La Poesia è per tutti
foto di copertina Federico Garcia Lorca
… la poesia non si mangia ma può diventare indispensabile
Rubrica culturale del Corriere di Puglia e Lucania, a cura di Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte
L’intento della rubrica è quello di sfatare l’idea che la poesia sia qualcosa di astruso e che possa piacere o non piacere. In realtà la poesia è nelle nostre vite più di quanto noi possiamo immaginare. Basti pensare alla commistione della poesia con le altre forme artistiche, per esempio alla musica pop, di cui essa è un riflesso.
Proporremo, ogni giorno, pochi grammi di poesia, legati ad un fatto del giorno o ad una data da ricordare sperando che, tra le mille incombenze quotidiane, ogni Lettore, possa ritagliarsi qualche minuto per stare a contatto con l’universo poetico che vibra intorno a noi.
Buona Poesia!
Maria Pia Latorre ed Ezia Di Monte
redazione@corrierepl.it
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Il 28 febbraio 2005, muore a Firenze Mario Luzi.
Si laurea in Letteratura francese. Negli anni ’30 l’esordio poetico del giovane Luzi, che, a Firenze, stringe amicizie con giovani impegnati nella cultura ermetica, nonché con l’instancabile critico Oreste Macrì. Collaborò alle riviste d’avanguardia come Il Frontespizio, Campo di Marte, Paragone e Letteratura.
Esce nel 1935 la sua prima raccolta poetica La barca. Nel 1938 inizia l’insegnamento alle scuole superiori. Pubblica nel frattempo Avvento notturno. Nel 1945 ritorna a Firenze. Sono di questo periodo alcune importanti raccolte poetiche: Un brindisi e Quaderno gotico, nel n. 1 di Inventario, Onore del vero, Primizie del deserto e Studio su Mallarmé. Nel 1955 gli viene assegnata la cattedra di Letteratura francese alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Firenze. Nel 2004, in occasione del suo novantesimo compleanno è stato nominato senatore a vita. Muore a Firenze pochi mesi dopo.
La città di domenica
sul tardi
quando c’è pace
ma una radio geme
tra le sue moli cieche
dalle sue viscere interite
e a chi va nel crepaccio di una via
tagliata netta tra le banche arriva
dolce fino allo spasimo l’umano
appiattato nelle sue chiaviche e nei suoi ammezzati,
tregua, sì, eppure
uno, la fronte sull’asfalto, muore
tra poca gente stranita
che indugia e si fa attorno all’infortunio,
e noi si è qui o per destino o casualmente insieme
tu ed io, mia compagna di poche ore,
in questa sfera impazzita
sotto la spada a doppio filo
del giudizio o della remissione,
vita fedele alla vita
tutto questo che le è cresciuto in seno
dove va, mi chiedo,
discende o sale a sbalzi verso il suo principio…
sebbene non importi, sebbene sia la nostra vita e basta.