Principale Arte, Cultura & Società Il Codice Voynich: L’enigma indecifrabile che sfida scienziati e criptografi da secoli

Il Codice Voynich: L’enigma indecifrabile che sfida scienziati e criptografi da secoli

Nel cuore silente della Beinecke Rare Book & Manuscript Library dell’Università di Yale, giace un antico volume avvolto in un impenetrabile manto di mistero: il Codice Voynich.

Composto da 240 fogli di pergamena densamente scritti con caratteri sconosciuti, intricati diagrammi cosmologici e illustrazioni di piante mai viste, questo manoscritto medievale rappresenta una delle sfide più tenaci all’ingegno umano. Dal suo ritrovamento nel 1912, generazioni di studiosi, linguisti e persino esperti di intelligence militare si sono cimentate, invano, nel tentativo di decifrarne il contenuto, alimentando teorie che spaziano dall’alchimia rinascimentale a ipotetici messaggi provenienti da civiltà extraterrestri.
Scoperto dall’antiquario polacco Wilfrid Voynich in un collegio gesuita italiano, il manoscritto risale, secondo le datazioni al carbonio, agli albori del XV secolo. La sua provenienza, tuttavia, resta avvolta nella nebbia: le prime tracce storiche lo collocano alla corte di Rodolfo II d’Asburgo, sovrano praghese celebre per il suo interesse per l’occulto e le scienze esoteriche. Chi ne fu l’artefice? Un erborista visionario? Un cifrista di straordinaria abilità? O forse, come suggerì lo stesso Voynich, il filosofo medievale Ruggero Bacone, precursore di scoperte scientifiche proibite e conoscenze arcane? Le pagine, ornate con un alfabeto composto da 20-30 glifi mai riscontrati altrove, sembrano sfidare ogni logica conosciuta, quasi beffandosi di chiunque osi avvicinarsi alla loro interpretazione.
Il codice si articola in sezioni tematiche ben distinte: **botanica**, con 113 disegni di piante dall’aspetto fantastico, radici serpentine e fiori ibridi che sembrano nati da un sogno; **astronomia**, con diagrammi circolari che evocano costellazioni ignote e fenomeni celesti inesplorati; **biologia**, con figure femminili immerse in liquidi enigmatici, evocando rituali misteriosi e processi vitali sconosciuti; **farmacologia**, con ricette illustrate da ampolle, erbe e sostanze indecifrabili, suggerendo la preparazione di elisir e medicamenti di natura ignota. Ogni sezione è redatta in uno “*scriptio continua*” privo di punteggiatura, con parole che si ripetono in sequenze quasi ipnotiche, creando un ritmo incomprensibile che sfida la comprensione. Studi statistici rivelano una struttura linguistica apparentemente coerente—frequenze di lettere che ricordano l’arabo o il latino—ma priva di un significato che possa essere decifrato con gli strumenti della linguistica convenzionale.
Nel corso della Prima Guerra Mondiale, il crittografo William Friedman—padre della National Security Agency (NSA)—analizzò il testo alla ricerca di schemi sostitutivi o trasposizioni, ma i suoi sforzi si rivelarono vani. Negli anni ’70, il fisico Prescott Currier avanzò l’ipotesi dell’esistenza di due “lingue” distinte all’interno delle pagine, una teoria che, pur affascinante, non portò a risultati concreti. L’informatico James Martin, con ingenti investimenti, finanziò ricerche multimilionarie, ma anche queste si conclusero senza successo. Nel 2018, un’intelligenza artificiale sviluppata presso l’Università di Alberta tentò di classificare il testo come ebraico codificato, ma le traduzioni prodotte si rivelarono frammentarie e prive di senso compiuto. Persino il team di Bletchley Park, celebre per aver decrittato Enigma durante la Seconda Guerra Mondiale, si arrese all’imperscrutabilità del Voynich, riconoscendo la sua inaccessibilità ai metodi di decrittazione convenzionali.
Alcuni, come il teorico della cospirazione Jacques Bergier, vi hanno scorto messaggi cifrati provenienti da civiltà perdute o conoscenze di origine aliena, suggerendo che il codice fosse un dono di visitatori extraterrestri o un manuale di tecnologia antica troppo avanzata per essere compresa dall’uomo. Non mancano coloro che, come il professor Gordon Rugg, sostengono si tratti di un elaborato falso rinascimentale, creato con un sistema di griglie per generare pseudo-parole prive di significato, con l’intento di truffare sovrani bramosi di segreti esoterici e conoscenze occulte. Altri ancora, come il linguista Stephen Bax, tentano di decodificare singoli glifi attraverso analogie con lingue antiche, identificando termini isolati come “titanio” o “giusquiamo”, ma senza riuscire a costruire un contesto coerente che possa svelare il significato complessivo del manoscritto.
Il Codice Voynich, oggi digitalizzato e reso accessibile a studiosi di tutto il mondo, rimane un monolite indecifrabile nella storia della conoscenza umana. Ogni ipotesi—dalla crittografia ingegnosa alla glossolalia mistica—solleva nuovi interrogativi, alimentando un ciclo infinito di speculazioni e teorie. Forse, la sua vera lezione risiede proprio nell’inarrendevolezza del mistero: in un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale e dall’analisi dei big data, questo manoscritto del XV secolo ci ricorda che alcune porte resistono a ogni chiave, sfidando la nostra presunzione di poter comprendere ogni cosa. Che sia opera di un genio, di un folle o di un abile impostore, il Voynich incarna l’essenza più pura della curiosità umana—quella che non si limita alla ricerca di risposte, ma si nutre di domande, esplorando i confini dell’ignoto. Finché le sue pagine rimarranno mute, continueranno a fungere da faro per coloro che osano sfidare l’inconoscibile, un costante promemoria del fatto che, talvolta, il viaggio alla ricerca della verità può rivelarsi più affascinante della verità stessa.
R.V.S.C.B.

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