
Soltanto il 30,6 % ha votato l’8–9 giugno; cinque quesiti approvati dagli elettori, ma inutili senza quorum nazionale.
Astensione schiaccia referendum: analisi dei dati
È stato un voto chiaro: con appena il 30,6 % di affluenza, il referendum svoltosi tra domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 non ha superato il quorum del 50 %+1 necessario per la validità del voto. Il Ministero dell’Interno ha confermato la bocciatura automatica di tutti e cinque i quesiti, nonostante il forte consenso espresso dagli elettori presenti. Un fenomeno senza precedenti nella storia recente delle consultazioni referendarie.
In termini assoluti, hanno votato oltre 14 milioni di italiani, un numero che supera quello del 2022, quando la maggioranza parlamentare è stata sancita da 12,3 milioni di voti. Tuttavia, non è bastato per rendere il voto efficace: il quorum rimane ineludibile, sottolineano gli analisti.
Risultati per quesito: sì bulgari, ma senza valore
Nonostante la bassa partecipazione, il riscontro sul merito mostra una netta prevalenza del “Sì”. Nei quattro quesiti relativi al lavoro (licenziamenti, precariato, responsabilità negli appalti, ecc.) il sì ha superato l’88 %; quello sulla cittadinanza si è fermato intorno al 65 % dei votanti.
Distribuzione territoriale: chi ha votato?
Le regioni più virtuose in termini di affluenza si confermano Toscana (circa 39 %), Emilia‑Romagna (35 %) e Liguria/Piemonte (34–35 %). Fra le principali città, Torino ha registrato il 41,4 %, Milano il 36,8 %, Roma il 36,2 %, Napoli il 33,6 %. Il dato minimo in Italia è stato raggiunto in Trentino‑Alto Adige (22‑23 %).
Una correlazione emerge fra aree urbane più cosmopolite, laureati e aumento dell’affluenza. In sostanza, a votare sono stati individui più istruiti e coinvolti nei temi referendari, in particolare nel centrosud, dove i quesiti sul lavoro hanno ottenuto consenso maggiore.
Reazioni politiche: schieramenti divisi
Centrosinistra e promotori
Maurizio Landini (CGIL) ha definito l’esito “una non vittoria”: pur forte del consenso (14 milioni), il mancato quorum rappresenta secondo lui una “crisi democratica evidente”. Ha escluso dimissioni e rilanciato l’impegno “per dare voce a chi ha votato e cambiare le leggi sbagliate”.
Elly Schlein (PD) ha esultato, sottolineando come 14 milioni di persone abbiano “più votato qui che per Giorgia Meloni alle Politiche”. Ha indicato questa consultazione come punto di partenza per le sfide future.
Riccardo Magi (+Europa), promotore del quesito sulla cittadinanza, ha respinto l’idea di sconfitta: “il quorum è un vulnus alla partecipazione democratica” e ha annunciato proposte per riformarlo.
Centrodestra e Governo
Fratelli d’Italia (Meloni incluso) ha puntato sull’astensione come successo politico: “sono gli italiani che hanno fatto cadere l’opposizione”. Il vicepremier Tajani (FI) ha rivendicato “un governo più forte” e ha invitato a modificare la legge sui referendum, magari aumentando il numero di firme richieste. Matteo Salvini ha aggiunto: “la cittadinanza non si regala”.
Terze forze
Matteo Renzi (Italia Viva) ha definito i quesiti “rivolti al passato” e ha invitato l’opposizione “a parlare di futuro”.
Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni (Alleanza Verde Sinistra) hanno affermato: “più forte del consenso a Meloni, 15 milioni di italiani non hanno accolto l’appello al non voto del governo”.
Implicazioni e prossimi passi
Il mancato quorum riapre il dibattito sulla validità di tale soglia: mentre +Europa chiede di abbassarla o abolirla, Tajani spinge verso inasprimento delle regole per referendum. Entrambe le pressioni politiche confliggono, ma indicano che la stagione referendaria resta un terreno di scontro .
Sul piano sostanziale, i promotori intendono spingere per riproporre le abrogazioni in Parlamento o tramite nuove iniziative legislative. Ma il primo obiettivo è una riforma dell’istituto referendario, che forse verrà affrontata dopo le elezioni politiche.
Conclusione
Il referendum 8–9 giugno 2025 è risultato, di fatto, un plebiscito di intenzioni: larga adesione sui contenuti con una partecipazione reale insufficiente. Una via crucis democratica, dove partecipazione e rappresentatività si scontrano. Ora entrerà nel vivo il confronto sulla riforma costituzionale del referendum e sul rilancio dell’opposizione, a caccia di nuovo slancio.
Anche senza risultato legislativo, il messaggio politico è potente: 15 milioni di elettori si sono espressi. Proseguiranno le battaglie sul lavoro e cittadinanza, ma dentro istituzioni e partiti, non alle urne.