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Calimera inaugura i Giardini MurghíMemoria viva di Franco Corlianò poeta della Grecìa Salentina

Un nuovo spazio urbano, un atto di comunità, un giardino per crescere e ricordare: l’omaggio di Calimera al suo figlio più autentico.

CALIMERA – Sotto un cielo terso di inizio primavera, il borgo di Calimera ha vissuto un momento di grande significato simbolico: l’inaugurazione dei Giardini Murghí, il nuovo spazio verde urbano che affianca la Casa della Cultura in Largo Gabrieli. Non un semplice parco pubblico, ma un luogo dedicato alla memoria di Franco Corlianò (1945–2015), scrittore, poeta e custode della lingua grika salentina, figura chiave della cultura locale e interprete delle radici contadine e spirituali di questa terra.L’evento, fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale, guidata dal sindaco Gianluca Tommasi, e dalla Presidenza del Consiglio Comunale, affidata all’Avv. Pantaleo Palumbo, ha coinvolto istituzioni, associazioni, scolaresche e un nutrito pubblico di cittadini, amici e appassionati, in una celebrazione collettiva della parola, della memoria e delle radici.

Fiabe e allegria nel giardino: l’infanzia di Franco in parole

La cerimonia si è aperta con la toccante lettura di Maria Ròca Montinaro, moglie del poeta, che ha esordito con le parole dall’infanzia condivisa: “Io ho giocato in questi giardini”. Un istante in cui il passato familiare si è fuso con il futuro collettivo, richiamando alla memoria giochi di bambini e voci di una comunità che cresce e si riconosce. Ròca ha accolto con commozione un lungo applauso, rievocando la forza semplice della quotidianità e la capacità di Franco di farsi portavoce di un mondo intero.

“Pratìso panta mii’ ciofali panu: e kanni tipo ane livrosi poja” – “Avanti sempre, a testa alta”: la filosofia di vita di un poeta

Maria ha rivelato poi il motto che ha accompagnato la vita di suo marito:“Pratìso panta mii’ ciofali panu: e kanni tipo ane livrosi poja” , ovvero “Avanti sempre, a testa alta”. Una frase in lingua grika che sintetizza la determinazione, il coraggio e l’autenticità di Corlianò, caratteristiche che hanno ispirato la cerimonia e diventano guida per chi oggi frequenterà quei giardini.

Interventi istituzionali: tra memoria, cultura e rigenerazione

L’Avv. Pantaleo Palumbo, presidente del Consiglio Comunale, ha tracciato un ritratto intenso e vigilante di Franco come uomo di cultura e grande rigore etico. Ha ricordato le sue opere, la passione per la cultura grika, la sua discreta capacità di saldare memoria e impegno, poesia e comunità. “Non ha mai cercato la ribalta, ma la sua voce ha raccontato le radici di questa terra”, ha affermato, sottolineando il valore della scelta di un giardino dedicato a lui: “Una radice fisica per una cultura che non deve morire”.

Il sindaco Gianluca Tommasi ha parlato di rinascita urbana e civica: “I Giardini Murghí non sono un semplice giardino, ma un presidio di cittadinanza. Qui cresceranno i bambini, si incontreranno gli anziani, si racconteranno storie. E da qui ripartiremo per difendere la nostra identità”.

Ricordi e testimonianze: voci del territorio

Andrea Aprile, consigliere comunale e rappresentante della Grecìa Salentina, ha riportato un’immagine corale di Corlianò, testimone del Salento degli anni ’70 e collaboratore di Angela Campi Colella  e di suo padre sindaco di Calimera: “Franco non era solo un poeta: era l’anima che raccontava la nostra identità. La scelta del nostro inno, Kalinittà, nata da una delibera consapevole, conferma il valore culturale profondo che ci ha lasciato”.

Don Giuseppe Guido, tra i relatori finali, ha definito Franco come “uomo dalle pepite d’oro nel cuore”, capace di far vibrare il suo paese con la sua voce poetica e profonda fede. Ha aggiunto:Franco Corlianò non fu soltanto un poeta. Fu una voce, un’anima, una presenza che ha attraversato la storia recente del Salento come un filo di luce nella trama della memoria collettiva. I suoi versi non erano ornamento, ma sostanza viva, scavati come pietre antiche nella terra del Sud. Ogni sua parola portava con sé il profumo delle erbe selvatiche, il suono delle cicale, il silenzio dei campi al tramonto, la lingua dei nonni sussurrata attorno al camino.Fu uomo di teatro, di strada, di scuola, ma soprattutto uomo di popolo e di radici. La sua cultura non era esibita: era vissuta. Non apparteneva ai salotti, ma ai muretti a secco, alle voci delle donne nei vicoli, ai canti delle feste di paese. Franco parlava con il cuore, e scriveva come chi sa che la parola può curare, risvegliare, salvare.Le sue poesie nascevano dal basso e salivano verso l’alto, come le querce antiche che amava, e che, come lui, affondavano nella storia e si tendevano verso il futuro. Il griko – quella lingua antica, fragile e fortissima – è stato il suo respiro. Lo ha raccolto, protetto, nutrito e rilanciato nel mondo. Non per nostalgia, ma per amore. Non per chiudersi nel passato, ma per offrire al presente un’identità da cui partire.Opere come Andrà mu pai e Klama sono oggi più che testi poetici: sono inni, voci collettive, brani di un’antropologia affettiva che racconta non solo la Grecìa Salentina, ma ogni luogo che ha conosciuto l’emigrazione, il distacco, la speranza. Non a caso sono riconosciute dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità: perché sono universali, pur parlando in dialetto, in griko, in silenzio.E proprio nel ricordo di quel silenzio carico di senso, si è levata la voce intensa di Don Giuseppe Guido, che lo ha conosciuto da vicino e amato come fratello:“Franco era un uomo con pepite d’oro nel cuore. Scavava nella terra della sua anima e ne tirava fuori tesori. Era fede e coerenza, ascolto e verità. Non imponeva la sua grandezza: la offriva, e per questo veniva amata”.

L’emozione musicale: “Andrà mu pai” nella voce di Nadia Esposito

Il momento simbolico più atteso è arrivato con l’interpretazione de “Andrà mu pai”, brano interpretato da Nadia Esposito, accompagnata al pianoforte da Doriano Longo. Le note e le parole hanno riempito il giardino, unendo il presente alla memoria e gli spettatori in un momento di comunione culturale, confermando che la cultura grika respira ancora, e con forza.

Giardini Murghí: uno spazio per il futuro della comunità

I Giardini Murghí non sono solo un’area ludica o ricreativa: sono un laboratorio di memoria e cittadinanza, un presidio di cultura. Un luogo dove i bambini cresceranno ascoltando i racconti dei nonni, dove le suggestioni poetiche faranno parte del vivere quotidiano, e dove si ritroveranno i valori della comunità: cooperazione, memoria, radici e futuro.In un’epoca in cui identità e memoria rischiano di evaporare, la scelta di Calimera è chiara e netta: non rinunciare alla propria storia, ma nobilitarla. I Giardini Murghí, dedicati a chi ha fatto delle radici una poesia viva, sono la prova che la cultura non è solo parola scritta, ma azione condivisa.

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