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Taranto – Svegliati, amore mio – Mittal licenzia lavoratore, le Acli: “triste storia”

“La ragnatela del terrore” l’ha definita Francesco Rizzo del sindacato di base Usb. La storia è nota, ma occorre descriverla per completezza: nelle settimane scorse è andata in onda, sulle reti Mediaset, una miniserie realizzata da Ricky Tognazzi e Simona Izzo (con Sabrina Ferilli come attrice protagonista) dal titolo “Svegliati, amore mio” che sostanzialmente è la storia di una famiglia e di una comunità che subiscono pesantemente sulla propria pelle le conseguenze dell’incontrollato inquinamento industriale.

I registi, che sono anche gli sceneggiatori della fiction (poco fiction e molto reality), hanno chiamato con nome di fantasia – Ghisal – la fabbrica della morte, ma ovviamente questo non è bastato perché ogni territorio vessato dalle diossine, dai metalli pesanti e da tutti gli altri composti cancerogeni emessi in atmosfera, non si riconoscesse in quella storia.

È la nostra storia, in realtà!

Questo processo di identificazione ha portato tanti a condividere sui social la messa in onda della miniserie; per due operai del siderurgico di Taranto è scattato un provvedimento disciplinare – una sospensione dal lavoro per cinque giorni – e per uno dei due, al termine del primo provvedimento, il licenziamento.

“Che la fiction di Izzo&Tognazzi potesse provocare dei mal di pancia a Mittal e al codazzo al seguito, era prevedibile – esordisce il presidente delle Acli provinciali di Taranto, avv. Giuseppe Mastrocinque -; quello che era inimmaginabile è l’evoluzione che hanno voluto dare i padroni del vapore (vapore non solo acqueo, il loro).

La sospensione, prima, dei due operai in forza al siderurgico di Taranto e il licenziamento, poi, di uno dei due è una vergognosa intimidazione che colpisce con la sola finalità di soggiogare i lavoratori.

Chi, ci chiediamo, da ora in poi si sentirà libero di esprimere – senza diffamare nessuno, sia chiaro – un proprio libero pensiero su quella fabbrica?

Mittal ed i suoi complici, dopo aver espropriato il diritto alla salute ed alla dignità dei lavoratori dell’acciaieria e di una città intera, ora tentano di espropriare anche quello alla libera espressione del pensiero.

C’è da chiedersi quando si giungerà al punto di rottura e quando i tarantini, oggi inermi e rassegnati e – proprio per questo – schiacciati e vilipesi, inizieranno a tutelare fattivamente la propria dignità di cittadini?

Comunque andrà a finire questa triste storia – e le Acli provinciali di Taranto saranno con me, accanto ai lavoratori zittiti da Mittal -, sarà stato alzato di un’altra fila di mattoni, il muro non visibile tra la città e il siderurgico. E speriamo che ciò non accada con i decisori, al Governo o al Consiglio di Stato.

Non ci dimentichiamo – ha proseguito l’avv. Mastrocinque – che tra un mese, a Palazzo Spada, ci può essere una parola definitiva allo stillicidio che ogni famiglia tarantina vive da decenni.

Il Consiglio di Stato auspichiamo avalli la decisione del Tar di Lecce sulla chiusura delle aree inquinanti dello stabilimento siderurgico di Taranto.

Di certo fa riflettere che tanta sofferenza, tanto dolore, la convivenza della città con malattie e morti non tocchi i sindacati confederali chiusi a riccio nella difesa dell’indifendibile, arroccati alle strutture cadenti e avvelenate di un catorcio!

Anche ieri – ha concluso il presidente delle Acli, Mastrocinque – un intollerabile e connivente silenzio dei sindacati confederali che racconta tante altre storie nella storia grande dei diritti negati a questa comunità e ai lavoratori di quello stabilimento industriale”.

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