
È stato raggiunto un primo accordo fra Israele ed Hamas negli incontri a Sharm El Sheik in Egitto.
Si tratta di accordi portati avanti con la shuttle diplomacy. Vale a dire che sono frutto di un dialogo in cui le parti non si parlano in presenza ma dialogano attraverso mediatori.
In questo caso i mediatori sono egiziani, qatarini e turchi.
Come ci si è arrivati? È indubbio che gli aspetti militari – che conosciamo poco – hanno un peso.
È possibile che Hamas si consideri ormai alle strette su un piano militare.
Ha infatti firmato un accordo che prevede la consegna della carta più importante che possiede: quella degli ostaggi. Si è anche deciso che la liberazione avvenga senza spettacolarizzazioni.
In cambio che cosa otterrà? Otterrà la liberazione di circa 1700 prigionieri.
Un altro aspetto previsto dagli accordi è la consegna delle armi da parte dei miliziani di Hamas. Ma questa consegna non andrà ad Israele, ma a un comitato egiziano palestinese da costituire.
In cambio i palestinesi otterranno un salvacondotto per i capi di Hamas e il ritiro parziale delle truppe israeliane dalla striscia di Gaza.
La firma dell’accordo c’è stata in mattinata. Adesso deve essere confermata dal governo israeliano.
Dovrebbe comportare un cessate il fuoco. Sarebbe già un successo se finissero i bombardamenti e le distruzioni. Israele chiede comunque per il momento che la popolazione palestinese rimanga nel sud della striscia.
La prudenza è d’obbligo. Anche perché non è la prima volta che si raggiungono degli accordi parziali che poi non hanno portato a nulla.
L’accordo prevede anche – e questa forse e la notizia più importante – che a fronte di un cessate il fuoco riprenda l’ingresso nella striscia dei camion con gli aiuti umanitari in cibo e medicinali.
L’ingresso dei camion, di per sé positivo, pone molti dubbi sulla loro destinazione. Infatti i funzionari delle Nazioni Unite avevano in precedenza dichiarato che non si sapeva che fine facessero. Notizie accompagnate da altre notizie giornalistiche sulla presenza di un mercato nero, un assalto da parte dei miliziani o forse dai civili.
I numerosi funzionari palestinesi delle Nazioni Unite vorrebbero gestirli e privilegiare gli ospedali.
Insomma è prematuro parlare di pace e di ricostruzione. Ma nei prossimi giorni si potrà capire se ci sarà una tregua e uno scambio di ostaggi e prigionieri.
È probabile che sulla adesione di Hamas influisca la posizione del Qatar, finanziatore di Hamas. Il Qatar ha proprio in questo giorni firmato un accordo con gli Stati Uniti che da paese amico lo fa diventare un alleato.
I paesi arabi si sono tutti espressi favorevolmente ai venti punti proposti da Trump. E questo probabilmente vuol dire che sono disposti ad accogliere un certo numero di miliziani con salvacondotto.
Hamas comunque ha dichiarato che intende conservare un ruolo politico a Gaza collaborando con istituzioni arabe.
È evidente che il principale ruolo è svolto dagli Stati Uniti, oltre che dai paesi arabi o mussulmani con cui Hamas ha buoni rapporti.
Il governo italiano che cosa avrebbe potuto fare se non esercitare una pressione morale e diplomatica? Poco, perché non ha mai concesso a Israele finanziamenti e non ha nulla da togliere e nulla da offrire.
Ha inviato aiuti umanitari e ospita circa 150 bambini che avevano bisogno di cure mediche oltre a un migliaio di adulti di cui alcuni potranno iscriversi nelle nostre università nell’ottica di contribuire a formare una futura classe dirigente.
Attilio Runello





