Principale Ambiente, Natura & Salute Il Monte di Pietà di Tramutola

Il Monte di Pietà di Tramutola

BASILICATA – La storia del Monte di Pietà di Tramutola è stata già trattata da altri, ma nessuna storia, quale che sia l’epoca e l’argomento, può dirsi definitivamente ricostruita e non più suscettibile di integrazioni e nuove interpretazioni, man mano che si procede nel lungo e vario cammino umano, dietro la spinta di nuove esigenze ed argomentazioni.

Joannes Sahonus o Sahonis detto Pascalone, avendo avuto notizia che, nella città metropolitana del Regno di Napoli – con precisione, nell’Ospedale della Santa Annunziata – nonché in altre parti del Regno, era stata costituita un’opera di carità, volle realizzare una simile impresa anche a Tramutola. Il Monte di Pietà era una istituzione finanziaria senza scopo di lucro e l’erogazione monetaria avveniva in cambio di un pegno. La funzione del Monte era quella di finanziare persone in difficoltà, fornendo loro la necessaria liquidità.

Correva l’anno 1584 quando Joannes Sahonus in Tramutola reagì vivacemente ai problemi della vita sociale ed economica del suo tempo, destinando 800 ducati per il Monte di Pietà.

Possiamo pensare che fosse stato sollecitato dall’attività svolta in Val d’Agri dai frati francescani Minori Osservanti, che in quest’area si prodigarono non solo sul piano religioso, ma anche su quello della promozione sociale, favorendo la fondazione dei Monti di Pietà, quale “banche” dei poveri, in una terra di poveri qual era la Val d’Agri del XVI secolo.

L’istituzione del Monte era il mezzo per combattere l’usura e favorire il credito in termini d’assistenza ai bisognosi.

Per l’attività svolta dai francescani nel periodo del XVI secolo, in Tramutola, si rileva una frammentarietà storica ancora tutta da ricomporre, un capitolo, a dire il vero, ancora poco esplorato.

Il francescanesimo in Val d’Agri era presente già dal XIV secolo e, quindi, l’insediamento dei Padri Minori Osservanti in quest’area, fu rappresentato dal convento San Francesco di Marsiconuovo, che si estinse durante il decennio francese (1806-1815).

Si segnala il convento di Santa Maria dell’Aspro di Marsicovetere – che fu il romitorio nel quale il 15 giugno 1337 morì il grande spirituale fra Angelo Clareno, vissuto nei suoi ultimi anni tra Marsiconuovo e Marsicovetere; l’attività del convento di San Michele di Saponara (Grumento Nova), altro esempio di francescanesimo in Val d’Agri, convento soppresso il 13 gennaio 1808 e riaperto in seguito.

E’ da supporre che in Viggiano già dal 1478 sia stato eretto un convento intitolato a Santa Maria del Gesù, anche se non esiste un documento pontificio specifico che ne abbia permesso la costruzione.

E’ probabile che il convento fu costruito con la facoltà concessa dal pontefice Sisto IV con la bolla del 20 novembre 1473 (M.A. Bochicchio).

Tramutola, invece, avrà il suo convento dei frati Minori Osservanti all’inizio del XVII secolo(1). Sarà una nuova presenza religiosa, oltre ai benedettini. L’arrivo dei francescani si ha su richiesta fatta da un pubblico parlamento del 16 maggio 1613. Invece, con la bolla del 23 marzo 1615, si chiariscono le competenze del vescovo di Marsiconuovo e l’abate di Cava. Il vescovo di Marsiconuovo, dopo la bolla del 23 marzo 1615, concede un terreno di pertinenza nel territorio di Marsiconuovo per la costruzione del convento, che sorge a circa due chilometri di distanza dal paese, nei pressi della chiesa della Madonna del Carmine, che dà poi il titolo al convento.

Ritengo che durante la “cerca”, i frati di questi conventi della Val d’Agri nonché valenti predicatori dei Minori Osservanti e dei Cappuccini di Basilicata, che agivano sui territori di competenza confinanti con quello di Tramutola, abbiano avuto contatti con il popolo di Tramutola e, quindi, Joannes Sahonus abbia “ascoltato” i predicatori “questuandi” che tuonavano contro il diffondersi dell’usura e la sua connivenza con il commercio e contro gli usurai appartenenti al popolo “grasso” a danno del popolo “minuto”. Dagli studi di Primaldo Coco (I Francescani in Basilicata), si conoscono i nomi di valenti predicatori che operarono nella regione e nel Vice Regno di Napoli. L’elenco dei predicatori e dei lettori è lungo, e in questa sede non si può che accennare ai vari Giacomo Benincasa di S. Martino d’Agri, addottoratosi alla Sorbona di Parigi; Girolamo da Anzi, addottoratosi nello studio bolognese; Alessandro da Balvano, Antonio e Massimo da Pisticci, lettori questi ultimi nel convento di Santa Maria d’Orsoleo, nei pressi di Sant’Arcangelo; Ludovico da Moliterno, che istituì nel convento del suo paese uno studio di teologia; Arcangelo e Francesco da Ferrandina (educati intorno al 1590 nel convento dei Cappuccini di Ferrandina), insigni predicatori e lettori. Non si può che accennare a Girolamo da Marsico, a Tommaso da Saponara, Francesco e Agostino da Calvello, predicatori e teologi vissuti nella seconda metà del cinquecento. E’ doveroso ricordare che alcuni predicatori morirono in concetto di santità e come santi sono stati a lungo considerati: così fu Paolo da Calvello, morto in Potenza nel 1583, Filippo da Marsicovetere, morto in Marsiconuovo nel 1584 e Damasceno da Rivello, morto a Polla nel 1594.

La presenza francescana dovette essere un lievito attivo, ma a niente valsero le condanne ecclesiastiche rispetto ad una scelta molto individuale e personale, come sembra lasci intendere il detto medioevale: Qui facit usuram, vadit ad infernum; qui non facit, vadit ad inopiam.

Quindi affare strettamente privato l’andare all’inferno o in miseria.

Dalla seconda metà del cinquecento, Tramutola aveva visto affermarsi nella propria vita economica l’utilizzo d’usure, anche per piccoli prestiti. Proprio per far fronte a questo fenomeno e sconfiggere lo sfruttamento usurario, nasce l’idea di istituire il Monte di Pietà.

Ma perché i tramutolesi del popolo minuto, poveri e bisognosi, subivano l’indebitamento usurario? Le ragioni principali di bisogno possono essere ricondotte a tre motivi principali: malattie, istruzione per i figli e costituzione della dote per contrarre matrimoni.

Nel XVI secolo si ha un aumento demografico, e la conseguente rivoluzione dei prezzi: è il tempo in cui le crisi provocano la carestia e alla carestia seguono immancabilmente le epidemie e nella fase della malattia i poveri del popolo minuto erano costretti ad indebitarsi permanentemente con il popolo grasso ed a scontare il debito per vie usurarie.

L’istruzione prevalentemente era affidata ai chierici i quali, o per profitto proprio o della confraternita a cui facevano capo (la chiesa da loro officiata), richiedevano beni che spesso le classi minori del popolo non avevano e, quindi, per non rinunciare all’istruzione dei propri figli ricorrevano anche all’usura.

Innanzi a questi fatti, non è escluso che Joannes Sahonus abbia avuto un istinto di solidarietà umana, che impone di soccorrere i bisognosi.

La beneficenza poteva costituire una forma di restituzione o di riparazione, dovuta per reati d’usura o di furto.

I lasciti testamentari a favore dei poveri spesso erano il mezzo più sicuro per riscattarsi dai peccati.

Nell’archivio di Cava dei Tirreni (2), ho rinvenuto una copia dell’atto di fondazione del Monte di Pietà di Tramutola del 26 febbraio 1584, scritta in latino, e nello stesso fascicolo era presente una minuta, di cui ignoro il periodo.

Per le ragioni ideali che spinsero Joannes Sahonus alla fondazione del Monte, credo che occorre soffermarsi sulla minuta laddove si dice che ” Joannes Sahonus morso dallo Spirito Santo donò 800 ducati per istituire l’opera di beneficenza”.

Penso che morso dallo Spirito Santo deve intendersi per ciò che punge e tormenta l’animo o anche nel senso del rimorso, per il proprio passato, quando si avvicina l’ora del giudizio.

Io non so quale sia stata l’intenzione di Joannes Sahonus ed in quale senso fosse inteso il suo agire con l’atto di fondazione del Monte, forse vedo, nelle parole scritte, quello che poteva essere il suo pensiero mentre costituiva l’opera di beneficenza per i poveri Tramutolesi.

Forse, pensava all’indulgenza per la remissione di tutte o parte delle pene temporali concesse dall’autorità ecclesiastica ed a titolo di completa e definitiva assoluzione per i defunti, a titolo di suffragio.

Il fondatore nell’atto di istituzione del Monte, stabiliva che l’amministrazione doveva essere tenuta da tre rettori ed un priore, così com’era stabilito nei capitoli strumentali del Sacro Monte della città di Napoli.

L’atto di fondazione fu redatto dal notaio Desiderio Pascariello, il 26 febbraio 1584, ed esprimeva come volontà principale un legato per doti a povere ragazze ed un legato a sussidio d’istruzione.

L’approvazione degli statuti fu emessa con Bolla pontificia del 16 gennaio 1586, da Sisto V, che precisava lo scopo ed il modo di gestire l’opera pia, che doveva essere governata da un priore e due maestri, eletti ogni anno tra i benefattori che avessero offerto almeno 10 ducati, e come consigliere e assistente doveva essere nominato un sacerdote.

L’opera fu gestita secondo i dettami della Bolla pontificia e, in altre parole, con un priore che reggeva il governo del Monte come prima autorità e i due magistri o maestri con compiti di consiglieri, che attendevano al governo del Monte.

Quindi la Bolla pontificia aveva modificato nella sostanza il tipo d’amministrazione per il Monte di Pietà di Tramutola, che similmente a quello del Sacro Monte di Napoli, prevedeva che il priore aveva la rappresentanza del Monte, mentre i rettori avevano il governo.

Lo statuto prevedeva la restituzione del prestito entro un termine di sei mesi.

Molti prestiti non furono restituiti!

Il controllo d’amministrazione stabilito dalla Bolla di Sisto V, che doveva essere effettuata dall’Abate di Cava, era contestata dal vescovo di Marsico.

I “maggiorenti” del popolo tramutolese, che governavano di tempo in tempo il Monte, utilizzavano lo scontro episcopale tra l’Abate di Cava ed il vescovo di Marsico, per sottrarsi ai dovuti controlli stabiliti dal decreto del 17 settembre 1562, approvato nella XXII sessione del Concilio Tridentino, che faceva obbligo al vescovo di visitare o controllare l’amministrazione del Monte.

L’Abate di Cava, al rifiuto della visita e dei dovuti controlli sull’andamento dell’amministrazione, fece esposto alla Santa Sede la quale, per mezzo del Cardinale Gallo, il 13 settembre 1629, scriveva all’Abate di Cava della Congregazione Cassinese, Angelo Grassi (1627-1630) (3): Essendosi riferita nella Sacra Congregazione l’istanza di V.P. intorno al Monte della Pietà di Tramutola, Ella può e deve visitare il suddetto Monte e farsi rendere i conti dell’amministrazione secondo la forma del Sacro Concilio di Trento.

La contesa tra il vescovo di Marsico e l’Abate di Cava, per il controllo d’amministrazione del Monte, era dovuto al fatto che nell’anno 1628, la dote del Monte di Pietà fu accresciuta e restaurata dal dottore fisico don Filippo Tullio Durante, avendo lasciato in favore del Monte, la sua eredità. L’atto pubblico fu redatto dal notaio Giovanni Carlo de Ragutijs (Rauttis) ed ebbe come idea principale un legato per doti a povere fanciulle ed un legato a sussidio d’istruzione.

L’opera pia continuò a funzionare con le condizioni di sottrazione al controllo amministrativo, per almeno un secolo e mezzo, tant’è che con decreto emanato in occasione della S. Visita del 20 aprile 1787, da don Raffaele Pasca, Abate Ordinario della Diocesi del S. Reale Monastero della SS.ma Trinità di Cava (1781-1787), quale Apostolico Visitatore e Barone di Tramutola, si era ridotta a ben poca cosa e le opere di pietà erano divenute pressoché nulle, in quanto la cattiva amministrazione aveva provocato l’usurpazione e la dissipazione dei beni.

Le poche rendite rimaste, erano amministrate senza alcun regolamento, per questo l’Abate Raffaele Pasca, in forza dell’atto di fondazione, emanava un regolamento conforme alla volontà del fondatore.

Per l’amministrazione dei beni del Monte di Pietà, fu nominato priore don Nicola Castagna e, per i due rettori, fu stabilito che uno di questi doveva essere sempre il capo-eletto pro tempore dell’Università e l’altro scelto tra i benefattori.

Essendoci mancanza di questi, fu scelto come secondo rettore don Ludovico dei Pierri.

Il compito affidato al nuovo consiglio d’amministrazione del Monte era un compito molto delicato, in quanto si trattava non solo di amministrare fedelmente i pochi beni rimasti ma, cosa più ardua, quella di recuperare le rendite che erano state dagli amministratori precedenti disperse, distratte o forse usurpate.

La sede del Monte di Pietà di Tramutola era situata in una casa di quattro stanze, in Piazza Maggiore, attuale Piazza del Popolo, confinante con l’abitazione del notaio Rocco Falvella.

Nell’Archivio di Stato di Potenza (4), è conservato un ricco carteggio inerente il Monte di Pietà di Tramutola.

Gli eredi di Giovanni Savone, nelle persone di Lorenzo Antonio Savone, Donato Quagliariello, Francesco Ciccarelli ed Angela Rizzi, durante la primavera dell’anno 1812, inviarono un dettagliato rapporto all’Intendente di Basilicata e, con precisione, alla Commissione Amministrativa per gli Stabilimenti di Pubblica Beneficenza della Provincia, con il quale denunciavano le usurpazioni delle rendite del Monte di Pietà di Tramutola, da parte degli amministratori di quel Monte.

Gli eredi del Savone affermavano che, Giovanni Savone, quando istituì il Monte nell’anno 1586, mediante pubblica scrittura, aveva pensato principalmente al sollievo della causa degli indigenti e per i discendenti della sua famiglia, con la preferenza nei maritaggi ai suoi eredi e discendenti, sia in linea maschile che femminile.

I discendenti ricorrenti del Savone affermavano, inoltre, che l’attività propria, sempre crescente, degli amministratori, aveva fatto supporre che avevano spogliato il Monte di Pietà di tutti i beni che ne costituivano la dote, oltre all’accrescimento che si era avuto nei secoli dalla devozione dei fedeli, attraverso i lasciti.

Tutto l’esposto era rilevabile dall’istrumento di fondazione e dal libro dei crediti che i supplicanti conservavano, ed in base ai quali ricorrevano all’Intendente di Basilicata, affinché fossero prese in considerazioni le richieste di stabilire le disposizioni a vantaggio dei poveri e ricevere il sollievo che la mente dell’istitutore del Monte si era prefissa.

L’Intendente di Basilicata di Potenza, in data 6 maggio 1812, scriveva al sindaco di Tramutola, sorpreso di apprendere che in Tramutola operava un Monte di Pietà per il soccorso degli indigenti, istituito da Giovanni Savone nell’anno 1586 e che era stato dotato di beni ed in progresso di tempo era divenuto molto ricco, ed alla data del 6 maggio 1812 si trovava dissipato, perché dei suoi beni si erano appropriati, con abusi particolari, gli amministratori.

Con la stessa lettera l’Intendente chiedeva al sindaco di Tramutola, la fondazione del Monte, i documenti giustificativi dei beni ed i possessori, in quella data, e il nome dell’ultimo amministratore.

Il sindaco in carica nell’anno 1812, Michelangelo Marotta, con risposta alla lettera dell’Intendente di Basilicata, faceva presente che i fondi d’appartenenza al Monte di Pietà di Tramutola, eretto da Giovanni Savone, erano parte affittata e parte li possedevano, da discendenti, i familiari, ma egli non conosceva quali erano e comunicava, inoltre, di non avere notizia certa, in quanto i documenti della fondazione erano in possesso dei discendenti, i quali si erano negati di esibirli.

Il sindaco Michelangelo Marotta, l’undici maggio del 1812, comunicava di aver avuto copia autentica della fondazione – che ho rinvenuto nel fascicolo dell’Archivio di Stato di Potenza. La copia dell’atto di fondazione fu eseguita il 15 aprile 1812, dal notaio Girolamo De Cunto di Viggiano, come si evince dalla dichiarazione allegata: La presente copia, benché di aliena mano, viene da altra consimile copia esistente in un librone del Monte di Pietà della Comune di Tramutola a me esibito da Antonio Sahone di detto Comune ed allo stesso subito restituito, fatta la collazione, concordata, salvo sempre la migliore revisione ed in fede io infrascritto Notaio patentato in questo corrente anno, come dalla Patente n° 36 della Comune di Viggiano Provincia di Basilicata dato in Viggiano li 15 aprile 1800 dodici Notaio Girolamo De Cunto.  

Dalla comunicazione del sindaco Marotta, apprendiamo che l’ultimo amministratore del Monte è stato il signor Filippo Pierri, deceduto nel mese di dicembre dell’anno 1811.

Gli eredi del Savone, messi a conoscenza delle informazioni fornite all’Intendente di Basilicata dal sindaco Marotta, espongono il loro disappunto, in merito alle notizie fornite, in quanto il Monte di Pietà di Tramutola, per gli ultimi vent’anni alla data del 1812, era stato amministrato da Filippo Pierri e che i libri contabili erano conservati dal figlio Raffaele e che gli eredi del Savone non avevano mai posseduto tali beni.

I supplicanti eredi di Giovanni Savone precisavano che i beni del Monte erano ben noti e, da tempo in tempo, amministrati dalle famiglie dei galantuomini di Tramutola, i quali avevano defraudato i suffragi ai poveri, approfittando delle sostanze altrui, hanno cercato e avevano ricercato tuttavia di nascondere la verità per ostativo concerto tra loro, onde non potessero essere obbligati alla restituzione dei frutti inoperosamente percepiti a loro vantaggio ed in danno dei poveri e specialmente dei miseri congiunti del fondatore Giovanni Savone.

Gli eredi chiedevano che tutti i procuratori del Monte che avevano amministrato, dovevano rendere conto dell’introito ed individuare i beni con i quali si erano arricchite intere famiglie di galantuomini contro i sentimenti della pietà cristiana e della giustizia.

I supplicanti, oppressi, ricorrevano all’Intendente affinché prendesse le misure più idonee perché non trionfasse l’iniquità di coloro che altro non badavano, che ad opprimere.

Il sindaco Marotta, per riguardi particolari ben comprensibili, aveva inviato all’Intendente la sola copia della fondazione che gli era stata esibita dal discendente del fondatore del Monte, Lorenzo Antonio Savone, copia redatta il 15 aprile 1812 in Viggiano dal notaio Girolamo De Cunto.

Il sindaco, oltre ad inviare la copia della fondazione, avrebbe potuto rilevare quali erano i beni del Monte, dal libro da cui fu estratto l’atto di fondazione.

Avrebbe potuto obbligare gli eredi di Filippo Pierri, essendo stato costui l’ultimo amministratore del Monte, ad esibire tutte le scritture che riguardavano lo stesso.

Tant’è che l’Intendente in seguito obbligava il sindaco – con richiesta del 13 maggio 1812 – a costringere, per mezzo del giudice di Pace, il discendente Lorenzo Antonio Savone ad esibire il librone in suo possesso e, contemporaneamente, gli eredi del fu Filippo Pierri ad esibire tutte le scritture che riguardavano l’amministrazione del Monte.

Ancora era richiesto l’estratto dell’antico catasto dei beni del Monte esistente nel comune di Tramutola e che l’Intendente asseriva d’essere certo della sua esistenza.

Ancora si chiedeva l’elenco di tutti quelli che avevano amministrato il Monte.

L’Intendente obbligò il sindaco a recuperare le carte che riguardavano quello stabilimento e con il suggello e la firma del sindaco, dovevano essere trasmesse al Consiglio Generale degli Ospizi.

La lettera del 13 maggio 1821 si chiudeva con una minaccia verso il sindaco, ritenuto personalmente responsabile se i documenti non fossero stati trasmessi.

La lettera dell’Intendente ebbe un effetto, oserei dire, risolutore, perché superava le bugie di chi amministrava la cosa pubblica – a “me non consta, né ho potuto averne sin adora una notizia certa” come dichiarato dal Marotta, circa i documenti del Monte di Pietà di Tramutola – con una chiamata in causa diretta del sindaco, il quale veniva obbligato a recuperare i documenti richiesti, che poi sono pervenuti a noi. E così, il 9 giugno del 1812, il cancelliere comunale di Tramutola, Alessandro Marigliani, comunica all’Intendente la seguente rivela, riguardante i beni posseduti dal Monte di Pietà nell’anno 1748, in occasione del costituito catasto onciario:

Io qui sottoscritto cancelliere di questa università di Tramutola distretto di Potenza, provincia di Basilicata, qualmente avendo osservato il catasto del 1748 ho ritrovato nel foglio 1851 e 1852 la seguente rivela MONTE DI PIETA’.

Il sacerdote don Antonio Marotta Procuratore del Pio Monte rivela possedere lì seguenti beni: una casa di quattro membri alla contrada Piazza, confina il signore Rocco Falvella.

Un vignale alla Fontana Petina, confina Pietro Grieco.

Un terreno di un tomolo alli Cornicchie di Caolo, confina don Niccolò D’Errico.

Una pezza di castagne alla Varnita, confina notar Rocco Falvella.

Stoppelli due di castagne sopra S. Rocco, confina Donato Tavolaro.

Un territorio a questa parte Agri, confinano gli eredi di Pietro Messina, di questi beni se ne paga grana sedici a S. Tommaso di Marsico (Monastero delle Monache).

Istrumenti censuali redimibili.

Esigge da Giovanni Rivellese carlini sei.

Da Giovanni Apa carlini sette.

Da Annibale La Salvia carlini otto.

Da Andrea Lauletta carlini tre.

da Giovanni Battista La Scaleja carlini due.

Eredi di Sebastiano Marino carlini cinque.

Pasquale Ramagnano carlini quindici.

Donato Antonio Masino carlini quattro.

Francesca e Vincenzo Del Terzo carlini quattro.

Da Marco Danza carlini quattro.

Gennaro di Salvo carlini quattro.

Gerardo D’Errico carlini quattordici.

Giuseppe di Lorenzo carlini dodici.

Giuseppe Tavolaro per la terra alli Cozzi carlini due e ne paga al capitolo carlini due.

Tramutola 15 maggio 1812.

don Alessandro Marigliani cancelliere

Fò fede io quì sottoscritto cancelliere di questa università di Tramutola, Distretto di Potenza, Provincia di Basilicata qualmente avendo perquisito il libro del generale catasto del 1748 ho ritrovato al foglio 1853 la seguente rivela: Monte di Pietà di Durante, Don Francescantonio Marotta Mastro del Monte eletto……Tullio Durante rivela possedere detto Monte l’infrascritti beni.

Esigge da questa Università l’annualità di ducati ventisei e carlini quattro per capitale istromentario, esigge da Carlo Maffeo ed Andrea Caggiano carlini sei per censo enfiteutico della vigna alla Croce.

Se ne sidisfaro secondo la volontà del testatore ducati trenta annui per anni cinque alli chiamati che studiano legge e per anni sette a chi studia medicina e ducati cento pro una vice tantum alle famiglie per loro maritaggio, inguisachè per li studi suddetti e maritaggi va molto in attrasso.

Se ne pagano per la visione da conti in ogni anno carlini cinque.

Dalla rivela di cui sopra, apprendiamo che nell’anno 1748 nel libro del catasto generale al foglio 1853, il Monte di Pietà di Tramutola aveva cambiato denominazione, chiamandosi Monte Durante e non più Savone e, Don Francescantonio Marotta aveva assunto la qualifica di Mastro.

Nel rimettere i due estratti del catasto del 1748, il sindaco Michelangelo Marotta, il 28 maggio 1812, invia un libro informe che ha avuto dagli eredi di Filippo Pierri, ultimo amministratore del Monte, che, a suo dire, nulla conteneva riguardante l’amministrazione.

Questo libro informe non era conservato nel fascicolo dell’Archivio di Stato di Potenza, non conosco i motivi e pertanto non ho potuto esaminare il suo contenuto, ma a leggere quello che scriveva il sindaco Marotta, con quel libro Raffaele Pierri non poteva certamente funzionare d’amministratore.

Dai documenti conservati nell’Archivio di Stato di Potenza non ho potuto accertare come Lorenzo Antonio Savone sia venuto a conoscenza dei documenti trasmessi all’Intendente da parte del sindaco Marotta, ma sono sicuro che fosse informato da qualche persona, della corrispondenza tra il sindaco Marotta e l’Intendente di Basilicata.

Fatto certo è che qualche giorno dopo l’invio degli estratti catastali, da cui si evince che i Monte aveva cambiato denominazione in Durante, il Savone comunicava che affinché la pubblica Beneficenza potesse venire in chiaro della verità, i discendenti del fondatore Savone, poveri superstiti, presentavano un libro antico donde si veggono annotate le rendite tutte, i beni fondi, le significazioni dei passati procuratori, ed ogni altro che riguardava l’amministrazione del Monte di Pietà.

I discendenti di Giovanni Savone, per evitare il furore del sindaco e per far recapitare all’Intendente il libro antico, posseduto da loro discendenti, dovettero partire per Potenza, notte tempo da Tramutola, per far conoscere le frodi che poteva commettersi in danno alli poveri e della pubblica Beneficenza stessa.

I discendenti Savone denunciavano, inoltre, che i galantuomini del paese, essendo stati gli amministratori pro tempore, erano ritenuti responsabili per aver alienati dei beni annessi al Monte e specificatamente un territorio a Fontana…. e una vigna alla contrada detta alla Croce.

Del libro antico presentato all’Intendente dagli eredi Savone, nella busta da me consultata e conservata nell’Archivio di Stato di Potenza, non ho trovato traccia.

In possesso dei documenti sopra esaminati, l’Intendente chiedeva al sindaco Marotta di costringere legalmente l’erede del Pierri a presentare presso l’Intendenza i conti dell’amministrazione tenuta dal padre, altrimenti si sarebbero spedite le cauzioni. Non so se all’erede del Pierri furono spedite le cauzioni, ma ai fini di questa ricerca la notizia è irrilevante. Invece, del libro antico del Monte di Pietà di Tramutola abbiamo la notizia accertata, con documenti, che fu consegnato all’Intendente di Basilicata dai discendenti di Giovanni Savone.

Quindi, chi volesse completare la ricerca, può ripartire da questa notizia, a me è stato sufficiente seguire le sue travagliate vicende, dalla sua nascita fino agli ultimi sussulti delle richieste o, pretese, degli eredi di Giovanni Savone, sul Monte di Pietà di Tramutola. A tal proposito mi piace riportare il contenuto di una lettera dell’arciprete Donato Marigliani del 16 giugno 1812, con la quale informa l’Intendente di Basilicata, circa l’amministrazione del Monte di Pietà, che Filippo Pierri godeva buona opinione ed era adornato di tutte le virtù morali e, quindi, non credeva alle accuse che gli venivano rivolte sull’amministrazione del pio Monte. Anzi, affermava che, se i conti presentati non erano in regola, si compiaceva se l’Intendente avesse ordinato tutto ciò che stimava necessario per la loro verifica. A conclusione della missiva, l’arciprete Marigliani affermava che dopo la morte di Filippo Pierri, amministratore del Monte, alcuni eredi del Savone con il pretesto di essere eredi del fondatore del Monte di Pietà, di propria autorità “si sono posti nel possesso di alcuni fondi dell’istesso, anzi han fatto recidere un castagneto dal quale ne han percepito circa ducati trenta”.

Faccio rilevare, inoltre, che in data 22 novembre 1851, gli Amministratori di Beneficenza del Comune di Tramutola (5), inviano verbale all’Intendente di Basilicata, contenente notizie sulla qualità dei luoghi Pii e, relativamente al Monte di Pietà di Tramutola, giusto i documenti esistenti nell’Archivio di Beneficenza di Tramutola e, propriamente, come appare da un estratto del Grande Archivio di Napoli, il fondatore del Monte ne fu un tale Dottor Fisico Don Filippo Tullio Durante. Ciò significa che a Tramutola, dal tempo che il Monte di Pietà venne arricchito con l’eredità del Durante, l’opera pia era riconosciuta a questi e non più al Savone.

(1) cfr. Vincenzo Petrocelli “Tramutola – Il Monastero di S. Maria del Carmine” RCE edizioni srl Piazza Bagnoli, 19 Napoli.

(2) Biblioteca Statale del Monumento Nazionale Badia di Cava-Archivio al settore Beneficialia Canc. N° 36.

(3) Biblioteca Statale del Monumento Nazionale Badia di Cava-Archivio al settore Beneficialia  N° 57.

(4) ASP  settore Consiglio Generale degli Ospizi busta N° 452.

(5)Per il Sindaco Presidente il secondo eletto Filippo Mazziotta; La Commissione: Michele Arciprete Guarini, Carlo Marotta, Domenico Greco; Il Segretario di Beneficenza Michele Marino; Decurioni: Giambattista Cotinella, Raffaele Marigliani, Luigi Annicchino, Michele Tilio, Francesco Marino, Giuseppe Aulicino, Filippo De Nictolis.  

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