
CALIMERA 12 GIUGNO 2025Il teatro incontra la memoria: successo per lo spettacolo dedicato alle vittime dell’incendio del 1960
Il teatro come strumento di memoria, l’arte come ponte tra passato e presente. È con questa visione che si è svolto, nel rione 167 A di Calimera, presso la cappella di Sant’Antonio, lo spettacolo teatrale “Quel fuoco che mi porto dentro”, evento speciale inserito nel programma della tradizionale Festa dei Lampioni di San Luigi e dei festeggiamenti in onore di Sant’Antonio.
Proposto dall’associazione “Ci Siamo”, lo spettacolo è stato pensato per ricordare una delle pagine più dolorose della storia di Calimera: l’incendio scoppiato il 13 giugno 1960 nella fabbrica di tabacco di Largo Immacolata, che costò la vita a sei donne tabacchine. Un dramma che, a 65 anni di distanza, continua a segnare profondamente la memoria collettiva della comunità.
Attraverso il teatro, l’associazione ha voluto recuperare non solo la memoria storica dell’evento, ma anche il valore umano e culturale di un mestiere ormai scomparso, quello delle tabacchine, un tempo vero pilastro dell’economia locale salentina.
La serata è stata presentata dal vicepresidente dell’associazione “Ass.Cult.Ci Siamo” Fabrizio Aprile e dal presidente Gianluca Rosato, che hanno introdotto il pubblico al programma delle due serate previste per il 12 e 13 giugno 2025, illustrando le iniziative dedicate alla memoria, alla cultura locale e alla valorizzazione del territorio e della tradizione .
Presenti autorità e istituzioni
Alla serata hanno partecipato i sindaci di Calimera ing.Gianluca Tommasi e Caprarica di Lecce Avv.Paolo Greco, che nei loro interventi hanno sottolineato il forte valore educativo e culturale dell’iniziativa.
«Eventi come questo servono a non dimenticare e a tramandare valori di dignità e memoria alle nuove generazioni», hanno dichiarato, ringraziando l’associazione “Ci Siamo” per il prezioso lavoro svolto e per aver saputo trattare con rispetto e sensibilità un tema tanto delicato.
Presente anche Brizio Maggiore, assessore del Comune di Calimera e consigliere provinciale di Lecce, che ha sottolineato : l’importanza di promuovere la cultura della memoria attraverso l’arte e la narrazione teatrale, per far comprendere ai giovani, che non hanno vissuto quegli anni, la realtà della vita lavorativa e le difficili situazioni che possono derivare da diversi fattori.
Una storia tra passato e presente
Scritto da Mario Montinaro e Guido Giampietro, e adattato per il teatro da Biagio Delle Donne, “Quel fuoco che mi porto dentro” è un’opera intensa che racconta la tragedia attraverso un dialogo immaginario tra passato e presente. Sul palco, Mario Montinaro interpreta un uomo anziano che, in sogno, riceve la visita dello spirito della moglie, vittima dell’incendio. Accanto a lui, il figlio Gioacchino (interpretato da Marcello Morello) si confronta con la difficoltà di raccontare alla figlia Viola (interpretata dalla giovanissima Carla Persano) la verità sulla morte della nonna.
Particolarmente emozionante il dialogo tra il nonno e la nipote, con Carla Persano capace di esprimere tutta la delicatezza e la curiosità di una giovane donna che vuole conoscere le radici della propria storia familiare. Il pubblico ha risposto con lunghi e sentiti applausi.
Tra le fonti d’ispirazione dello spettacolo c’è anche il racconto “Gli Angeli dal grembiule bianco” di Maria Roca Montinaro, presente all’evento e visibilmente commossa, a cui è ispirata la commedia. A fine spettacolo, ha voluto rendere omaggio al cast indossando simbolicamente il grembiule delle lavoratrici del tabacco, in segno di rispetto e memoria, ringraziando inoltre tutti gli alunni del triennio, corso C,anno 2011 dell’Istituto Comprensivo di Calimera che hanno contribuito alla realizzazione del libro.
Le testimonianze di Antonio e Carmelo Palano
Forte la testimonianza di Carmelo Palano, che ha voluto rimarcare il valore civile e storico di iniziative come questa: «Il teatro e la cultura devono servire a far conoscere questa storia anche ai giovani che non hanno vissuto quegli anni. Oggi si parla di sicurezza sul lavoro, ma queste tragedie devono ricordarci che la sicurezza deve venire prima di tutto. Le donne di allora si presentavano davanti alla maestra chiedendo il permesso di non andare a scuola, perché avevano bisogno di lavorare per aiutare la famiglia». Carmelo ha ricordato anche le umiliazioni quotidiane subite da quelle donne: «Ricordo che mia madre veniva presa in giro perché non voleva indossare la borsetta: non poteva permettersela. Ma era dignità, non povertà. E questa storia deve insegnarci che la dignità va protetta sempre».Non sono mancati i riferimenti all’ingiustizia subita: «Dopo quella tragedia, lo Stato non fu giusto. Alle famiglie furono dati pochi spiccioli di risarcimento, e solo un sindaco, Giannino Aprile, ci è stato vicino. Gli altri si sono voltati dall’altra parte».
Momento particolarmente è toccante della serata è stato l’intervento di Antonio Palano, figlio di una delle sei vittime e fratello di Carmelo , che ha voluto ringraziare pubblicamente i cittadini di Calimera e Caprarica per aver continuato, anche dopo 65 anni, a custodire e onorare la memoria di quelle vite spezzate.
«Per noi figli non è stato facile – ha raccontato – C’erano troppi interessi sul tabacco. Persino lo Stato, quando si effettuavano le operazioni di bonifica del tabacco si svolgevano le forze dell’ordine a vigilare. Chi era responsabile di questa brutta storia ebbe solo sei mesi di pena per ogni donna morta, e la sentenza non fu nemmeno appellata».Con voce commossa, ha aggiunto: «Nel mio percorso di vita porto rabbia e invidia. Mi faceva rabbia non poter ricevere quelle carezze di una mamma che tanti altri avevano. Quelle carezze a me, credetemi, sono mancate davvero».
Un allestimento d’autore
L’adattamento teatrale ha trasformato l’originario monologo in un’opera corale, arricchita di nuovi personaggi e approfondimenti psicologici e sociali. Il titolo in italiano ha sostituito quello originale in dialetto salentino, “Lu focu… lu focu”, per sottolineare l’universalità del messaggio.A completare l’opera, una canzone originale composta da Antonio Ottino e ispirata a un’antica poesia in vernacolo dedicata alle tabacchine. La scenografia, firmata da Biagio Delle Donne, ha trasformato lo spazio scenico in un paesaggio metafisico, evocando il dolore interiore del protagonista e l’eco del tragico evento.Gli effetti di luce e audio, curati da Giulio Salamanca, hanno reso l’esperienza teatrale ancora più immersiva, facendo percepire al pubblico non solo il dramma personale del protagonista, ma anche quello collettivo di un’intera comunità.
Un teatro che diventa memoria viva e coscienza civile.