Principale Politica Diritti & Lavoro Ex Ilva, appello Confindustria: «Evitare spegnimento area a caldo». Procura: «I consulenti...

Ex Ilva, appello Confindustria: «Evitare spegnimento area a caldo». Procura: «I consulenti hanno venduto Taranto ai Riva»

Non fermare la produzione perché in gioco non è solo lo stabilimento di Taranto ma il futuro della siderurgia in Italia. E’ il grido d’allarme lanciato sia da Confindustria che da Federacciai dopo la sentenza del Tar di Lecce che intima ad ArcelorMittal lo spegnimento dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto nel rispetto dell’ordinanza sulle emissioni del sindaco Rinaldo Melucci. La fermata forzata degli impianti, sottolineano fonti legali vicine al dossier ArcelorMittal, «senza la disponibilità di una stazione di miscelazione azoto e metano, non permetterebbe la tenuta in riscaldo dei forni e ne conseguirebbe il loro crollo e quindi la distruzione dell’asset aziendale di proprietà di Ilva in Amministrazione Straordinaria». Le stesse fonti evidenziano “rischi per la sicurezza» e il fatto che ci sarebbe un «totale blocco della produzione dello stabilimento, qualificato di ‘interesse strategico , l’unico sul territorio nazionale a ‘ciclo integratò per la produzione di acciaio».

Confindustria chiede di «evitare lo spegnimento del ciclo integrale a caldo dell’ex Ilva. Interrompere la produzione e la fornitura dell’acciaio prodotto a Taranto mette in seria difficoltà le intere filiere della manifattura italiana che ne hanno necessità». Inoltre, prosegue la confederazione, si avrebbe «un sicuro e rilevante aggravio della bilancia commerciale nazionale, poiché occorrerebbe importare l’acciaio dall’estero». Ed ancora: «la chiusura nell’immediato vanificherebbe tutti gli sforzi compiuti per limitare il numero di esuberi, mettendo a serio rischio migliaia di lavoratori e famiglie» e sarebbe anche «vanificato in maniera traumatica e definitiva il processo di investimenti intrapreso per la sostenibilità ambientale della produzione». Il presidente di Federacciai Alessandro Banzato esprime «forte preoccupazione» e auspica «che venga adottata una sospensiva di questa sentenza e che il Governo appena incaricato si adoperi per evitare lo spegnimento del più grande stabilimento siderurgico italiano».

Il termine di 60 giorni concesso dal giudice amministrativo per ottemperare all’ordinanza sindacale scade il 14 aprile, ma l’azienda – che pure ha annunciato un ricorso al Consiglio di Stato – è chiamata comunque a predisporre entro quella data le procedure tecniche per una eventuale conferma allo stop degli impianti. Il segretario nazionale Fim Cisl Roberto Benaglia ha dichiarato in una intervista radiofonica che «l’azienda ha già comunicato informalmente nel week end l’avvio della messa in sicurezza di alcune attività produttive». Anche la Procura di Taranto, a quanto si apprende, sta seguendo l’evolversi della vicenda dopo aver acquisito la sentenza del Tar che ha definito il pericolo per la popolazione legato alle emissioni del Siderurgico «permanente ed immanente». Nel provvedimento del giudice amministrativo si afferma che lo stabilimento, che ora vede lo Stato, tramite Invitalia, affiancare nella gestione ArcelorMittal, inquina ancora. E si puntualizza che nemmeno il rispetto dell’Aia comporta «di per sé garanzia della esclusione del rischio o del danno sanitario».
Secondo i sindacati metalmeccanici, che hanno già annunciato una richiesta di incontro al ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, chiudere l’area a caldo a Taranto significherebbe chiudere anche i siti di Genova e Novi Ligure, con il rischio di «perdere 20mila posti di lavoro».

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

LASCIA UNA RISPOSTA

Inserisci il tuo commento, grazie!
Inserisci il tuo nome qui, grazie

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.