Principale Politica Diritti & Lavoro La storia del bambino segregato in casa perché i genitori volevano uscire

La storia del bambino segregato in casa perché i genitori volevano uscire

Terzo arresto per la vicenda dell’undicenne di Arzachena chiuso in una stanza senza maniglia e con solo un secchio per i bisogni

Il ragazzino era riuscito però a beffare la coppia avvertendo i carabinieri con la chiamata di emergenza che è possibile effettuare anche senza scheda. I militari avevano trovato il bambino chiuso in nella stanzetta senza luce, con le persiane abbassate, le maniglie delle porte e delle finestre staccate e solo un secchio per esigenze fisiologiche. 

La donna arrestata è ritenuta dagli inquirenti una figura di forte personalità in grado di condizionare il comportamento della coppia che teneva segregato il bambino. Il suo ruolo nella vicenda venuta alla luce lo scorso luglio è emerso non solo dalle intercettazioni e dai racconti della vittima, ma anche da testimoni tra cui gli insegnanti dell’undicenne e anche un religioso. Nel corso delle indagini sono emersi particolari raccapriccianti sulle condizioni in cui il bambino era costretto a vivere tra privazioni (non aveva alcun giocattolo) e minacce, come quella di “venire rapito dai demoni per essere portato all’inferno”.

Di tutte queste vessazioni riusciva a non fare menzione a scuola e il suo unico ‘rifugio’ era una zia materna con la quale, infatti, aveva chiesto di parlare appena era riuscito a chiamare il 112 dalla sua ‘prigione’. L’abilità del carabiniere al telefono nel comprendere il dramma del ragazzino ha l’intervento dei carabinieri nella villetta con il conseguente arresto dei genitori. La donna arrestata ieri deve rispondere, così come la coppia oggi ai domiciliari, di sequestro di persona e maltrattamenti in famiglia.

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