
Sold out e grande entusiasmo del pubblico ieri sera, nell’Arena della Villa Peripato per il Nabucco di Verdi, opera di grande impatto e di notevole impegno
Al via ieri sera, con la complicità delle stelle, la stagione estiva del Taranto Opera Festival con il Nabucco, una delle opere verdiane, forse, più complesse, soprattutto per il carattere fortemente innovativo dei canoni musicali di essa, che necessitano di vocalità potenti e fortemente espressive, nonché di una coralità costante che deve sapere esprimere l’intensità drammatica dei singoli momenti scenici.
Una coralità in cui l’elemento trainante è proprio il coro che, se da un lato sfuma l’individualità dei singoli personaggi, crea la drammaturgia dell’evento, divenendone il vero protagonista.
Un progetto ambizioso
Indubbiamente, un’opera di grande difficoltà il Nabucco, divenuta nell’Italia del 1842, lacerata dal clima censorio imposto dalla dominazione austriaca, simbolo ed espressione dell’anelito di un popolo alla libertà.
Una sorta di individualità collettiva dunque, in cui il coro assume una sua identità, divenendo personaggio, protagonista del dramma.
Facile quindi comprendere come, sin dalle prime battute, sia proprio il coro ad aprire la narrazione. E’ infatti il popolo ebreo, dominato dal re assiro, Nabucco, che irrompe emotivamente sulla scena, introducendo lo spettatore in quel clima risorgimentale che, ancora oggi, domina la scena sconfortante del mondo.
Emozioni di una sera
Emozioni, voglia di riscatto, fragilità, rabbia, paure sono tutte nella voce di quel popolo che ieri sera, grazie alla professionalità del maestro del coro, Tiziana Spagnoletta, ha saputo esprimere quel grido di dolore.
Ma il momento più intenso indubbiamente è stato quel canto diventato ormai simbolo della sofferenza di tutti i popoli che vivono la schiavitù. Schiavitù della guerra, schiavitù del dominio E, nella calda notte tarantina, sulle note straordinarie di Va pensiero, i Tarenti Cantores hanno saputo toccare le corde più profonde dell’emozione, suscitando l’entusiasmo del pubblico.
Un’esplosione musicale
Momenti indimenticabili, in un crescendo musicale, reso ancor più intenso dalla straordinaria direzione d’orchestra del maestro Ferdinando Redavid, che ha portato l’orchestra del Taranto Opera Festival ad accarezzare la nota, a viverla, fino all’esplosione di tutta la sua potenza espressiva. E l’emozione si è fatta musica, sin dalla sinfonia che prelude al dramma scenico.

Poi la vita, l’amore, l’ambizione sono stati lì, su quella scena che si è colorata di quelle luci e di quelle ombre che fanno parte della quotidianità.
Nabucco, interpretato dal bravissimo Luca Bruno, è stato re, ma anche schiavo delle proprie ambizioni, sino alla follia, alla fragilità. E il confronto con la presunta e ambiziosa figlia Abigaille, resa ancora più intensa dalla potente voce del soprano Maria Cristina Bellantuono, ha assunto un’intensità drammatica fuori del comune, rivelando un uomo nuovo. Un padre che chiede, implora la salvezza della sua vera figlia:Fenena, interpretata magistralmente da Giulia Diomede.
Una situazione che ha rappresentato l’apice del dramma, in cui l’intreccio amoroso e la rivalità femminile si sono intersecati con quella libertà finalmente raggiunta da un popolo oppresso, grazie all’intervento salvifico di quel Dio, ancora oggi, troppo calpestato, dimenticato.
Nabucco, convertitosi al Dio degli ebrei, recupera il senno e riscatta il suo ruolo. Trionfa così l’amore tra Fenena e Ismaele, concupito da Abigaille, che si uccide.
Indimenticabile il finale che ha raggiunto toni straordinari grazie a vocalità prorompenti, quali quella di Angelo Forte ( Ismaele sulla scena e vera rivelazione della serata), nonché di Geo Chobanov, nei panni del gran sacerdote Zaccaria. E, da ultimi, ma indubbiamente di alto livello interpretativo, la brava Marcella Diviggiano, nei panni di Anna e il convincente Alessandro Arena, il Gran Sacerdote di Belo.
Tra applausi ed entusiasmo
E’ calato il sipario dunque, tra gli entusiastici applausi di una platea estremamente attenta e coinvolta, su questo primo appuntamento con la stagione estiva del Belcanto.
Un vero successo, grazie anche alla ricchezza dei costumi di Formediterra, alle scene curate con la consueta bravura da Damiano Pastoressa, ma soprattutto grazie ad una regia, quella di Vivien Hewitt, che non ha decontestualizzato l’opera verdiana con quelle spinte pseudointellettuali delle regie minimaliste dei nostri giorni.
Un plauso, quindi, agli organizzatori del Taranto Opera Festival che, ancora una volta, hanno regalato al pubblico tarantino una perla preziosa dell’Opera lirica italiana.