
Settecento anni fa era una epoca in cui le popolazioni cristiane cercarono combattendo di riconquistare i territori che gli arabi avevano tolto alla cristianità, e che erano diventati mussulmani.
La Sicilia era stata tolta agli arabi dai normanni e in Spagna era in corso la riconquista. Le crociate avevano riportato in mani cristiane gli attuali territori del Libano, della Palestina e parte della Siria. Gli arabi erano indeboliti dalla invasione dei mongoli.
In questo contesto si muoveva la Chiesa di papa Innocenzo terzo fra la fine del dodicesimo secolo e l’inizio del tredicesimo.
Si tratta di un’epoca le cui vicende tre secoli dopo verrànno cantate dai poemi del Tasso e dell’Ariosto.
Tuttavia gli storici quando parlano delle crociate usano termini critici e negativi.
Inoltre nei primi decenni del tredicesimo secolo si usa il termine di “crociata” anche per una guerra che avvenne in terra di Provenza.
La maggior parte dei manuali di storia attribuiscono alla Chiesa del Medioevo la persecuzione che subirono gli abitanti della regione attuale della Provenza da parte delle truppe di Simone di Monfort.
In particolare gli storici fanno riferimento al canone 27 – oggi diremmo articolo 27 – del testo approvato dal Concilio lateranense terzo alla fine del dodicesimo secolo
In realtà il testo non proclama nessuna guerra a nessuno. Condanna, come la Chiesa ha fatto sempre, la dottrina predicata dai catari come eretica. Raccomanda ai cristiani di non frequentarli. Ma non di ammazzarli.
Tuttavia i manuali di storia attribuiscono a questo concilio le responsabilità della guerra contro i catari promossa da Simone di Monfort anni dopo.
La guerra contro i catari, in particolare contro gli abitanti di Albi iniziò anni dopo, nel 1208 o 1209.
Nel 1208 era Papa Innocenzo terzo, un papa giovane animato da uno spirito di diffusione e difesa della dottrina del Vangelo.
Riteneva che lo si potesse fare con la predicazione, con il dislogo ma in alcuni casi anche con il potere temporale.
Promosse gli ordini dei francescani e dei domenicani.
Ma promosse anche una crociata: la quarta. Quella che doveva andare a Gerusalemme per liberarla ma andò a Costantinopoli.
Nelle crociate precedenti erano stati conquistati diversi territori in Medioriente. La attuale Palestina, il Libano.e la Siria.
Ma Gerusalemme era stata persa ed era tornata in mano mussulmana.
La Chiesa, in una epoca in cui i pellegrinaggi erano molto praticati, voleva che rinascesse la possibilità di recarsi a Gerusalemme, la città dei luoghi del vangelo.
Promosse dunque la quarta crociata.. La quarta crociata fu dirottata contro Costantinopoli e il Papa la sconfessò.
Il papa non aveva molto seguito. Lui insistette anche per la conversione dei catari. Inviò ad Albi un suo legato, che però venne ucciso.
Gli storici attribuiscono a lui la ” crociata ” contro gli albigesi. in realtà un nobile locale se ne approfittò per conquistare città e territori. Il Papa che forse sperava in un suo aiuto lo sconfessò e dichiaro che non sarebbero stati assolti. E Simone di Monfort andò a Parigi.dal re di Francia per farsi riconoscere le conquiste. Evidentemente della assoluzione non gli importava molto.
In Provenza comunque la guerra durò anche dopo la morte di Innocenzo terzo e Simone di Monfort. Fini’ nel 1229. L’eresia era stata debellata e le terre erano finite sotto il controllo del re di Francia. Terre che vantavano una lingua propria, una letteratura e una indipendenza.
Riportiamo il testo del codice 27 del Concilio lateranense che condanna l’eresia. Ci sono altri testi di condanna. Non vi sono testi che ne chiedono l’uccisione.
“Come dice il beato Leone, sebbene la disciplina ecclesiastica, contenta del giudizio sacerdotale, eviti la vendetta sanguinosa, è tuttavia aiutata dalle costituzioni dei principi cattolici, così che gli uomini cercano spesso un rimedio salutare, mentre temono la punizione corporale. Pertanto, poiché in Guascogna, Albigese e in alcune parti di Tolosa e in altri luoghi la perversità condannabile degli eretici, che alcuni chiamano Catari, altri Pubblicani, altri Paterini e altri con altri nomi, ha prevalso a tal punto che non praticano più la loro malvagità in segreto come altrove, ma manifestano pubblicamente il loro errore e attirano al loro consenso i semplici e i deboli, decretiamo che essi, i loro difensori e i loro destinatari, siano soggetti ad anatema, e proibiamo sotto anatema che chiunque osi tenerli o allevarli nella propria casa o nella propria terra, o intraprendere affari con loro. Ma se muoiono in questo peccato, né sotto il pretesto dei nostri privilegi o di qualche indulto, né sotto qualsiasi altra occasione, si faccia un’offerta per loro, né siano sepolti tra i cristiani.
Attilio Runello”





