Principale Attualità & Cronaca Fenomenologia del crimine: studio dei delitti

Fenomenologia del crimine: studio dei delitti

La fenomenologia del crimine, negli ultimi anni, sta conducendo studi inerenti alla reazione sociale provocata dai cosiddetti fenomeni delittuosi.
Con il termine “devianza” si designa una condotta od un insieme di comportamenti che violano le norme giuridiche, sociali, morali e di buon costume sulle quali verte la società.
La criminologia, in qualità di scienza eziologica, si è posta l’interrogativo della causa che porta l’uomo a trasgredire le leggi, pur riconoscendole come valide; un’importante impostazione vien data, a tal proposito, da Matza il quale, prende le distanze e sottopone a critica la teoria delle sottoculture criminali elaborata da Albert K. Choen e la teoria delle bande giovanili di Richard A. Cloward e Lloyd E.Ohlin.

David Matza ritiene il problema della delinquenza non derivare dall’apprendimento di imperativi o di valori devianti, ma lo individua come il frutto dell’acquisizione di queste particolari tecniche di auto-giustificazione dello stesso comportamento che l’agente considera valide, seppure contrapposte al sistema giuridico dell’intera società.
Risulta importante, dunque, studiare il comportamento all’interno della realtà quotidiana dell’attore sociale: il deviante, tuttavia, dispone di diverse strategie psicologiche utili a “neutralizzare” la gravità del proprio comportamento come la negazione di responsabilità, screditamento della vittima ed asserire di non aver provocato danni a nessuno.
Le teorie criminologiche degli anni ’50 e ’60 del Novecento hanno avuto ad oggetto la delinquenza giovanile;
importante a tal proposito il pensiero di Walter B. Miller che esaminò i quartieri di Boston, ponendo particolare attenzione alla sfera etnografica e giungendo a svariate conclusioni basate sulla differenza tra classi sociali, sul piano degli stili di vita, ed elaborando una visione del fenomeno maggiormente accurata, rispetto alle teorie di Cohen, Cloward e Ohlin.

Un’ indagine condotta su un gruppo-campione di persone ha rivelato che le famiglie italiane vivono attualmente in uno stato di terrore dovuto all’alto tasso di disoccupazione ed alla presenza, sul territorio, di diverse etnie;
questi dati son stati resi noti dall’indagine “Aspetti di vita quotidiana” condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) il quale si è soffermato sull’indicatore del rischio di criminalità in Italia.
I dati ISTAT evidenziano che in Regioni quali Sicilia, Campania e Puglia il fattore di rischio è imputabile non alla presenza di gruppi multietnici che risiedono sul territorio bensì alle storiche associazioni a delinquere, facenti parte della criminalità organizzata le quali svolgono un controllo politico, sociale ed economico sull’area geografica d’interesse.
Secondo quanto emerso dall’indagine statistica condotta dagli esperti, l’indice di alfabetizzazione ed il fattore di reddito hanno una scarsa incidenza sul comportamento deviante del criminale: la microcriminalità – propria di quei reati che vengono definiti “street crimes”- registra dati allarmanti di caratura eguale rispetto a quei crimini compiuti dai rei appartenenti alla c.d. “delinquenza ricca” che hanno ad oggetto i “computer crimes” – conosciuti anche come “cyber crimes” ed attuati attraverso le frodi informatiche – ed altri “reati di matrice economica” che interesserebbero, perlopiù, i “colletti bianchi” e, dunque, coloro i quali ricoprirebbero posizioni lavorative e sociali di prestigio.

Tuttavia, la scolarizzazione risulta avere un’incidenza rilevante in merito ai delitti compiuti da coloro i quali non abbiano compiuto la maggiore età e che spesso sono gli autori dei cosiddetti “Mickey Mouse Crime”. Essi posseggono un alto indice di ‘cifra oscura’ a causa delle mancate denunce dovute alla piccola entità del fatto criminoso che, a causa della mancata denuncia, impediscono di fatto l’inibizione del comportamento deviante e l’attuazione di misure atte ad impedirne la recidività.

I crimini, tuttavia, trovano una relazione anche con i fattori ambientali: gli studi condotti dagli esperti di sociologia e criminologia hanno rivelato che, durante la stagione estiva, si registrerebbe un numero assai più elevato di delitti contro la persona, mentre la stagione invernale vedrebbe la commissione di un maggior numero di reati che lederebbero il patrimonio.
L’indagine condotta confermerebbe, dunque, che le famiglie italiane temono la diffusione ed attuazione del crimine a causa di un lacunoso sistema giuridico che, mitigando le pene, andrebbe a ledere la funzione neutralizzante, terapeutica, rieducativa e risocializzativa, indebolendo, così, la riabilitazione totale del reo e falsandone la funzionalità della pena, così come è intesa per definizione dall’ordinamento giuridico.

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