Principale Cronaca Violenza Sentenza storica della Cassazione

Sentenza storica della Cassazione

No alla violenza anche verbale contro le donne
No alla violenza anche verbale contro le donne

Sentenza storica della Cassazione

Una sentenza storica, quella numero 32937 del 7 ottobre 2025, con cui la Suprema Corte ha condannato il compagno maschilista di una donna provata da continue umiliazioni verbali e atteggiamenti denigratori.

La sentenza dimostra che, per provare questo tipo di violenza, spesso silenziosa e nascosta tra le mura domestiche, non servono necessariamente segni fisici evidenti.

La voce della vittima, tanto più se supportata da testimonianze qualificate di professionisti come psicologi, assistenti sociali e corroborata dalle dichiarazioni di familiari e testimoni diretti, possiede un valore probatorio più che sufficiente per condurre alla condanna.

Il messaggio è chiaro: la giustizia è in grado di vedere e punire anche quella violenza che non lascia lividi visibili, ma che ferisce profondamente l’anima e distrugge l’identità di chi la subisce.

I giudici hanno evidenziato come il racconto della donna non sia rimasto isolato, ma sia stato rafforzato da molteplici elementi che ne hanno confermato l’attendibilità.
Tra questi, il ruolo principale lo ha svolto la deposizione della psicologa presso cui la vittima aveva iniziato un percorso terapeutico. Un percorso che la donna era stata costretta a intraprendere di nascosto, proprio a causa del controllo ossessivo esercitato dall’uomo su ogni suo movimento, orario e spostamento.
Durante le sedute psicologiche, la compagna aveva descritto con precisione le continue prevaricazioni subite, delineando alla professionista un quadro dettagliato dell’atmosfera di oppressione che caratterizzava la sua vita quotidiana. Questa testimonianza specialistica ha rappresentato il riscontro fondamentale che ha permesso ai giudici di ritenere credibile e veritiero il racconto della vittima, trasformando le parole in prove concrete di un reato che, spesso, rimane invisibile.
di Evelyn Zappimbulso_vicedirettore@corrierepl.it

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