Principale Arte, Cultura & Società Il Tarantismo tra Scienza e Rito: Galatina al centro del dibattito culturale

Il Tarantismo tra Scienza e Rito: Galatina al centro del dibattito culturale

Dall’antica Grecia al Salento moderno, il convegno UNESCO riaccende il mito e la cura.

Il 28 giugno 2025, nella storica cornice dell’Ex Convento delle Clarisse, affacciato su Porta Galluccio nel cuore antico di Galatina, si è svolto con notevole partecipazione di pubblico e grande intensità intellettuale il convegno internazionale “Tarantismo e Medicina: dalla Grecia antica al Salento”. L’iniziativa, promossa congiuntamente dal Club per l’UNESCO di Galatina e dal Club per l’UNESCO della Grecìa Salentina, ha rappresentato un momento culturale di straordinario rilievo, connotato da una forte dimensione interdisciplinare, volto a rileggere il tarantismo come fenomeno complesso, stratificato e ancora oggi capace di interpellare il presente.

Un tema carico di storia, simboli e domande
Il tarantismo è stato, e in molti sensi continua ad essere, un enigma antropologico, un’esperienza liminale tra corpo e spirito, tra medicina e rito, tra patologia e salvezza. Originato in epoca premoderna, diffuso prevalentemente in Puglia e in particolare nel Salento, esso si è manifestato attraverso rituali coreutico-musicali rivolti a donne (e talvolta uomini) colpiti dal presunto morso della taranta, la tarantola. Ma dietro la figura mitica dell’animale velenoso si cela un universo culturale assai più ampio, fatto di tensioni sociali, traumi personali, sofferenze inespresse, ed esigenze di reintegrazione psichica e comunitaria. È in questo crocevia di discipline – filosofia, medicina, psicologia, musicologia – che si è inserito il convegno, offrendo un mosaico di prospettive in grado di rendere giustizia alla profondità del fenomeno.

I relatori: un confronto tra saperi antichi e scienze moderne
A rendere particolarmente significativo l’incontro è stato l’alto profilo dei relatori, che hanno saputo coniugare rigore accademico, chiarezza espositiva e passione per l’oggetto di studio.

  •  Prof. Romualdo Rossetti, storico della filosofia, ha inaugurato la serata con una raffinata riflessione sulla medicina antica, prendendo in esame i testi dei medici greci del corpus ippocratico e di Galeno, per mostrare come la danza e la musica fossero già considerate parte integrante della cura. La figura della tarantata, lungi dall’essere marginale, veniva letta in termini umorali, come risposta somatica a squilibri interiori. Ma Rossetti ha anche proposto un parallelo con il concetto moderno di “patrimonio immateriale”, ricordando come l’UNESCO promuova la tutela delle tradizioni orali, musicali e gastronomiche non solo come memoria del passato, ma come strumenti vitali di coesione sociale e identità collettiva. Il tarantismo, in questa ottica, si impone come un bene culturale vivente, testimone di una cultura mediterranea che ha sempre cercato la guarigione attraverso il simbolo, la danza e la parola.
  • Dott. Ioannis Koutsandreas, neuropsichiatra greco di lunga esperienza, ha portato un contributo di grande attualità clinica, illustrando il rapporto tra pratiche rituali e neuroscienze. Attraverso una rassegna di studi su terapia del movimento, musicoterapia e neuroscienze affettive, ha mostrato come le pratiche coreutiche dei riti del tarantismo abbiano anticipato molte intuizioni oggi confermate dalla ricerca neuropsichiatrica. Koutsandreas ha sottolineato che le danze ripetitive, il suono ritmico dei tamburelli e la presenza comunitaria attorno alla tarantata creavano uno spazio protetto di rielaborazione psichica, capace di stimolare la regolazione limbica, il rilascio di endorfine e la reintegrazione identitaria. Un meccanismo terapeutico non farmacologico, la cui potenza non va sottovalutata.
  •  Dott. Luca Xodo, psicologo, ha proposto un intervento denso e articolato sul ruolo dello psicologo nella società contemporanea, sempre più segnata da fratture sociali e bisogni di ascolto. A partire dalle teorie della neuroplasticità e delle emozioni embodied, ha messo in luce come i rituali di guarigione collettivi, come il tarantismo, possano essere letti oggi come modelli di cura integrata, capaci di mobilitare risorse interiori attraverso l’interazione tra mente, corpo e relazioni sociali. Secondo Xodo, la tarantata non era solo una paziente: era una narratrice di sé stessa, il cui linguaggio era il corpo, la danza, il ritmo. In questa narrazione, la psicologia moderna può ritrovare strumenti preziosi per affrontare i disagi del nostro tempo.
  • Prof. Pierpaolo De Giorgi, filosofo ed etnomusicologo, ha chiuso la serie degli interventi con una lectio magistralis sul tarantismo come rito dionisiaco e simbolico. Dopo aver evocato l’archetipo di Dioniso, dio del disordine fecondo, della follia creatrice e della liberazione dalle convenzioni sociali, De Giorgi ha proposto una rilettura del tarantismo non come semplice fenomeno patologico, ma come rito di passaggio e risignificazione. La musica, nel suo modello ciclico e ipnotico, agiva come codice primordiale per ricostruire l’equilibrio infranto, rendendo possibile una rinascita simbolica. L’efficacia del tarantismo, secondo De Giorgi, risiedeva nella sua capacità di “mettere in scena la crisi” e trasformarla in atto creativo, in espressione estetica e cura comunitaria.

I saluti istituzionali: la voce della memoria e dell’impegno
A dare maggiore solennità all’incontro, sono stati i saluti istituzionali del Dott. Salvatore Coluccia, Past President del Club per l’UNESCO della Grecìa Salentina, da sempre attivo nella valorizzazione del patrimonio culturale e linguistico dell’area ellenofona del Salento. Le sue parole hanno ricordato l’importanza di difendere e raccontare queste tradizioni non come elementi folkloristici, ma come strumenti profondi di conoscenza e dialogo:

“Questo convegno ha dimostrato come la cultura sia ancora capace di unire, di suscitare domande, di generare ponti tra epoche e popoli. Il tarantismo è il simbolo di una terra ferita e insieme resiliente, di un popolo che ha trovato nella musica, nel ritmo e nella danza una risposta simbolica alle proprie lacerazioni interiori. Ringrazio i relatori per averci restituito, con competenza e passione, il significato profondo di questo patrimonio. Auspico che eventi come questo continuino ad alimentare lo spirito dell’UNESCO, affinché la cultura sia sempre più veicolo di pace, identità e coesione”.

Un patrimonio vivo tra scienza e mito
Il convegno si è concluso con un sentito applauso da parte del numeroso pubblico presente, composto da studiosi, appassionati, operatori culturali e cittadini. A margine degli interventi si è svolto un dibattito ricco e partecipato, durante il quale sono emerse proposte per future pubblicazioni, percorsi formativi, progetti di documentazione e valorizzazione del tarantismo come patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

In un tempo in cui il bisogno di cura e di identità torna ad essere centrale, il tarantismo si rivela non come una reliquia del passato, ma come una narrazione simbolica ancora capace di guarire, spiegare e connettere.

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