
“In tribunale per difendere i diritti dei tarantini. Basta con le produzioni che uccidono.”
L’ udienza di ieri a Milano, ha segnato un altro passo nella lunga battaglia per la giustizia ambientale e sanitaria di Taranto. Davanti ai giudici si è discussa la causa promossa dai cittadini e dall’ Associazione Genitori Tarantini, che chiedono una cosa chiara: il blocco della produzione nello stabilimento ex Ilva, almeno fino a quando non saranno garantite vere misure di tutela per la salute e l’ambiente.
Alla presenza degli avvocati Maurizio Striano e Ascanio Amenduni, la delegazione – che supporto da sempre – ha ribadito ciò che ripetiamo da anni: non può esserci lavoro se manca la salute, e un impianto che avvelena un’ intera città, non può continuare a produrre.
Corte di Giustizia Europea
L’azione inibitoria è ancora piu necessaria alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Europea del giugno 2024, che ha stabilito un principio semplice e potente: se un impianto mette a rischio la salute e l’ambiente, va chiuso.
Una verità che stride con la nuova AIA rilasciata a luglio, che invece consente la prosecuzione della produzione senza alcuna reale garanzia per i cittadini.
È stata chiesta la sospensione immediata delle attività della chiusura dell’ area a caldo, perché la produzione prevista ed autorizzata di circa 6 milioni di tonnellate di acciaio – implica la riattivazione di tre gli altoforni. Una prospettiva inaccettabile per chi vive ogni giorno gli effetti dell’inquinamento.
Tra due mesi la verità
La decisione del tribunale è attesa tra due mesi. Ci auguriamo che i giudici scelgano di rispettare gli obblighi fissati dall’ Europa e i diritti dei tarantini: quelli di vivere in una città pulita e di lavorare in un posto sicuro.
Il mio impegno continuerà, come sempre, al fianco di chi lotta per la salute, l’ ambiente e la giustizia sociale, obiettivi che verranno sempre enunciati e messi in evidenza ogni qualvolta ce ne sarà bisogno.
Taranto non può più aspettare.
La Puglia, tutta, richiede attenzione ed impegno: non può esserci una provincia “malata” in una regione che aspetta di essere ricollocata sul piano dell’economia, del turismo e della parità sociale. Ogni battaglia di bonifica e rico versione va portata avanti nelle sedi opportune.





