Principale Politica Diritti & Lavoro La mani della mafia cinese sulla Toscana: allarme procuratore antimafia

La mani della mafia cinese sulla Toscana: allarme procuratore antimafia

La mafia cinese ha messo le mani sulla Toscana. Il boss viene adorato come un dio. A dirlo è Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, in audizione davanti al Comitato Schengen, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla Gestione del fenomeno migratorio. “Abbiamo indicazioni chiarissime in Toscana, con il metodo del modello mafioso e il capo cosca adorato come un dio: davanti al luogo in cui permaneva, c’erano file di autovetture i cui conducenti scendevano solo per baciargli la mano”. A pensarci bene sembra una scena da film, ma non è finzione, è tutto vero. La mafia cinese fa affari, come le altre associazioni criminali, nei campi più disparati. “Tantissime – spiega de Raho – sono le attività gestite sotto il controllo della mafia cinese. Tra queste c’è anche quello dei locali notturni e di tutte le attività economiche portate avanti. Anche in questo caso, come per la mafia nigeriana, la proiezione è nei confronti della comunità cinese attraverso il controllo e l’intimidazione”. In questo senso è interessante notare un forte calo negli ultimi anni delle rimesse a destinazione della Cina. Oggi, con 22 milioni spediti, -84% rispetto al 2017, la Cina è diventata il 36mo paese di destinazione nella graduatoria nazionale. Un crollo che alimenta interrogativi sulle modalità utilizzate dai cinesi in Italia per spedire soldi in patria, optando per canali informali, lontani dai money transfer operator (Mto), dai controlli, dalle commissioni e dal sistema di tracciabilità della Banca d’Italia. Per gli esperti da una parte le rimesse cinesi sono state dirottate verso bitcoin, carte pre-pagate, app telefoniche, sistema hawala,e dall’altra i cinesi starebbero ‘investendo’ in Italia: ci comprano con i nostri soldi. Fenomeno drammatico in Toscana. A Prato in particolare. Dove presto vedremo il primo sindaco giallo-rosso d’Italia. Sì, in quel senso.

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