Principale Arte, Cultura & Società Roald Dahl: fra censura e marketing

Roald Dahl: fra censura e marketing

Roald Dahl subisce la censura. No, non siamo negli anni '50 e non si tratta di Indice dei libri, ma di una sciocca azione di marketing messa a punto da Puffin e dagli eredi dello scrittore britannico.

Roald Dahl

Roald Dahl è stato uno fra i più noti scrittori di letteratura per l’infanzia, ma non solo. Egli fu, infatti, anche saggista, aviatore e sceneggiatore.

Nei suoi libri dedicati ai bambini si è concentrato principalmente sulla possibilità di renderli consapevoli delle proprie capacità, soprattutto di fronte ai soprusi messi in atto dagli adulti, spesso colpevoli di maltrattamenti.

Ad oggi, però, Roald Dahl viene ostacolato dalle più bieche operazioni di marketing mascherate dal falso perbenismo.

Ora, che lo scrittore britannico non fosse uno stinco di santo è evidente da diverse sue dichiarazioni, prime fra tutte quelle antisemite che traspaiono soprattutto fuori dai suoi libri, le quali vanno però inserite in un contesto storico ben preciso (Dahl nacque nel 1916), pur consapevoli di quanto sbagliate possano essere. A tal proposito, l’autore ha sempre assunto un atteggiamento ambiguo.

Al di là di tutto ciò, però, bisognerebbe allora essere estremamente severi anche nei confronti di altri autori, ma allora cosa ci resterebbe della letteratura mondiali? Quali autori ‘classici’ si salverebbero dalla scure? Ben pochi.

Se si procedesse in tal senso, allora non bisognerebbe leggere né più insegnare Virginia Woolf a causa delle sue posizioni antisemite, leggere autori dichiaratamente fascisti o comunisti.

La storia, però, insegna che il proibizionismo non ha senso ed è controproducente.

Mai leggere gli autori scevri dal loro contesto storico e mai confondere autore e prodotto artistico.

Roald Dahl ha usato termini probabilmente offensivi, vero.

Benissimo, allora lo si insegni ai bambini, si dica loro cosa è giusto e cosa non lo è, senza però cancellare il passato.

D’altronde, l’operazione della Puffin, casa editrice costola della prestigiosa Penguin, e  degli eredi dello scrittore, che fra loro mai sono andati d’accordo se non quando c’è stato da rimpinguare le tasche, sembrerebbe una censura figlia del marketing, non di certo volontà di porre attenzione alle lettrici e ai lettori.

Ai bambini bisogna parlare di tutto in maniera rispettosa, tenendo quindi sempre presente quanto siano ricettivi e non sottovalutando la loro intelligenza.

Non nascondiamo loro la storia. I bambini non vanno trattati come sciocchi, bisogna che loro conoscano il mondo e che siano gli adulti a prenderli per mano durante la loro avventura.

Diciamo loro la verità: Roald Dahl è stato uno scrittore grandioso, ma spesso controverso e figlio di un’era poco incline ad accettare il “diverso”.

I bambini devono sapere che Kipling ha scritto dei libri meravigliosi e che a Matilda piaceva avventurarsi fra le loro pagine – non fra quelle di Austen, come la nuova versioni dei libri vorrebbe – così come è necessario che sappiano che Kipling era razzista; è necessario che i bambini incontrino termini come “grasso”, “minuto” e “brutto” e che si spieghi loro che, usati in determinati contesti e con determinati scopi, possono diventare offensivi e ledere la dignità altrui; è giusto che i bambini leggano che una “donna di mezza età” possa essere attraente e non solo “gentile”, come vorrebbe la nuova versione, e che, se una donna lo desidera, può essere una “cassiera” e non per forza una “scienziata” e che, in entrambi i casi, non ci sia nulla di sbagliato (si denota, quindi, nella nuova versione, un accenno di classismo, se si ritiene necessario cambiare cassiera con scienziata).

Sì, perché, alla fine, sono queste le modifiche – o almeno alcune di esse – di cui tanto si sta discutendo.

Operare ulteriori censure alle magnifiche storie di Roald Dahl – morto e quindi non in grado di porre un freno a tutto ciò o di difendersi – è uno scempio, una crudeltà. Dahl non era un santo, è noto a chiunque abbia letto alcune sue considerazioni altrove più che nei suoi libri. Tuttavia, l’arte non va censurata.

La letteratura è in primo luogo estetica, solo dopo può, se previsto, essere didattica.

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