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Conte e il Recovery plan bocciati da Renzi che, invece, elogia la politica dei bassi salari

Che le ingenti risorse assegnate dall’Europa all’Italia avrebbero costituito un incentivo ad allargare il solco che divide le formazioni politiche in Italia era largamente prevedibile. L’imprenditorialità industriale e commerciale non vuole farsi sfuggire l’occasione di accaparrarsi la fetta maggiore della torta, considerata, in modo distorto, un bottino di guerra che, quindi, va spartito secondo criteri che privilegiano i capi, lasciando alla truppa solo le briciole. Di questa aspirazione si sono fatti portavoce Renzi e i capi delle destre ai quali, ormai, si sono affidate, speranzose, le associazioni industriali e del commercio. Ai lavoratori? Bastano le promesse. Vuote promesse patrocinate dalla grande stampa ormai in mano ai padroni. E i partiti di sinistra con chi stanno? Il loro silenzio contribuisce ad avallare le tesi della strana società Renzi – Salvini – Meloni, contro le quali sarebbe urgente presentarsi alla truppa per rivelare il grande inganno.

E’ di questi giorni la notizia che Renzi, il rivoluzionario, in un incontro con i rappresentanti della famiglia reale saudita, ha lodato la politica dei bassi salari, la sola che, secondo il Nostro, potrebbe portare l’Italia a un nuovo Rinascimento. Non solo. Ma sembra che il Governo da lui presieduto abbia autorizzata la vendita di armi da guerra in favore dei Paesi arabi; autorizzazione revocata dal Governo Conte. Si tratta del Renzi che ha aperto una crisi politica le cui ragioni rimangono un mistero. O no? Possiamo noi accettare che interessi miserevoli sovrastino quelli generali? Il vero inganno è quello di farci credere che il Rinascimento passi attraverso il predominio degli interessi di parte. Per valorizzare i quali il padronato e i cantori del falso Rinascimento sono fortemente impegnati a combattere Conte e il Governo da lui presieduto che si sarebbe rivelato incapace di predisporre un valido strumento, quello conosciuto come Recovery plan. Impegno, quello di demolire la credibilità e l’affidabilità del Presidente del Consiglio, portato avanti con sedicenti politologi che, ospiti ben remunerati dei giornaloni padronali, ogni giorno auspicano la cacciata di Conte ritenuto un misterioso personaggio giunto dal nulla, un soggetto estraneo al pianeta della politica, forse un extraterrestre inadatto a governare un Paese, l’Italia, in cui operano imprenditori, tra i quali prosperano, felici e contenti, alcuni grossi evasori fiscali capaci, però, di elemosinare aiuti statali.

A rivelare l’imbroglio ben costruito sulla presunta incapacità del nostro Presidente del Consiglio, Domenico De Masi, autorevole sociologo del lavoro e autore di numerose pubblicazioni che trattano la materia sotto il profilo sociologico, è intervenuto con un articolo dal titolo “Recovery plan. Il solito ignoto” (Il Fatto Quotidiano del 29 gennaio 2021), in cui denuncia la leggerezza di certi commentatori politici e di famosi opinionisti che, a suo avviso, esprimono giudizi infondati su un documento che non hanno mai letto. Il De Masi afferma che il Recovery plan, di ben 167 pagine, contiene non un semplice elenco della spesa, ma “una descrizione dettagliata delle sei missioni raccomandate dall’Europa, per ogni missione, vi sono le varie parti componenti. Ad esempio, la missione che riguarda la digitalizzazione è distinta in Pubblica amministrazione, imprese, turismo e cultura. Le componenti sono 16 in tutto e, per ognuna, sono previsti gli specifici interventi concreti. Per ognuna delle missioni, delle componenti e degli interventi, sono indicati i miliardi assegnati”.

Una cultura vera dovrebbe occuparsi di studiare le questioni ed esporle nella loro reale entità. Mettersi al servizio dei padroni è un modo per svilirla. In un Paese serio i mezzi di comunicazione di massa dovrebbero svolgere la funzione sì di cani da guardia, ma riferire i fatti nella loro realtà. Non parliamo, poi, dei politici. Di maggioranza o di opposizione, se i politici mirassero al conseguimento dell’interesse generale, farebbero proposte differenti solo sulle modalità e sui mezzi da adottare. Non sui fini, che dovrebbero essere comuni. Ovviamente se si vuole il bene del Paese.

Raffaele Vairo

Tags: Recoveru fund, Conte, Renzi,

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