualmente detto che “nel contesto della procedura di infrazione avviata nel 2013, la Commissione continua a seguire l’attuazione del piano ambientale stabilito nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 settembre 2017, e si attende che le autorità italiane lo eseguano pienamente, non oltre il 23 agosto 2023”.
Ma il Governo si appresta, di fatto, a saltare questo ostacolo rinnovando quell’autorizzazione sinora disattesa! Un paradosso tutto italiano che si consuma sulla pelle dei tarantini. Un vero e proprio bluff politico. Su questa richiesta di rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale ho presentato le mie osservazioni, contestando nel merito i seguenti aspetti:
1.Esigua documentazione pubblicata
2. Assenza di Valutazione di Impatto Ambientale e Valutazione di Incidenza Ambientale, anomalie su autorizzazione gestione rifiuti
3. Assenza di limiti di emissione in caso di avvio, arresto e malfunzionamento impianti
4. Ulteriori proroghe alla scadenza delle prescrizioni del 23 agosto 2023
5. Utilizzo del plasmix in parziale sostituzione del coke
6. Mancato riferimento alle nuove BAT di settore
7. Riavvio dell’Altoforno senza aver completato gli interventiCon queste osservazioni ho chiesto la revoca dell’autorizzazione tuttora in vigore ed il non rinnovo oltre il 23 agosto 2023.
Rosa D’Amato
Europarlamentare Verdi europei