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Dinko Fabris: la musica antica che guarda al futuro, da Matera al mondo

Fig. 1 Dinko Fabris – San Pietroburgo 2016

Nel cuore della Basilicata, tra i Sassi di Matera e l’eco della cultura europea, opera una delle figure più eminenti della musicologia internazionale: Dinko Fabris, docente all’Università della Basilicata, già presidente della International Musicological Society e studioso raffinato della tradizione musicale italiana, in particolare napoletana e meridionale.

di Tommaso Garofalo

Con oltre 180 pubblicazioni, collaborazioni accademiche con istituzioni di tutto il mondo e un impegno costante nella valorizzazione del patrimonio musicale lucano – tra cui spicca la direzione artistica del prestigioso Festival Duni – il professore Fabris rappresenta una voce autorevole e appassionata in grado di coniugare ricerca, didattica e divulgazione culturale.

Lo abbiamo incontrato per un’intervista, tra le aule dell’ateneo ei silenzi sonori di Matera, per parlare di musica, formazione, radici e visioni future.

Un’intervista da rivolgere al professore Dinko Fabris, pensata per valorizzare il suo lavoro accademico, artistico e il suo legame con Matera.

Professor Fabris, cosa significa oggi insegnare musicologia in una città come Matera, Capitale Europea della Cultura nel 2019?

L’Università della Basilicata nacque come reazione ai disastri del terremoto del 1980 e da allora opera sulle due sedi di Potenza e di Matera per fornire ai giovani lucani una valida motivazione per non emigrare , con un’offerta formativa ampia e di assoluto livello scientifico e umanistico .

Nella sede di Potenza insegno nei corsi di indirizzo DAMS di Lettere , con pochi ma qualificati studenti; la sede di Matera ospita invece il corso di laurea magistrale quinquennale abilitante in Scienze della Formazione Primaria, dove Storia della musica e un laboratorio pratico sono obbligatori, coinvolgendo una media di 150 studenti ogni anno, che arrivano in gran quantità anche dalle regioni limitrofe.

Dunque abbiamo una grande vivacità e anche un impegno etico straordinario , poiché si formano i futuri docenti di scuole primarie che scoprono come utilizzare anche la musica nel loro lavoro.

Sono due realtà equivalenti per importanza e impegno, e voglio ricordare che a Potenza abbiamo dato la laurea honoris causa a Claudio Abbado nel 2003 e creato il primo Master di musica barocca in una università italiana, seguito dalla creazione di un ciclo di lezioni-concerto in Università e del Coro, sotto il titolo di “Universa Musica” tuttora in piena attività.

Ma certamente a Matera è più immediata la ricaduta sulla città, ormai universalmente nota come Capitale Culturale del 2019 , che per altro nel 2026 sarà nuovamente premiata con un nuovo titolo: Capitale Culturale del Mediterraneo , su cui stiamo già lavorando intensamente.

Un dinamismo che raramente si riscontra al Sud in cui spesso la musica diviene protagonista.

Come si è evoluto l’interesse degli studenti per la musica antica e barocca negli ultimi anni, soprattutto nel contesto universitario e lucano?

Quando insegnavo ancora nei conservatori, avevo creato il primo Dipartimento di musica antica in Italia  al Conservatorio di Bari nel 1993 , poi trasferito al Conservatorio di Napoli.

Con il barese Antonio Florio avevamo creato il primo Maestro di musica antica in un Conservatorio del Sud.

Con il Maestro già ricordato all’Università di Potenza (che era stato voluto da Abbado che ne fu presidente onorario), la mia Università – dove sono entrata in ruolo per concorso solo più tardi, nel 2018 – ha potuto dotarsi non solo di uno splendido pianoforte a coda ma anche di due clavicembali , uno italiano e uno francese a due tastiere: una situazione invidiabile per il Sud.

Oggi esistono insegnamenti di musica antica nei due conservatori regionali, a Matera ea Potenza, con cui lavoriamo in grande sintonia dal 2015, grazie ad una convenzione tuttora unica in Italia , che ha portato alla creazione di “Universa Musica” , associazione presieduta dal rettore dell’Università e con i direttori dei due conservatori nel consiglio direttivo.

Tutto questo, oltre alla naturale collaborazione con il Festival Duni –  la più antica realtà nel campo della musica antica in Basilicata – e con varie altre associazioni e istituzioni (dopo la collaborazione attivata con il Comune di Venosa intorno alla figura di Gesualdo, l’ultima in corso di attivazione è con il Museo archeologico di Policoro per una serie di attività archeologiche e musicali), mi fa considerare un’isola felice l’intera Basilicata, da questo punto di vista.

Lei ha curato oltre 180 pubblicazioni. C’è un progetto che considera particolarmente rappresentativo della sua carriera?

Sicuramente la “New Gesualdo Edition” , la nuova edizione di tutte le opere di Carlo Gesualdo da Venosa, in corso per il più prestigioso editore musicale del mondo, Bärenreiter Verlag di Kassel (5 volumi già usciti su 12 previsti), di cui sono co-editore generale con due prestigiosi colleghi: io rappresento l’Università della Basilicata che ha avuto la prima idea su spinta ancora una volta di Claudio Abbado , poi Agostino Ziino che rappresenta l’Istituto Italiano per la Storia della Musica di Roma e Rodobaldo Tibaldi per la Facoltà di Musicologia dell’Università di Pavia a Cremona.

Dunque una iniziativa tutta italiana con volumi curati in gran parte da giovani studiosi italiani , anche se con un comitato scientifico di livello mondiale, presieduto dal più grande studioso di Gesualdo di tutti i tempi, Glenn Watkins , scomparso pochi anni fa a 94 anni.

Oltre a questo progetto, sono quasi pronto a pubblicare un libro su Caravaggio e la musica (tema cui ho dedicato già quattro saggi in 13 anni di ricerche) che uscirà in inglese , e poi un piccolo libro di introduzione alla “Community Opera” , un’innovativa forma di opera del futuro basata sulla co-creazione tra comunità locali amatoriali e professionisti (che si sta sviluppando nel nord Europa da una trentina d’anni ma in Italia ha avuto la sua prima esperienza a Matera nel 2019) ), su cui ho voluto creare un’unità di ricerca internazionale presso la nostra Università con la mia ex studentessa e ricercatrice PhD Vania Cauzillo (in realtà una straordinaria professionista già da decenni esperta di teatro per ragazzi oggi presidente della rete RESEO, formata dai settori Educational di teatri festival e compagnie di tutta Europa).

Napoli è spesso al centro dei suoi studi. Qual’è secondo lei il contributo più sottovalutato della scuola musicale napoletana nell’ambito della storia della musica europea?

Ovviamente non possiamo scegliere un nome tra le centinaia di protagonisti della storia della musica europea provenienti dal modello educativo degli antichi conservatori di Napoli del Sei- e Settecento .

Ogni tanto se ne scopre qualcuno, soprattutto per merito delle città o cittadine che hanno dato loro i natali ed è forse l’unico modo. Ma il fenomeno in sé attende ancora di essere trasformato in un patrimonio vivo con le esecuzioni dei tanti capolavori prodotti in due secoli da quella “scuola”, soprattutto nelle fondazioni lirico-sinfoniche italiane .

Se dovessi scegliere solo un caso di personalità sottovalutata , direi certamente Egidio Romualdo Duni (Matera 1708-Parigi 1775).

Nonostante gli siano intestate già scuole, vie, istituzioni e appunto il Festival Duni , fino a tempi recentissimi l’unico ad impegnarsi davvero impegnato per far rivivere la musica del più importante cittadino di Matera di tutti i tempi è stato Saverio Vizziello , fondatore del Festival e per anni direttore del Conservatorio Duni di Matera, poi caparbiamente dell’Orchestra di Matera.

Egidio Duni (e non fu da meno suo fratello Antonio) è figura emblematicamente europea : dopo gli studi a Napoli e l’esordio a Bari come maestro in San Nicola coadiuvato dal padre di Niccolò Piccinni , che dunque conobbe quando questi era bambino, ha poi girato con successo per Vienna, Londra, Olanda, e tutti i teatri italiani più importanti, lavorando a Parma con Goldoni ( fu sua la prima musica della Cecchina poi portata a successo planetario da Piccinni ) e infine a Parigi , dove fu l’artefice di una nuova forma di Opèra-comique, e per questo guadagnò, nella storia dell’opera francese, il titolo di “ Papà Duny ”.

Alla sua morte non a caso fu chiamato in Francia Piccinni, che puro esordì con Goldoni all’Opèra-comique e poi, affrontando con successo Gluck si impone anche come compositore di tragedie liriche francesi, entrate nella storia di quella nazione.

Mi sento davvero fortunato perché almeno nel caso di Piccinni, un grande teatro italiano come il Petruzzelli , insieme al Comune di Bari , ha creduto nella mia proposta e avremo addirittura un triennio di preparazione alle Celebrazioni del Tricentenario della nascita di Niccolò nel 2028 .

Ne ho già parlato con i colleghi francesi e tanti altri interessati nel mondo e sono tutti entusiasti di questo progetto di riscoperta a Bari.

Dopo essere stato presidente della International Musicological Society, come vede il ruolo della musicologia italiana nel panorama accademico mondiale?

Sono stato eletto presidente della IMS nel 2012 in occasione del grande convegno che la più antica associazione dei musicologi di tutto il mondo tiene ogni cinque anni, avendo dato un contributo organizzativo a Roma, nel Parco della Musica con l’Accademia di Santa Cecilia.

Prima di allora vi era stato solo un altro convegno quinquennale, a Bologna nel 1987, dove ancora molto giovane avevo scoperto che potevamo competere a livello alto nella disciplina che avevo scelto di studiare (dopo la laurea in letteratura umanistica a Bari avevo preso proprio a Bologna il Diploma di perfezionamento biennale in Musicologia, prima del dottorato che ho concluso all’Università di Londra). L’Italia è stata per alcuni anni la terza musicologia del mondo dopo Stati Uniti e Germania, stando al numero di iscritti all’IMS ed è tuttora molto stimata.

Ma il problema è che i nostri colleghi del resto del mondo ormai leggono solo testi in inglese e solo una sparuta cerchia di specialisti di opera italiana dal barocco a Puccini (essendo oggi in declino lo studio delle splendide età medievali e rinascimentali) continuano a seguire la produzione scientifica in italiano di colleghi di eccezionale valore e qualità, ma che rischiano di vedere penalizzati i propri risultati internazionali perché non accettano di pubblicare in inglese.

Credo che oggi con l’Intelligenza Artificiale questo problema si risolva facilmente con traduzioni che hanno raggiunto una idiomaticità impressionante (per ora è l’unico lato di AI che accetta di utilizzare) eppure molti non vogliono nemmeno provare e continuare a pubblicare in italiano per lettori ormai solo italiani con un corto circuito difficilmente risolvibile.

Un vero peccato. Pensi che anche per i programmi di sala dei teatri del Sud (come fa la Scala da anni) auspico da tempo di avere i testi bilingue, e spero che a Bari presto si arrivi…

 Cosa l’ha colpita maggiormente del lavoro con università estere come Melbourne o Leiden rispetto all’esperienza italiana?

Fin dall’inizio della mia carriera musicologica sono stato accolto a braccia aperte dai principali centri di ricerca stranieri, molto prima che dall’Università italiana , dove sono rimasto a contratto per quasi 18 anni prima di passare di ruolo (ero entrato forse troppo presto in ruolo nei conservatori, a 22 anni, e questo mi aveva distolto dalla “ricerca del posto” come si dice).

Ho ricevuto inviti come Visiting Professor prestissimo: nel 1991 un anno a Parigi alla Ecole Normale Superieure (sono poi tornato nel 2007 come invitato alla Sorbonne , Ecole Pratique des Hautes Etudes ) lavorando fin dal 1988 per un progetto di ricerca sul liuto al Centre Etudes Superieures de la Renaissance di Tours tuttora in corso (il “Corpus des Luthistes”).

A Melbourne , grazie al mio ormai fratello acquisito John Griffiths (che tornerà a Matera al Festival Duni nel prossimo ottobre con una masterclass di vihuela), sono stato invitato due volte, nel 1994 e poi nel 2004 dove ho potuto risiedere con la famiglia per un’intera estate (lì inverno) in una meravigliosa casa sul fiume di primo Novecento e in quella occasione mi hanno premiato con il titolo di Honorary Principal Fellow .

Nel frattempo avevo avviato collaborazioni con l’Istituto di Musicologia e l’Università di Lubiana (dove co-dirigo ancora la serie dell’opera completa del musicista cinquecentesco di origine pugliese Giacomo Gorzanis ) e con tante altre università tra cui quella cinese di Xi’an , dove ho trascorso un periodo estivo come docente nel 2019.

Tutto all’estero è molto più facile e assai meno burocratico: se una persona interessa un Dipartimento per le sue competenze, si invita e si paga, tutto deciso in poche settimane.

Il caso più emblematico da questo punto di vista è stata nel 2022 la mia nomina a Professore ordinario dell’Università di Leiden , dove ero già da dieci anni invitato quasi annualmente come “ External supervisor ” di tesi di dottorato in musica barocca: in marzo di quell’anno mi hanno chiesto se avrei accettato il titolo di professore, al posto dell’eminente direttore d’orchestra barocca Ton Koopmann andato in pensione (e il mio amico personale che ringrazierò sempre per l’invito).

Ho risposto naturalmente di sì , pensando che sarebbero passati anni, basandomi sulle situazioni nostrane. Invece dopo tre settimane ho ricevuto una lettera del rettore di Leiden ( università tra le più antiche d’Europa, fondata nel 1575 e tuttora nel luogo originale, compreso il cinquecentesco Hortus Botanicus). Ho mostrato la lettera alla mia università e sono stati presi tutti dal panico perché non sapevano come fare per darmi una autorizzazione, tenuto conto che in Italia ero ancora professore associato (pur con abilitazione da ordinario ) e in Olanda mi davano direttamente il titolo per il quale da noi bisogna passare da un imbuto complicatissimo che non sempre consente di arrivare in tempo prima della pensione.

Alla fine ho potuto accettare specificando che non avrei ricevuto pagamento dall’Olanda ma solo rimborsi spese, e rinunciando quindi a uno stipendio quattro volte più alto , dedicando il mio tempo soltanto alle tesi di dottorato di musica antica (dieci attualmente in corso, e tra i candidati vi sono alcuni dei più straordinari interpreti europei, anche italiani, del nostro tempo).

Dunque per riassumere, nonostante vi siano oggi tanti problemi per la musicologia anche all’estero, certamente il fattore della burocrazia ridotta quasi a zero rende il sistema italiano inutilmente pesante e ovviamente non attraente per gli stranieri .

Per questo tanti giovani italiani lavorano adesso nelle più grandi università del mondo.

Il Festival Duni, di cui lei è direttore artistico, ha raggiunto la sua XXV edizione. Qual’è il segreto della sua longevità e del suo successo?

Come ho già detto, il Festival Duni si deve alla lungimiranza e alla capacità del suo fondatore, Saverio Vizziello , che ne è tuttora il Presidente e unico amministratore (ovvero lui deve cercare i finanziamenti e svolgere tutto il lavoro più pesante).

Un anno prima di vincere il concorso che mi ha reso stabile all’Università della Basilicata, nel 2017 Vizziello mi ha proposto di assumere la direzione artistica del Festival che fino a quel momento aveva fatto pochissima musica antica e non con i criteri oggi indispensabili di filologia e rispetto delle prassi.

Lo stesso Duni era stato solo occasionalmente protagonista ed aveva già collaborato a due edizioni in cui opere del materano erano state proposte con grande successo: nel 2005 e nel 2008.

Col nuovo corso , ho proposto di aprire ai più grandi nomi della musica antica europea e insieme alle giovani generazioni ormai ben preparate ed agguerrite, soprattutto residenti nelle aree intorno a Matera e alla Basilicata, tra Puglia e Campania.

Sono così arrivati ​​per la prima volta a Matera gruppi e solisti incredibili. Per fare solo alcuni nomi: Les Arts Florissants , Jordi Savall (due volte), Ton Koopman , Christophe Rousset , Musica Ficta Copenhagen con Bo Holten , Concerto Soave con Jean-Marc Aymes , Faenza di Marco Horvat , e gran parte dei gruppi italiani più noti a cominciare dalla Cappella Neapolitana di Antonio Florio , gruppo in residenza permanente da quando ha fatto conoscere alla popolazione di Matera le musiche di cittadini concittadini come Donato Ricchezza , straordinario compositore materano a Napoli tra Sei- e Settecento.

Siamo stati invitati ad entrare nel REMA (Reseau Européen des Festivals de Musique Ancienne) unica realtà tra Napoli e la Sicilia, e riceviamo continuamente richieste di venire a Matera da parte dei complessi e musicisti delle più diverse nazioni.

Ma non tutto è rose e fiori: siamo pur sempre in una regione del Sud e non tra le più semplici (si pensi alle comunicazioni tuttora impossibili per via ferroviaria).

La Regione Basilicata da anni ha peggiorato invece che incrementare la sua politica di sostegno alle associazioni culturali, soprattutto dell’area di Matera , come infastidita dalla troppa risonanza della città Capitale culturale europea .

Il momento di rottura è stato raggiunto proprio quest’anno: i finanziamenti già deliberati ai festival per il 2023 non sono stati ancora resi esecutivi e non si sa quando lo saranno.

Per il 2024 addirittura non è stato mai pubblicato un bando per finanziare le attività che ovviamente tutte le associazioni come la nostra garantite dallo stato con finanziamento parziale FUS devono svolgere per non perdere anche quella quota.

Dunque una situazione davvero mortificante e incomprensibile nel momento in cui Matera sta per riaprirsi al mondo come Capitale del Mediterraneo .

Per il 2025 abbiamo consegnato il progetto triennale e contiamo ovviamente nel consueto miracolo meridionale dell’ultimo momento per poter svolgere il festival numero 26, un traguardo davvero ragguardevole tra i festival musicali del sud.

Ma la nostra programmazione, che prevede 15 concerti tra il 28 settembre e il 28 novembre (inaugurazione con un inedito oratorio del materano Ricchezza ancora con il gruppo di Florio e conclusione con omaggio ai centenari di Palestrina e Scarlatti con il miglior gruppo italiano di polifonia antica, l’Odecathon diretto da Paolo Da Col ), aspetterà probabilmente fino al giorno prima dell’inizio per poter sapere se il festival – come tutti gli altri – sarà finanziato o no. Ma qualcuno si rende conto di queste assurdità?

Quali sinergie vede possibili tra il mondo accademico, i Conservatori e la promozione culturale del territorio lucano?

Ho già descritto la convenzione che ci consente dal 2015 di utilizzare l’associazione “Universa musica” per condurre progetti di collaborazione di alto livello tra Università della Basilicata ei due Conservatori della regione.

Si tratta ancora oggi di un modello unico in Italia, certo favorito dalla ridotta dimensione regionale, anche per numero di abitanti.

Il PNRR ha consentito alla nostra Università, in cordata con l’Università della Calabria, di ottenere un finanziamento molto alto (il secondo in Italia dopo l’Università di Bologna) per un progetto per la valorizzazione dei Patrimoni Culturali meridionali ed è stata inserita anche la musica: grazie a questo progetto ho potuto attivare per la prima volta una borsa di Dottorato di ricerca in musicologia , vinta da Vania Cauzillo , bravissima operatrice di teatro per ragazzi a Matera e già menzionata per la ricerca sulla Community Opera .

Lei parte dalla creazione di una serie di “Archivi di musicisti lucani” (uno a Venosa su Gesualdo e l’altro a Matera su Duni ) in collaborazione con i due Conservatori, per poi rendere fruibili i materiali originali degli archivi a tutti i musicisti che vogliano cimentarsi con l’innovativa creazione di opere di comunità, basata appunto su quei materiali oi miti dei due musicisti.

Una operazione che sta suscitando un forte interesse internazionale .

Altri progetti ci vedono insieme al Conservatorio di Potenza per un Dottorato AFAM di interesse nazionale, gestito dall’ Accademia di Belle Arti di Napoli , mentre con il Conservatorio di Matera (attraverso il gruppo di ricerca di Fabrizio Festa ) e il Politecnico di Bari siamo collegati ad un vivace progetto di ricerca su Intelligenza Artificiale, Musica e Cervello .

Le potenzialità sono moltissime e cerchiamo di collaborare con tutti i musicisti più aperti ed avanzati delle due istituzioni AFAM della regione così come con le altre Università e con i Conservatori dell’intera area regionale. Per non dire della incipiente collaborazione col Teatro Petruzzelli di Bari, attraverso la mia mediazione.

Se potesse progettare oggi un “Centro Internazionale di studi musicali” a Matera, come lo immaginerebbe?

Lei legge nel pensiero! Ho depositato nei mesi scorsi una bozza di progetto per istituire appunto un innovativo centro studi a Matera, denominato “Osservatorio interuniversitario sulle Musiche del Mediterraneo ”.

Si tratta di una proposta che nasce dal lavoro congiunto che portiamo avanti ormai da molti anni con la mia collega e amica musicologa dell’Università di Catania, Maria Rosa De Luca , all’interno del gruppo di studio della International Musicological Society “Mediterranean Music Studies ” di cui sono coordinatore (e Maria Rosa vice coordinatrice).

La proposta vuol creare presso il Campus Unibas di Matera un osservatorio-laboratorio che si ponga come punto di riferimento per tutte le ricerche incrociate che stiamo coordinando con il nostro gruppo internazionale formato da professori di università e conservatori di tutto il Mediterraneo , anche di paesi arabi oggi in grande difficoltà.

La proposta, che è già stata accolta con grande interesse dalla Fondazione Matera 2019 che gestirà l’anno della Capitale del Mediterraneo nel 2026 , sarà presentata al prossimo convegno IMS sul “ Global Mediterranean: Post Colonial Music Histories ” che avrà luogo a Valencia , Spagna, dal 9 al 12 luglio prossimi.

Quale messaggio lascerebbe a un giovane che sogna di dedicarsi alla ricerca musicale nel Sud Italia?

Parafrasando Petronio Arbitro , raccomanderei di lasciare la propria comoda tana e cercare nuovi lidi, per aprire più vasti orizzonti. Ma poi, se possibile tornare: la ricerca è connaturata al viaggio e si presenterà da sola.

Tommaso Garofalo

Didascalie foto in ordine di inserimento:

Fig. 2 Con Ton Koopman all’Università di Leiden 2021;
Fig. 3 Con il M° Nicola Scardicchio e Tommaso Garofalo;
Fig. 4 Con Jordi Savall al Festival Duni di Matera 2022;
Fig. 5 Festival di Cracovia Mysteria Pascalia 2019;
Fig. 6 Conferenza di inaugurazione della Glenn Watkins Hall
e della Ann Arbor University of Michigan (Gesualdo da
Venosa);
Fig.7 Con il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano durante una recente conferenza stampa al Teatro Petruzzelli

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