Principale Arte, Cultura & Società Gli svergognati gridano: Vergogna!

Gli svergognati gridano: Vergogna!

Gli svergognati gridano: Vergogna!

di Anna Lombroso

Vergogna! ieri dalla rete si levava alto un grido di condanna per quella plebe sconsiderata che con la sua presenza aveva legittimato il berciare animalesco della destra, della marmaglia rasata, tatuata e inanellata che manifestavano sotto la bandiera green pass.

Vergogna! erano anche senza mascherina e ovviamente senza carta verde ormai richiesta anche in centri sociali che hanno scoperto le virtù legalitarie.

Vergogna! non hanno la buona creanza di distinguere tra fascismi, quello intollerabile in quanto rozzo, becero, grossolano, l’altro invece garbato, mellifluo, viscido che finora, almeno nell’Occidente, aveva usato il guanto di velluto,  bene accetto anche nei tinelli delle vittime grazie alle referenze prodotte da  stampa, opinionisti, competenti e indiretti interessati che da certe contiguità traggono benefici, aumentando rendite e potere di influenza.

Vergogna! questa canaglia espressione di ceti frustrati, impoveriti, umiliati si fa possedere dai demoni populisti e sovranisti di impresari della destabilizzazione, che vogliono creare disordine e incrementare divisioni e conflitti, proprio adesso che è ancora più infame innescare le mine del dubbio e della sfiducia sull’operato di autorità, che si prodigano, malgrado la sospetta inefficacia dei vaccini e l’incremento di patologie influenzali irriverenti mischiate col grande male, per il nostro bene.

Vergogna! ma che gente è questa massa indifferenziata e indifferente a certi contagi tossici, mossa da chissà quali perversi egoismi individualistici, che contravviene a regole sanitarie applicate prudentemente all’ordine pubblico per salvaguardare la salute messa a rischio, oggi da fermenti disordinati, domani da altri manifestanti altrettanto irriguardosi della profilassi.

Vergogna! si capisce che si tratta di una ciurma sciamannata, scomposta e sciatta, che lascia salire sul palco improbabili mestatori, lascia circolare frange che, scortate dalle forze dell’ordine eseguono azioni sacrileghe nei confronti del templi del riformismo e del progressismo, e che, non solo non è in grado di esprimere un leader credibile e integerrimo, magari estratto dall’acquario delle sardine, ma nemmeno organizzare un servizio d’ordine degno di questo nome, di quelli che agiscono in altre piazze per agevolare la pacificazione, e contribuire, con l’arte della diplomazia impennacchiata  mutuata dai sindacati, al negoziato perenne e perdente  con controparti “padronali”

Vergogna! i tempi sono bui, non capiscono che è irresponsabile accendere gli animi e scatenare conflitti quando è comprensibile e inevitabile  che i decisori e le loro consulenze scientifiche rispondano con una ragionevole e cauta stretta a fini persuasivi,  quando il paese che per anni ha pagato un cattiva reputazione è prossimo a conquistare la leadership  della doverosa discriminazione e della implacabile repressione svolgendo un ruolo guida perfino a dispetto di posizioni espresse in sede comunitaria, per conseguire a un tempo il  record vaccinale e il primato della soppressione di diritti e libertà.

Vergogna! proprio non sanno cosa sia la “classe” a rimpiangere quel guerrafondaio, insensato e megalomane perseguitato dagli spettri della demenza tanto da voler essere l’artefice della conversione della guerra fredda in caldissima. Ma non parlo di Biden in gita pastorale meno di un mese fa, parlo di Trump, che insieme ai suoi competitori ha dato l’occasione agli americani di testare con le elezioni se è meglio morire di cancro o di ictus, votare lui o Clinton o l’augusto vegliardo.

Vergogna! hanno portato in giro un cartello inneggiante ai Protocolli dei Sette Savi di Sion, appena un po’ più estremo della reiterata denuncia da parte di scatenati esponenti dell’antagonismo online dell’occupazione del mondo da parte della demoplutocrazia  ebraica in forma di complotto di banchieri, imprenditori, magnati e ministri,  alla faccia dei cristianissimi e pii Rockfeller, Gates, Draghi, Benetton, wasp e ariani.

La vergogna è invece nostra, di chi non ha avuto e non possiede forza sufficiente per far sì che anche i più riottosi, per viltà, interesse, paura, dirige la sua collera risentita contro chi da dimostrazione di credere che la resa non sia inevitabile, invece di indirizzarla verso chi ci ha spinto nel baratro con la volontà precisa di tradurre in realtà un disegno di organizzazione globale con il dominio del totalitarismo economico, finanziario e tecnologico.

La vergogna dovrebbe essere di chi invita all’astensione in nome di una malintesa integrità e di una sedicente purezza che fa preferire la comodità dell’Aventino e la militanza in rete, che mai si mischierebbe con esercenti che non fanno lo scontrino, ristoratori e artigiani senza fattura inseguendo invece il mito delle tute blu che da decenni hanno lasciato soli a farsi scaraventare giù dalla stessa barca dei Riva, degli Elkann, dei magliari della dinastia di Autostrade.

La vergogna dovrebbe essere di chi mai scenderebbe in piazza con i portuali di Trieste, le cui comunicazione e estetica sono meno accattivanti di quella dei camalli, men che mai con gli insegnanti, i pensionati, i lavoratori non creativi, la piccola gente che ha trovato l’ardire di manifestare per la prima volta e si espone al contagio “fascista” così come è stata esposta al contagio di un virus grazie al quale si è potuto discernere tra meritevoli e immeritevoli, gli uni, essenziali, da conferire senza remore nelle discariche di fabbriche e luoghi di lavoro dove la morte è definita “bianca” e vige l’insicurezza sanitaria e sociale, gli altri invece da tutelate in quando “elettorato” virtuale, maggioranza consensuale, paradossalmente più abituata alla rinuncia perché ha di più da perdere in beni, privilegi, prerogative.

La vergogna deve essere dei badanti della vecchia sinistra che si è persuasa che se prima già non c’era alternativa al capitalismo, adesso poi bisogna essergli grati che ci procura i vaccini – tutti ormai premettono all’aspettativa remota nel futuro di un blocco sociale in grado di rovesciare il tavolo il proprio curriculum sanitario di vaccinato e arreso al Green Pass da esibire alla Feltrinelli. E dunque è doveroso rispettare le regole ancorchè ingiuste, sospendere il giudizio sui governi in attesa che si risolva l’emergenza sanitaria in modo da tornare nelle trincee impolverate  di quella sociale, sulle grandi battaglie rinviate a dopo il lockdown morale, personale e collettivo.

La vergogna deve essere di chi ritiene normale che il dissenso a Roma sconfini nel marasma qualunquista e arruffapopolo, come se fosse fisiologica la consegna alla “destra” delle curve e delle tifoserie, di Casa Pound beneficata da Veltroni ancor più che da Alemanno.

La vergogna deve essere di chi pensa che accada per l’infezione dei Palazzi, e non perché c’è una diffusa accettazione interessata di clientelismo e familismo da parte di ceti che sono stati abituati al parassitismo dei lunghi corridoi, degli uffici dove chi lavora troppo è malvisto dai colleghi: sono mali comuni a tutto il Paese che qui però sono agevolati e autorizzati da un ceto politico che fa quotidiana manutenzione del voto di scambio nelle aziende di servizio, nei ministeri dove il ministro passa ma la burocrazia resta, da partiti, tutti variamente di governo, che esprimono candidati e eletti meno che mediocri, perfettamente adeguati per lasciare la città nella condizione di capitale del terzo mondo senza quartiere europeo, che ogni tanto si passa lo spazzolone sulle vie attraversate da visitatori prestigiosi. E di chi non sente il peso della corresponsabilità per la cancellazione di realtà antagoniste e anticapitaliste, quelle dei centri sociali: ma sono velleitari! quelle dei senzatetto: ma sono  incontrollabili! quelle creative: ma vuoi mettere Zerocalcare che fa l’entrismo su Netflix! colpevoli di turbare il decoro dei salotti buoni.

In giro per il mondo, in Equador, in Cile, in Turchia in Brasile, ma anche a Chicago dove per mesi si sono protratti gli scioperi degli insegnanti, in Bangladesh, in India ovunque dove le disuguaglianze mietono vittime tra la gente e i diritti, si sfidano le autorità costituite per esprimere la propria volontà di riscatto. Le manifestazioni costituiscono la espressione personale, pubblica, individuale e collettiva della lotta di classe. Deve essere per questo che da noi va così, da noi la lotta di classe non ha cittadinanza come chi è povero, offeso e insorge.

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Corriere Nazionale

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