Principale Ambiente, Natura & Salute L’Ilva e la bufala dell’industria strategica

L’Ilva e la bufala dell’industria strategica

Di Erasmo Venosi

Disco verde della Commissione europea all’intesa sottoscritta il 10 dicembre us tra lo Stato e Ancelor Mittal, per l’acquisto attraverso Invitalia di una prima quota del 50% di AmInvest Co. Italy Spa affittuaria dei rami di azienda di Ilva, in amministrazione Straordinaria.

Il prossimo anno Invitalia acquisterà un altro 10%, trovandosi a detenere il controllo del gruppo siderurgico. L’esborso pubblico complessivo sarà pari a 680 milioni di euro e 70 milioni di euro da parte di Ancelor Mittal.

L’AD rassicura sulla produzione che passerebbe quest’anno da 3,3 milioni di tonnellate a 5 milioni di tonnellate. L’accordo con Invitalia sottoscritto a dicembre prevede inoltre che entro il 2025 la produzione sarà pari, a 8 milioni di tonnellate e l’impiego di tutti i 10.700 dipendenti. Il tutto subordinato a un investimento pari a 2,1 miliardi.

Che cosa dire? Che dovranno avere un’AIA che autorizza un 33% di produzione in più? Che le emissioni sono proporzionali alla produzione? Che altre realtà siderurgiche hanno chiuso l’area a caldo, per rendere compatibile la fabbrica con le città dentro il cui territorio sono inserite? Risolveranno con la patacca dell’idrogeno, tanto cara ai sostenitori della teoria del cerino acceso, che tradotto vuol dire: “saranno cavoli di altri domani”.

Idrogeno come nuovo brand che vede Governo, Sindacati  Ancelor tutti d’accordo nell’uccidere la agricoltura pugliese e risolvere il problema delle emissioni di CO2 degli impianti, attraverso l’uso di un idrogeno che necessariamente per i motivi che dirò  sarà idrogeno  “ blù”.

Ricordo però che 50 anni fa la Direct Hydrogen Production organizzata dal Centro comune di ricerca della Commissione europea si parlava di produzione dell’idrogeno. Poi 20 anni fa la Commissione europea lanciò European Hydrogen and Fuell Cell technolohy platform, poi confluita nella Fuell Cell and Hydrogen Joint Undertaking che ha innescato progetti di ricerca nell’ambito del 6, 7 e 8 Horizon 2020.

Oggi il 97% dell’idrogeno impiegato nel mondo, in processi industriali viene prodotto da combustibili fossili. L’idrogeno verde che dovrebbe essere utilizzato nella produzione dell’acciaio viene generato in un elettrolizzatore dove una corrente elettrica da fonti rinnovabili genera la idrolisi dell’acqua con produzione di idrogeno. Sorvolo sulle tecnologie diverse degli elettrolizzatori (alcalini, polimerici e a ossidi solidi) per osservare che l’elettrolisi la fai sull’acqua dolce e non su quella del mare satura di cloruro di sodio in particolare! Acqua dolce che si sottrae all’agricoltura in Puglia che ha penuria di acqua? Al tempo del riscaldamento globale che incrementa la crisi idrica?

Una tonnellata di acciaio richiede 627 metri cubi d’idrogeno, 0.461 metri cubi di acqua e circa 2900 KWh di energia. Costi energetici ed economici riveleranno presto che si punterà sull’idrogeno blu! Quello ottenuto dal metano, catturando però la CO2 prodotta nel processo e sequestrandola o utilizzandola per produrre grafene o fullerene, allotropi del carbonio dotati di particolari qualità fisiche.

Assente la scelta di chiusura dell’area a caldo.

Chiuse le aree a caldo di Cornegliano, di Voest Alpine di Linz in Austria, di Pittsburgh e ultima in ordine di tempo la Ferriera di Serveola. La iattura di questo nostro Paese è l’assenza di vista lunga. Gran parte delle economie più sviluppate hanno beneficiato del passaggio dall’economia manifatturiera a quel post industriale dei servizi all’attuale basata sulla conoscenza. Abbiamo perso in termini di crescita negli ultimi 20 anni l’equivalente del PIL della Grecia. Non solo non si seguono con le scelte i trend del tempo, ma non si riesce nemmeno a fare la scelta della chiusura dell’area a caldo.

Non si comprende su quali basi si poggia la bufala sull’industria strategica, considerato che s’importano due su tre ingredienti fondamentali, carbone e minerale di ferro mentre solo per il calcare la produzione è normale.

Ilva non ha speranze e per ora potranno pure “incamerare” i due miliardi del Recovery Plan, purtroppo la sopravvivenza è possibile solo con una Ilva modello Alitalia che, con i problemi di finanza pubblica, prima o poi “imploderà” comunque. Il risvolto sociale è rappresentato da quante morti e patologie saranno ancora dovute a Ilva, prima che Ilva crepi!

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