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Su Uomini e donne

Il 14 maggio 1993 nei pressi del Teatro Parioli venne fatto l’attentato a Maurizio Costanzo, che lottava contro la mafia ed era amico di Falcone. Con lui in quella macchina c’era anche la sua compagna Maria De Filippi.

Quella data segnò uno spartiacque. Fino a quel momento era stato fatto giornalismo televisivo di approfondimento, di denuncia.

Dopo quell’attentato  pochissimi vollero continuare a fare televisione impegnata. L’esempio lo avevano davanti. I giornalisti televisivi se facevano in modo impeccabile il loro dovere, se espletavano la loro funzione informativa senza guardare in faccia nessuno,  se facevano autentico giornalismo di inchiesta erano quasi segnati, quasi spacciati, rischiavano la pelle.

Per quanto riguardava la carta stampata la mafia era un poco più clemente. I giornalisti dei quotidiani correvano meno rischi. C’era un poco più libertà nella stampa. Così era anche per i libri. Si pensi solo al fatto che Pino Arlacchi che con i suoi libri faceva scientificamente i conti in tasca alla mafia non venne mai minimamente minacciato. Eppure i suoi saggi vendevano molto.

Oggi la mafia è più attenta al lavoro dei giornalisti e degli scrittori. Nessuno vuole negare ciò. Forse perché i cosiddetti uomini di onore sono più istruiti e più attenti ai mass media rispetto ad un tempo. Diversi cronisti sono oggi sotto scorta.  Costanzo e la De Filippi allora scamparono per un amen alla morte.

Era naturale, fisiologico che molti professionisti del piccolo schermo ripiegassero su una televisione del disimpegno. Era inevitabile avere paura. Negli anni seguenti Santoro non era forse pericoloso per la mafia perché considerato troppo schierato, troppo di parte, troppo fazioso.

Carlo Lucarelli trattava di fatti troppo datati. Gad Lerner forse era troppo intellettuale.  Vespa forse era troppo istituzionale. Con quell’attentato venne frenato ogni coraggio. Venne soppresso ogni ardire. Non so se la diffusione dei reality fu una diretta conseguenza della paura o se unirono l’utile al dilettevole, prendendo la palla al balzo per sfruttare questi nuovi format.

Non ci furono più giudici ed intellettuali illuminati che spiegavano le dinamiche e le ingiustizie della società italica ma una carrellata di persone normali che si caratterizzavano per non avere nessun talento né  nessun merito particolare.

Finita la televisione del dolore, venute a noia le carrambate, sempre più raro il varietà, era arrivato il momento della TV leggera, quella del disimpegno, oggi competitor della televisione che fa cronaca nera e che tratta di tutti gli omicidi avvenuti nel Paese.

A distanza di anni un esempio eclatante e ancora presente di quella televisione è Uomini e donne della De Filippi. Poco importa se molti partecipanti vanno lì per le telecamere, per avere più visibilità mediatica e per fare soldi. Poco importa se molto o tutto è finzione o pseudofinzione. In fondo nessuno sa più cosa sia la verità e siamo ormai nella epoca della post-verità.

Questo programma è un viatico ormai per lo show-business nazionalpopolare.  Un tempo il cinema era la fabbrica dei sogni, oggi invece è il piccolo schermo. Però attenzione perché Internet tra i più giovani sta avendo la meglio sulla televisione. Perfino nel trono over passano molto tempo a litigare per i social, in particolare per Instagram.

Un tempo d’altronde i tronisti facevano soldi con le ospitate in discoteca. Oggi ai tempi del Covid il vero business è crescere sui social, diventare influencer su Instagram.

La stessa Gemma Galgani ha un grande seguito sui social, ha più di 500000 follower su Instagram. Le  discussioni sono così accese che sfiorano il turpiloquio. Essere falsi è una accusa ricorrente che si fanno reciprocamente i partecipanti. C’è del vero. Personalmente anni fa guardavo assiduamente il programma.

Oggi lo seguono mia madre e mia sorella in soggiorno. Io che a quell’ora sto in camera mia in altre faccende affaccendato sento mio malgrado gli echi della trasmissione. Se c’è una lite particolarmente accesa vengo chiamato a guardare e lo faccio per curiosità, anche se io non guardo quasi mai la televisione.

Il programma viene definito il talk show dei sentimenti, ma ho molti dubbi a riguardo sulla qualità del talk show e sull’autenticità dei sentimenti. Gli stessi autori hanno ideato tutto come un gioco, in cui è previsto che il corteggiatore possa dire di no alla tronista. Tutto o molto si basa su presunte schermaglie amorose.

Spesso a mio avviso le corteggiatrici si fanno piacere i tronisti perché quello è l’unico modo per diventare famose, dato che è un treno che non potrebbe passare più e che non potrebbero essere più scelte di far parte della trasmissione.

È anche vero che un tronista può manifestare interesse per alcune fanciulle e poi arrivare alla fine e ritirarsi, non scegliendo nessuna. Uno dei segreti del programma consiste nel creare delle dinamiche psicologiche interessanti, ma la chiave di volta di tutto, ciò che fa restare incollati ai divani i telespettatori è capire se i partecipanti ci sono o ci fanno, se provano qualcosa realmente o se sono finti e costruiti.

Un interrogativo che sorge spontaneo è se Tizio o Caia fingeranno fino alla fine o se forse si tradiranno. Coloro che riportano alla realtà i tronisti e le corteggiatrici sono gli opinionisti, soprattutto Tina. Un tempo c’erano più interventi del pubblico, soprattutto di Danielona.

Tra i partecipanti viene coltivato il gusto per la polemica sterile. Ogni giorno qualcuno trova un pretesto per attaccare un rivale o una persona che gli sta antipatica. Questo comportamento soprattutto dettato da futili motivi lo trovo diseducativo e fuori luogo.

Non solo ma ci sono alcuni partecipanti che hanno aspirazioni artistiche, alcuni corteggiatori che vorrebbero il trono, mentre altri vorrebbero diventare opinionisti. Insomma spesso i partecipanti sono lì con tutte altre mire, con altri obiettivi. Spesso sono fotomodelli e fotomodelle che partecipano per diventare ancora più famosi. Quei corteggiatori che non lavorano nella moda spesso vi vorrebbero lavorare.

Capitolo a parte meritano le aziende di abbigliamento che offrono ai partecipanti i loro abiti perché vi facciano pubblicità. Per non parlare di tutti quei locali che sono pronti a non far pagare la cena al tronista o che addirittura sono pronti a pagarlo profumatamente per presenziare.

E poi che dire dell’albergo, della macchina con autista, del vitto ed alloggio tutto spesato? Insomma montarsi la testa è facile perché ognuno si sente al centro dell’attenzione e qualcuno erroneamente pensa di essere al centro del mondo, soprattutto quelli che hanno manie di protagonismo. Una cosa che non mi piace di questo programma è l’eccessiva importanza data all’aspetto fisico. In questo senso è un programma a mio avviso che non si discosta e corrobora i canoni, i dettami estetici della società attuale.

Comunque chi vuole partecipare alla trasmissione può andare sul sito di Witty, presentarsi al casting Mediaset di Roma oppure presentarsi ad un casting itinerante. Ogni anno aumentano sempre coloro che vogliono partecipare al programma.  Anni fa per partecipare al trono over bisognava avere più di 65 anni.

Molto probabilmente gli anziani facevano pochi ascolti, anche se suscitavano tanta simpatia. Oggi il parterre è costituito da tante belle quarantenni, anche alcune belle  trentacinquenni.

Per il trono classico bisogna avere dai 18 ai 35 anni.  Ad ogni modo molti seguono delle strategie. C’è chi si vuole accaparrare le simpatie del pubblico,  chi di Tina Cipollari,  chi di Maria De Filippi. Si stringono alleanze, si cerca di spubblicare o mettere in cattiva luce gli antagonisti.

La padrona di casa si dimostra capace di esplicitare gli stati d’animo e le difficoltà interiori vere o presunte tali dei partecipanti. Tutto è fatto per l’esibizionismo,  il narcisismo dei partecipanti e per il voyeurismo dei telespettatori. “Nessuno è normale visto da vicino” secondo la psicologia contemporanea: i tronisti e le corteggiatrici rivelano disturbi di personalità diffusi nella popolazione (smanie di grandezza, frustrazioni, complessi di inferiorità che si tramutano in complessi di superiorità,  problemi di autoaccettazione del proprio aspetto fisico, aggressività, voglia di sopraffazione, insicurezze varie). Una cosa è certa: questo programma crea dipendenza perché molti ex partecipanti sono pronti a fare carte false pur di ritornarci. Il programma al momento ha sempre successo.

Un gran campionario di umanità lo guarda e vorrebbe partecipare. Uomini e donne ha anche un magazine settimanale. Una cosa che mi rende dubbioso è l’orario del programma che è molto limitante. Per avere delle interazioni amorose consone all’orario i partecipanti devono contenersi, devono eludere una certa fisicità. Di certe cose in certi orari non si può parlare, bisogna glissare certi tasti riguardanti il sesso.

Forse ci vorrebbe la seconda serata, sarebbe un orario più adeguato. Inoltre ci sarebbe da discutere se Tizio o Caio sono diventati famosi perché con la loro capacità comunicativa hanno bucato lo schermo o perché le persone da casa si sono identificate nella loro mediocrità.

Alcuni fanno delle brutte figure, ma a nessuno importa niente perché sarà comunque una esperienza da raccontare che spesso dà gloria locale anche ai molti carneadi del programma. In fondo molti passano e non se li ricorda nessuno: sono pochi i Costantino Vitagliano e i Daniele Interrante. Pochi svoltano. Pochi ce la fanno. Per alcuni Uomini e donne è un trampolino di lancio. La stragrande maggioranza però viene subito ricacciata nell’anonimato. Alcune coppie formate in quella trasmissione accettano a malincuore la mancanza di copertine sui giornali, il calo di popolarità,  lo spengersi dei riflettori su di loro.

Qualcuno troppo pessimista potrebbe dire che nella vita è stupido gioire perché tutto è destinato a finire. Qualcun altro potrebbe affermare che tutti i programmi televisivi ormai fanno parte del piano di rincoglionimento globale. Ma va preso atto che questa trasmissione sa distrarre, divertire, fa passare un’ora spensierata, fa sorridere in un periodo in cui siamo pieni di preoccupazioni.

Certo c’è il rischio dell’arma di distrazione di massa, di non pensare, di non riflettere più, di rimandare, di spostare l’attenzione, di nascondere i grandi problemi sotto il tappeto, di evadere troppo dalla realtà. Nelle case, negli uffici, nei negozi poi si parla prevalentemente dei corteggiatori e delle troniste.

È vero ad ogni modo che in una società in cui è scomparso l’amore romantico per via dei troppi dipendenti dal sesso e per via dei troppi asessuati Uomini e donne salvaguarda almeno l’amore mediatico. Personalmente mi fa sorridere navigare sui social e vedere le pagine create dagli ammiratori o dalle ammiratrici, le cosiddette fan page,  in cui i partecipanti che hanno avuto un minimo di notorietà sono definiti subito “personaggi pubblici”. Il neologismo “tronista” è entrato in tutti i vocabolari.

Mi fa sorridere quanto questo programma televisivo colpisca e plasmi l’immaginario di molti italiani ed italiane. Questi sono i tempi. Mediaset ringrazia.  Questa è la prova provata che oggi la vera fama la danno i passaggi televisivi. Niente altro che questo. Però la concorrenza è spietata e agguerrita.

Spunta all’orizzonte Metaverso di Mark Zuckerberg. E se questo tipo di televisione avesse fatto il suo tempo ormai e fosse prossima alla fine?

Davide Morelli

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